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«Con gli ucraini e contro Putin per i nostri valori»

Il vicedirettore del Corriere della Sera: «I garibaldini in Polonia e in Grecia, Santorre di Santarosa e anche i partigiani del Sud che salirono al Nord: esempi per la libertà. Oggi si combatte il regime, non i russi. Torno ad Alba per Margherita Fenoglio»

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Da una missione giornalistica all’altra. Quando lo chiamiamo, Aldo Cazzullo è in viaggio verso Assisi per seguire un nuovo progetto che a maggio debutterà su La7. «Ci occuperemo di storie del passato che hanno segnato epoche: la marcia su Roma, l’assassinio di Giulio Cesare, il primo processo per stupro attestato nella storia (la vicenda della pittrice Artemisia Gentileschi nella Roma barocca), il processo a Galileo tra scienza e fede, fino alla Regola di Francesco, al suo viaggio a Roma dal Papa. E sarò a Parigi a girare sulla tomba di Napoleone». Per il Corriere della Sera, con la sua fresca e prestigiosa nomina a vicedirettore, ha invece appena realizzato una serie di puntate sul tema dei “Patrioti per un’altra patria”.

Cazzullo, come è nata l’idea?
«Abbiamo visto che da tutto il mondo ci si muove per andarre a combattere con gli ucraini contro la Russia, allora ho pensato di raccontare qualche precedente, quando erano soprattutto gli italiani a scendere in campo per un’altra patria: in Spagna nella guerra civile contro il fascismo, i garibaldini in Polonia e in Grecia, insomma per i popoli oppressi. Garibaldi è l’eroe dei dei mondi non a caso, fu in Uruguay contro il dittatore argentino Rosas. Oggi è un po’ dimenticato».

A proposito, lei ha ricevuto attacchi su questo tema.

«Dai “neoborbonici” che lo considerano un invasore. In realtà Garibaldi unificò l’Italia e la caduta dei Borboni significa la fine dell’assolutismo e dell’antico regime, “festa, farina e forca”. Le libertà istituzionali e la democrazia non sono conquiste acquisite per sempre, vanno confermate a ogni generazione. Oggi sono messe in discussione».

Perché?
«Se guardiamo alle democrazie nel mondo, sono meno di quante ce n’erano venti o trent’anni fa. Quando ho cominciato a fare il giornalista, a La Stampa nei primi anni ’90, la storia sembrava finita. E nel migliore dei modi: la caduta del muro di Berlino, la democrazia, il libero mercato… Poi le cose sono andate diversamente, come sappiamo».

Gli anni successivi hanno portato segnali allarmanti fino all’attuale situazione di guerra?
«Abbiamo avuto l’11 settembre, il terrorismo, la grande crisi del 2008, il Bataclan, la pandemia e la guerra. È un momento molto difficile dell’uomo, nel mondo e in Europa. Qui dobbiamo scegliere da che parte stare. C’è un aggressore e c’è un aggredito. Io sono totalmente dalla parte del popolo ucraino e contro Vladimir Putin, che non vuol dire essere contro i russi, ma contro il regime».

Ha subito critiche anche per la sua posizione favorevole all’invio di armi in Ucraina?

«C’è una guerra e bisogna aiutare quella gente a resistere per indurre Putin a concedere una tregua. Perché se dovesse vincere si dovrà dire, con Tacito, “desertum fecerunt et pacem appellaverunt”. Se gli inglesi e gli americani non avessero dato armi ai partigiani, questi non avrebbero potuto combattere contro i nazi-fascisti. Era giusto allora ed è giusto oggi».

Putin è stato valutato male dall’Occidente?

«Gli abbiamo dato troppo spazio, bisognava essere più severi. Populisti e sovranisti d’Italia gli sono stati molto vicini. Anche Berlusconi e forse Prodi gli hanno dato troppo credito. Ricordo quando seguii come inviato il G8 di Genova, si chiamò così proprio perché c’era la Russia che poi attaccò la Georgia, si prese la Crimea e si escluse da sola. Poi c’è stato il G20, ma a quello di Roma russi e cinesi non sono venuti. Putin si è escluso da solo».

E le critiche al ruolo della Nato?

«La Nato doveva andare più a Est, avrebbe incluso l’Ucraina che la Russia oggi non avrebbe attaccato. L’Europa però ha reagito, ha battuto un colpo. Ci sono le sanzioni che possono essere molto utili per mettere in difficoltà Putin e i suoi accoliti che, negli anni, hanno accumulato decine di miliardi di dollari incamerando beni dello stato. Tutto ciò che si fa per indebolire Putin, è giusto. Poi ripeto, non è che si chieda ai russi di rinnegare di essere russi, ma è doveroso prendere le distanze. E quelli che manifestano contro la guerra sono eroi perché mettono a rischio i loro corpi, non solo il loro lavoro».

Lei aveva definito eroe anche Alexei Navalny.

«Ricevendo altri insulti, una valanga di email tutte uguali: c’era una regia. Non vuol dire che io sia d’accordo con tutte le idee politiche di Navalny, ma ne apprezzo il coraggio con cui si batte. Putin ha molti amici, ha comprato politici, giornali, partiti. A proposito: se qualche leader italiano ha preso soldi da Putin, è meglio che lo dica adesso, prima che lo scopriamo da un’inchiesta di qualche giudice».

Tornando ai patrioti d’Italia per altre patrie, ha raccontato anche l’esempio del garibaldino Francesco Nullo: per la Polonia contro i russi.

«Noi italiani ci autofustighiamo: il risorgimento incompiuto, la resistenza tradita… Invece ci sono storie di cui possiamo essere fieri. Francesco Nullo è sepolto in Polonia, morto per la libertà di quel paese, un eroe a cui vengono intestate scuole e strade. Ogni anno il console polacco va a Bergamo, al suo monumento, per ribadire un legame che esiste anche negli inni: quello di Mameli cita la Polonia e quello di Wybicki si riferisce all’Italia. Poi c’è Santorre di Santarosa, nobile piemontese che morì in Grecia. E gli stessi italiani del Sud che fecero la Resistenza al Nord: erano stati già liberati dagli americani, ma vollero combattere i tedeschi anche al Nord perché ritenevano che non saremmo stati veramente liberi finché in Italia ci fosse stato anche un solo nazista. Ma nella storia non c’è solo il bene e il male, la parte giusta e quella sbagliata. Un tempo era giusta la battaglia della libertà contro il nazi-fascismo. Oggi evitando paragoni (Putin come Hitler), noi italiani che amiamo la libertà dobbiamo essere con i russi ma contro Putin».

A quando un viaggio nella sua Alba?

«Verrò presto per il centenario di Beppe Fenoglio, intervisterò la figlia Margherita».

BaNNER
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