Maria Teresa Furci guida da quattro anni l’Ufficio scolastico territoriale di Cuneo. Sicuramente per lei l’esperienza più intensa vissuta fino a questo momento, se non altro per quanto accaduto da due anni a questa parte nel contesto sociale, con ripercussioni notevoli sul mondo della scuola. E, finita l’emergenza della pandemia, si è aperta la parentesi della guerra in Ucraina e dei tanti profughi, soprattutto in età scolastica, arrivati anche in Italia. Ma ora si deve guardare avanti.
Dottoressa Furci, come sono andate le cose dopo il picco del Covid e dopo l’esperienza della Dad?
«Come in tutti i luoghi di lavoro e in tutte le comunità sociali, anche la scuola ha fatto i conti con ciò che è accaduto durante la pandemia e ha fatto i propri bilanci traendo dai risultati la forza per ricominciare. La Dad è stata una strategia didattica innovativa e necessaria, per mantenere aperto il canale dell’istruzione, diritto fondamentale da garantire a tutti gli alunni e le alunne, anche nel periodo di totale chiusura di tutte le attività. Gli sforzi del Governo, del Ministero dell’Istruzione e della società intera, si sono concentrati sulla dotazione di risorse strumentali da offrire alle scuole e molti fondi sono stati destinati all’acquisto di dispositivi elettronici da fornire agli studenti. In parallelo, con altri fondi, sono stati avviati corsi di formazione per i docenti, per l’acquisizione di competenze didattiche legate all’uso del digitale. La scuola che è ripartita dopo i diversi picchi di Covid è una scuola ferita, che ha dovuto rafforzarsi per tenere in equilibrio salute e apprendimento, è una scuola più flessibile, pronta a ridisegnare tempi e spazi in base alle necessità, ma è anche una scuola molto cauta e prudente rispetto al rischio di nuovi contagi».
È stato difficile gestire l’emergenza sanitaria?
«Qualsiasi emergenza mette in campo situazioni impreviste alle quali occorre rispondere con lucidità e immediatezza. La scuola, da sempre riconosciuta come modello organizzativo complesso, ha dovuto inventarsi procedure e sistemi organizzativi capaci di recepire, analizzare e risolvere problemi nuovi ogni giorno. Considerando che nella scuola convergono tutti i sistemi sociali, posso confermare che la gestione dell’emergenza sanitaria è stata molto difficile sotto tutti i punti di vista, dalla gestione degli spazi alla gestione delle comunicazioni con le famiglie, dalla comprensione e applicazione delle norme continuamente modificate alla gestione dei casi Covid 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 in accordo con l’Asl, dalla mensa ai trasporti… Senza dimenticare la gestione del personale contagiato o in situazione di fragilità».
Ora sono arrivati i profughi dall’Ucraina che devono andare a scuola: come vi state organizzando?
«Le scuole sono da sempre impegnate nell’accoglienza di tutti i minori stranieri in obbligo scolastico e anche con l’arrivo dei profughi dall’Ucraina si stanno dimostrando attente ad accogliere nel miglior modo possibile, utilizzando le risorse che il Ministero dell’Istruzione metterà a disposizione per offrire supporto psicologico, supporto linguistico e sostegno scolastico. A livello territoriale sono stati istituiti i tavoli di coordinamento dell’Ufficio scolastico regionale e prefettizio».
Dalle pagine che su IDEA abbiamo realizzato in collaborazione con la scuola Cravetta-Marconi di Savigliano, emerge il chiaro desiderio dei ragazzi di essere più ascoltati nelle questioni scolastiche. Che ne pensa?
«I ragazzi di tutte le generazioni hanno sempre chiesto di essere ascoltati dagli adulti di riferimento: genitori, docenti, istituzioni. È un loro diritto ed è una tappa fondamentale per la loro crescita. Le modalità con cui gli studenti esprimono la loro richiesta di ascolto caratterizza il loro percorso di maturazione individuale e collettiva, e gli adulti non possono rimanere sordi ai richiami dei giovani, se in loro scorgono analisi critica e ragionevolezza».
I ragazzi chiedono anche di poter gestire autonomamente il proprio futuro in un momento in cui tutto sembra in discussione. Quali prospettive vede?
«È un loro diritto essere protagonisti del proprio futuro e per poterlo gestire in autonomia occorre essere responsabili, per sé stessi e nei confronti degli altri. Questa generazione di ragazzi mi sembra molto più presente e concreta, rispetto a qualche generazione passata, e il mio augurio è che non si riveli troppo concentrata su sé stessa e sui traguardi individuali, ma che sia anche pronta ad agire per il bene comune e aperta a sostenere lo sviluppo per il benessere collettivo».