Misteri irrisolti: l’omicidio di Marta Russo

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IL FATTO
Città Universitaria di Roma, 9 maggio 1997, una studentessa 22enne di giurisprudenza è gravemente ferita alla testa da un colpo di pistola. Stava camminando lungo un vialetto assieme a un’amica. Morirà cinque giorni dopo in ospedale. Il mistero è fitto: non si riesce a capire il perché della tragedia

I PROTAGONISTI

Le indagini utilizzano una videocamera laser tridimensionale per ricostruire la scena virtuale del delitto, si arriva a stabilire che il colpo di pistola sarebbe partito dalla finestra dell’istituto di Filosofia del diritto. Alla fine le accuse cadono su due docenti: i professori Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro

LA CONCLUSIONE
Il processo è decisamente complesso e per una concomitanza con la data del delitto Moro, inizialmente si ipotizza l’ombra del terrorismo. Il problema è che non si trova un movente. Le testimonianze discordanti complicano ancora di più la trama. Alla fine, le condanne sono: 5 anni a Scattone, 4 anni a Ferraro

IL COMMENTO DEL CRIMINOLOGO
Il caso era senza un movente. Da qui inizialmente si pensava al cosiddetto “delitto perfetto”. In realtà in tutti i delitti esiste sempre un movente, che sia doloso o frutto della accidentalità. Spesso è di natura economica o sentimentale, frutto di una vendetta.
In questo caso gli investigatori furono bravi nella ricostruzione crimino-dinamica dei fatti utilizzando metodi investigativi molto evoluti, senza tralasciare la raccolta di informazioni e testimonianze