Torna, nel Roero, il rituale del “suonare le conchiglie” al Castel Verde di Castagnito. E’ una consuetudine singolare, misto di spontaneità e riconoscimento ufficiale, desiderio di creare qualcosa di pittoresco e che invece porta con sé i ritmi del sacro e del profano. E’ il senso di una tradizione dalle radici remote, unita ad elementi che ogni volta si aggiungono per dare un tocco di modernità che non intacca però il significato originario: ossia quello di unirsi agli elementi della terra e dell’aria, in un giorno che capita una volta all’anno ed in cui ogni campana tace in attesa della Pasqua di resurrezione.
A maggior ragione, dopo che due anni di “Pasqua pandemica” avevano costretto tutti a re-inventarsi questa azione: suonando ancora, sì, ma ciascuno da casa propria. Per continuare, nonostante tutto: per trovare il modo di dire ancora “sì, ci siamo, distanti nello spazio: ma siamo ancora un solo paese”.
Castagnito non sarà sola, come del resto avviene da alcuni anni, al netto dello stop “in presenza” dettato dal Covid: stesso giorno e stessa ora, si procederà in modo analogo a Castellinaldo d’Alba, dal colle di San Servasio, che rispetto al Castel Verde non è nemmeno così lontano in linea d’aria. E a Magliano Alfieri, ove è stato costituito addirittura un gruppo spontaneo di suonatori di conchiglie, il quale si radunerà alle falde del castello poco prima delle 12: e anche a Guarene, in pieno centro. E’ un Roero che suona e saluta la Pasqua.
Paolo Destefanis