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Ai bambini ucraini i farmaci di Neviglie «Grato alla comunità»

Importante spedizione dal paese langarolo. Il racconto del sindaco Corrado Benotto

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Sono – per fortuna – tante le storie di solidarietà nei confronti del popolo ucraino che emergono dal territorio cu­neese. Una di queste arriva da Neviglie, paese langarolo di nemmeno 400 abitanti che ha avviato una gara solidale finalizzata a sostenere soprattutto chi sta pagando il prezzo più caro della guerra, ovvero bambini e anziani. In particolare, la comunità guidata dal sindaco Corrado Benotto ha raccolto farmaci e materiale sanitario che, proprio in questi giorni, sono stati recapitati al personale attivo in ospedali e altre strutture dell’Ucraina che ospitano bimbi e ragazzi.

Sindaco Benotto, come è nata questa iniziativa solidale?
«Il progetto, nato su impulso dell’associazione Neviglie Green, ha coinvolto praticamente tutta la comunità, a partire dall’Amministrazione Comunale e dai sodalizi che gravitano attorno al Comune (ma non solo), come Pro­te­zione Civile e Pro Loco. Personalmente, da sindaco, sono estremamente orgoglioso della risposta data dai miei cittadini».

In che modo è stata promossa la raccolta dei farmaci?

«Abbiamo sensibilizzato l’intera popolazione. Ciascun abitante di Neviglie ha contribuito direttamente o, comunque, ha aiutato nel passaparola, contattando anche amici e conoscenti. Ringrazio tutti di cuore».

Cosa avete raccolto?
«Farmaci, tra cui antidolorifici, antinfiammatori, gastroprotettori e medicinali generici, e materiale sanitario, come lacci emostatici, bende, de­flussori per flebo… Mi preme segnalare l’aiuto ricevuto dalla Croce Rossa di Neive e il bel gesto degli amici della Fra Production Spa di Dusino San Michele, azienda astigiana che ha donato quasi quattro quintali di merce medicale. Davvero un bel gesto».

L’iniziativa è stata un successo visto che avete riempito un furgone intero.

«Sì. La raccolta è andata al di là delle più rosee aspettative. Il materiale donato è stato consegnato all’associazione Leleca di Alessandria che ha provveduto a trasportarlo in Polonia. Lì, dopo che sono stati aperti i corridoi umanitari, sono giunti i medici transfrontalieri della zona di Kiev, che hanno recuperato quanto inviato dalla nostra comunità e lo hanno distribuito a ospedali pediatrici e orfanotrofi ucraini».

Proseguirà la raccolta?
«Sì, da un lato sarà ancora possibile donare materiale sanitario – per la prossima spedizione che verrà effettuata entro la fine di aprile – e dall’altro sarà possibile effettuare una donazione sul conto corrente aperto con la Protezione Civile. Anche in questo caso, co­munque, le somme raccolte saranno impiegate per ac­quistare i dispositivi ri­chiesti dalle strutture sanitarie ucraine».

Quali sono le necessità?
«Sono diverse. Peraltro, ora si è aperto un nuovo canale di aiuto legato alla donna ucraina con due figli che è ospitata a Neviglie (nel paese langarolo è presente anche un giovane ucraino che, alla luce delle sue conoscenze in am­bito enologico, è stato accolto presso una cantina del luogo, che gli ha dato anche il lavoro, nda)».

Cosa le ha detto questa donna?
«L’ho incontrata quando stavamo preparando la spedizione. È rimasta colpita in positivo da ciò che stiamo facendo per lei, la sua famiglia e il suo Paese. Ha un’amica, anch’essa con dei figli, che è già riuscita a raggiungere la Ger­mania. Ora stiamo cercando di portarla nelle Langhe, vicino alla sua amica…».

Sono un popolo molto unito.
«Decisamente. È proprio co­me traspare dai media. Inoltre, sono persone estremamente grate e dalla grandissima dignità. Il loro sguardo arriva al cuore…».

Il suo invito, quindi, è di accogliere a braccia aperte.
«Assolutamente sì. Diversi cittadini mi contattano perché vorrebbero accogliere persone fuggite dall’Ucraina, ma sono frenati dal fatto che non si hanno certezze circa la durata dell’accoglienza e gli eventuali rimborsi per le spese sostenute… Il mio consiglio è di non farsi troppe domande e di dare ospitalità».

Qual è il motivo di fondo?

«C’è un’emergenza e ci sono tante persone in difficoltà. Da un giorno all’altro hanno perso la casa e la loro vita è stata sconvolta. Vorrebbero tornare nel loro Paese, ma ora non è possibile e, quindi, vanno supportate in questa fase in cui sono costrette a riorganizzarsi completamente e a ricominciare tutto da zero. Ciascuno, chiaramente, deve fare ciò che ritiene più opportuno, secondo la propria sensibilità e le proprie disponibilità ma, detto questo, dare ascolto al cuore fa sempre bene».