La determinazione come sentimento guida, sin dall’infanzia. La vita di Alice Filippi, regista nata e cresciuta a Mondovì, è stata da sempre segnata dalla voglia di mettersi in gioco, oltre qualsiasi ostacolo. È stato questo il focus del suo intervento all’edizione 2022 di TEDxCuneo, andata in scena il 26 marzo, di cui Rivista IDEA e IDEAWEBTV.IT sono stati media partner.
Filippi, cos’è, per lei, la determinazione?
«È quella cosa che, nella vita di ciascuno, serve in due diversi momenti. In una prima fase, per individuare l’obiettivo e per focalizzare le tappe intermedie verso il suo raggiungimento. In un secondo momento, per superare gli eventuali cambi di rotta imposti dalla vita e per essere forti di fronte alle avversità. Mi viene in mente una canzone di Brunori Sas…».
Quale?
«I primi versi de “La verità”: “Te ne sei accorto sì / che parti per scalare le montagne / e poi ti fermi al primo ristorante”. La determinazione è quella cosa lì. Quel sentimento che ti fa andare oltre il “primo ristorante” o che, se ti fermi, ti fa capire che il percorso è ancora lungo».
Quanto conta il ruolo degli altri nel percorso di ognuno?
«Credo tanto, soprattutto quando gli altri muovono critiche. Occorre avere la forza per riceverle nel modo corretto, trasformandole in carburante per migliorare. Essere determinati non significa essere testardi: bisogna avere l’obiettività di cogliere i propri errori e correggerli».
Quali sono le discriminazioni invisibili di oggi?
«Ce ne sono tante. Penso, ad esempio, ai social network, che espongono, specie i giovani, a giudizi immediati. È in questi frangenti che determinazione e stabilità sono fondamentali».
E cosa succede nel mondo del cinema?
«Il mondo del cinema è rappresentativo di un problema di “timing” che riguarda oggi la vita di molte donne. Se si vuole “far carriera”, infatti, il momento cruciale è quello tra i trenta e i quarant’anni, che è però anche la fase ideale per avere una famiglia. L’orologio biologico e quello lavorativo coincidono e rischiano di compromettersi a vicenda. Ecco perché, oltre alla determinazione, serve anche il sostegno della famiglia».
Quanto è aperto il mondo del cinema alle donne?
«Credo che lo sia sempre di più. Il movimento Me Too ha contribuito a questa nuova sensibilità, ma io sono soprattutto legata al concetto di bravura. Quando scelgo un collaboratore, non mi importa del sesso, ma solo delle sue capacità».
Cosa ha provato nel ruolo di regista del film “Sic”, dedicato al grande motociclista, scomparso prematuramente, Marco Simoncelli?
«All’inizio non è stato semplice: avevo bisogno di prepararmi a fondo per potermi presentare al meglio in un ambiente abbastanza “maschile” come quello delle due ruote. In questo, è stato fondamentale il sostegno di mio papà e di mio fratello Luca (noto pilota automobilistico, nda). Ho dovuto studiare, per essere competente e poter dimostrare a Paolo Simoncelli che ero la persona giusta per raccontare il “suo” Marco. Ne è nata un’esperienza bellissima».
Cosa le ha lasciato?
«Tanto, soprattutto a livello umano. Questo perché, quando realizzi un film, racconti una storia, ma in questo caso c’erano da raccontare soprattutto un ragazzo, la sua vita e il suo percorso. Avevo la responsabilità di dover trasmettere Marco nel modo giusto, pur restando nei confini di una narrazione cinematografica».
Un ragazzo… determinato.
«Sì, proprio così. Credo che la determinazione sia il filo conduttore dei protagonisti dei miei tre film. In “’78-Vai piano ma vinci”, c’è la forza di mio padre, che riesce a fuggire dai suoi rapitori. In “Sul più bello”, è Marta a dimostrarci che se vuoi qualcosa, in questo caso l’amore del ragazzo più bello, lo puoi ottenere. “Sic”, infine, è la storia di Marco Simoncelli, un pilota su cui in pochi avrebbero scommesso e che, invece, con la forza d’animo, ha conquistato il tetto del mondo».
E ora?
«Come è solito dire Martin Scorsese, “bisogna sempre avere tre progetti in cantiere”. Sto portando avanti alcune idee: spero possano concretizzarsi. Dopo un film conquisti la fiducia degli addetti ai lavori, ma ogni volta riparti da zero. Ecco perché la determinazione, per me, conta moltissimo».