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«Da parigi ecco i miei consigli per essere sempre in forma»

Il noto professionista albese Cristiano Eirale, oggi direttore dei Progetti Medici del Paris Saint-Germain, curerà la nuova rubrica di IDEA sul benessere

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L’espressione “gim­me 5” (“dammi il cinque”, in italiano) – usata pure da Jo­vanotti per la sua canzone del 1988 – è ormai un saluto universale, specie nel mondo dello sport. Per questo l’abbiamo presa in prestito per la no­stra nuova rubrica, dedicata proprio allo sport e al benessere, che inauguriamo oggi (la prima puntata è nella pagina a fianco). A curarla sarà Cri­stiano Eirale, da Parigi: il medico dello sport originario di Alba, oggi direttore dei Pro­get­ti Medici del prestigioso Paris Saint-Germain, ha scelto IDEA per fornire, ogni due settimane, cinque consigli su co­me mantenersi in forma sia a livello fisico che mentale.
Eirale, quale relazione lega sport e benessere?
«Praticare sport fa bene alla salute: è una verità confermata da evidenze scientifiche. E sempre più persone, per fortuna, ne hanno consapevolezza…».
Cosa non è ancora chiaro?
«Come ottenere – attraverso lo sport – i massimi benefici per la salute e come evitare determinate pratiche scorrette che possono causare vere patologie. Pen­so, ad esempio, alla “sindrome da sovraccarico”, che interessa gli sportivi professionisti, ma non solo».
Ecco, allora, la rubrica con la Rivista IDEA.
«Tengo molto a questa iniziativa. L’obiettivo è fornire ai lettori una serie di consigli su come ottimizzare la pratica sportiva e su come adottare gli accorgimenti giusti al fine di scongiurare il presentarsi di determinate malattie. Di tanto in tanto, ci sarà spazio anche per consigli appositamente studiati per chi pratica sport a un livello avanzato o, addirittura, è un professionista».
A proposito di professionisti, tra gli atleti del Psg che cura c’è il fortissimo attaccante Mbappé. Com’è visto da vicino?
«Un fenomeno vero: si vedono raramente atleti con caratteristiche del genere. E, considerando che non ha ancora 24 anni, credo abbia mostrato solo una minima parte delle sue abilità».
Cosa significa lavorare per un club prestigioso come il Psg?
«Dall’esterno, si immagina che la mia attività preponderante sia quella legata alla cura dei big della prima squadra, come appunto Mbappé, Neymar o Messi…».
Non è così?
«Questo è probabilmente l’incarico più delicato e importante del mio lavoro, ma in realtà mi confronto quotidianamente con tanti progetti differenti. In questo periodo, ad esempio, io e il mio team stiamo seguendo da vicino la creazione del nuovo centro medico e di allenamento del club. Sarà un impianto avveniristico, all’avanguardia sotto ogni punto di vista».
Altri progetti per il futuro?
«In programma c’è anche la costruzione di una clinica di medicina dello sport a marchio Psg; poi continueremo a interfacciarci con una serie di aziende leader per quanto concerne il miglioramento delle performance degli atleti. In parallelo, alimenteremo i progetti internazionali e le attività promosse in collaborazione con le Accade­mie Psg presenti in tutto il mondo».
Insomma, tanti incarichi di mas­sima responsabilità…
«La cosa più difficile da gestire è sicuramente la pressione, ma mettendo sempre al primo po­sto l’etica professionale tutto va per il meglio. Del resto, seppure siano di un livello straordinario, i giocatori del Psg restano pur sempre degli atleti “normali”… o quasi (ride, nda)».
Da diversi anni vive lontano dalla “sua” Alba. Cosa rappresenta per lei la capitale delle Langhe?
«Ad Alba ci sono le mie radici, è la casa dove so di poter sempre tornare, ma è anche un luogo che mi trasmette ottimismo».
Perché?
«Mi fa capire che noi, nati in quel territorio, siamo stati parti­co­larmente fortunati. Ovvia­men­te anche nell’Albese ci sono cose che si potrebbero mi­glio­rare, ma l’apertura al mondo che ha interessato questa zona negli ultimi anni è stata davvero significativa, oltre che decisiva per un cambio di mentalità complessivo».
Il suo luogo del cuore?
«Non posso scegliere: dalle scuole allo stadio “Coppino”, sono mille gli angoli di Alba a cui è legato un ricordo indelebile. Seppure siano ormai passati quasi 30 anni da quando sono partito…».
Il piatto irrinunciabile?
«Qui non ho alcun dubbio: la bagna càuda!».
L’ha fatta assaggiare a Parigi?
«Un giorno parlai della bagna càuda con il nostro allenatore, Mauricio Pochettino. Lui mi disse che quando era bambino, in Argentina, suo nonno, di origini italiane, la cucinava sempre nei giorni di festa. Da allora è diventata uno dei suoi piatti preferiti. Gli dissi che l’avrei in­vitato a mangiarla a casa mia a patto che avesse battuto il Ba­yern Monaco: e così ha fatto… Co­sa non si fa per la bagna càuda!».