Di madre in figlia. Liliane Schueller Bettencourt, erede dell’im- pero L’Oréal fondato da papà Eugene nel 1907, è stata la donna più ricca del mondo e adesso, in cima alla speciale clas- sifica, figura la rampolla Françoise. Il primato rosa stabilito
da Forbes coincide con il quindicesimo posto assoluto tra i Paperoni del pianeta, con un patrimonio stimato di 44 miliardi di euro. Vogliamo scri- verne non soltanto per dare un volto e una storia a un nome altisonante nell’economia quanto nel bouty, ma anche per riparare a un torto diffuso nei primi commenti a una graduatoria che fonde da sempre fascino, curio- sità, gossip e invidia. Tutti a elogiare Whitney Wolfe Herd, cofondatrice dell’app d’incontri Bunipble come self made women, tutti pronti a incen- sare altri simili profili, quasi a sottendere che Françoise sia solo nata con la camicia, con l’unico merito di una culla fortunata e di una bambagia lunga sessantacinque anni. Invece no. Perché la continuità di Françoise non è passiva, perché è riuscita a stare al passo con i tempi coniugando la tradizione assorbita fin da piccina con le innovazioni suggerite dall’età, perché ha saputo rafforzare il marchio e accrescere i ricavi, perché ha curato il profitto ma è stata instancabile nelle iniziative di charity. Cominciò tutto all’inizio del Novecento, con la formula della tintura per capelli messa a punto dal nonno, giovanissimo chimico: quante aziende, da allora, si sono perdute, divorate dal tempo e dall’incapacità di cavalcar- lo, sciupate nella loro forza da ereditieri viziati, schiacciati dalle respon- sabilità o rammolliti dagli agi, testimoni della teoria per cui, nelle grandi dinastie industriali, c’è chi costruisce, chi migliora e chi distrugge, avvi- cendandosi le generazioni. Françoise è tutt’altro. Non s’è fatta da sola, ma ha i suoi meriti e le sue qualità: con lei al timone, in una gestione condi- visa con il marito Jean-Pierre Meyers, ha portato L’Oréal al record di ven- dite e incrementato i guadagni del 17 per cento, rendendo sempre più saldo un impero che conserva il cuore a Clichy, in Francia, però s’irradia in tutto il mondo – anche a Settimo Torinese c’è un grande stabilimento, per altro modello in quanto a emissioni zero – e dà lavoro a quasi 90 mila persone.
Carattere, carisma, senso degli affari e sana spietatezza quasi stupiscono in una figura schiva e sensibile, in una donna dalla spiccata inclinazione intellettuale e per quello in gioventù spesso in contrapposizione con mamma Lily, profondamente diversa, poco austera e amante della monda- nità e del sociale, una differenza causa di rapporti non sempre sereni al di là dell’epilogo giudiziario che ha visto Françoise chiedere di gestire le finanze della mamma, ormai vulnerabile. Françoise non ama i riflettori, se non per cause benefiche o in rare, irrinunciabili circostanze, preferisce la discrezione della famiglia, gli studi, la lettura e la scrittura: è autrice di libri che spaziano dalla mitologia alla religione. Vocazioni, queste, forse sbocciate in un’infanzia di certo aurea e tuttavia solitaria e malinconica, perché il terrore familiare d’un rapimento le ha negato le libertà di altri bimbi e adolescenti.