Sofia Fischer, brillante corrispondente di Le Monde dalla zona meridionale della Francia, è stata una tra le prime giornaliste ad accorrere nelle zone del Colle di Tenda dopo che si era abbattuta la tempesta Alex, nell’ottobre 2020. L’abbiamo contattata per fare il punto sui lavori, alla luce della recente Conferenza Intergovernativa che ha definito la soluzione per il viadotto da costruire in territorio francese.
Fischer, a margine della Conferenza Intergovernativa, le autorità hanno dichiarato che c’è l’impegno da parte di tutti i soggetti coinvolti a completare l’infrastruttura entro ottobre 2023. I Sindaci della zona, nonostante le rassicurazioni, temono ritardi. Cosa ne pensa?
«Non ho altre informazioni rispetto a quelle già note: solo il tempo potrà dirci se ci saranno davvero dei ritardi».
In generale, che idea si è fatta di questa vicenda?
«Penso che questo tunnel sia da anni fonte di ansia e brutte sorprese per tutti i soggetti coinvolti, sia italiani che francesi. Tante persone temono che la scadenza dell’ottobre 2023 non venga rispettata perché, ormai dal 2017, si assiste a continue battute d’arresto legate a questa enorme costruzione. Prima i problemi tecnici, poi le indagini e, infine, la tempesta Alex: sembra quasi un progetto maledetto…».
Quanto è importante questo collegamento per il Sud della Francia?
«Per chiunque sia stato in Valle Roya l’importanza del tunnel è evidente: questa zona è incastonata tra le montagne e, senza il collegamento, è a tutti gli effetti isolata».
Qual è oggi la situazione?
«Senza un sistema ferroviario adeguato, molti abitanti di Tenda e di altre aree della Valle Roya incontrano grosse difficoltà nel raggiungere il Sud della costa, dove molti di loro lavorano ogni giorno: questo perché la strada ha subìto gravi danni ed è lunga e tortuosa».
Insomma il Tenda è essenziale da qualsiasi punto di vista lo si osservi…
«Il Colle di Tenda non è solo un passaggio internazionale, è anche un collegamento per entrare e uscire più velocemente dalla Valle Roya, a favore di chi proviene oppure di chi si reca in Italia o a Mentone, ad esempio».
Cosa ci devono insegnare queste criticità?
«La tempesta Alex e le altre calamità che si sono verificate nel resto del mondo ci insegnano soprattutto una cosa: la vulnerabilità dell’uomo. Una vulnerabilità che diventa più marcata quando si ha a che fare con gli effetti del cambiamento climatico».
Quali sono i rischi?
«L’area del Mediterraneo è un “punto caldo” del cambiamento climatico. Lo ha ribadito anche il Gruppo Intergovernativo che si occupa di questo tema. In particolare, le altitudini delle nostre montagne così vicine al mare ci rendono ancora più vulnerabili».
C’è consapevolezza tra la popolazione?
«La mobilitazione locale per promuovere l’ammodernamento della linea ferroviaria Nizza-Cuneo-Ventimiglia, in questo senso, è significativa. È triste che ci sia voluta una tale catastrofe per acquisire questa consapevolezza, ma qui c’è davvero in ballo il futuro di un legame europeo».
Ha già avuto modo di conoscere la provincia di Cuneo?
«Purtroppo non ho ancora visitato il vostro territorio, ma sto programmando un viaggio per questa estate…».
Oltre alle notizie che riguardano la Francia del Sud, quali altri argomenti sta seguendo?
«Di recente, sono stata alle Seychelles per seguire il processo a carico di un 35enne francese, di Nizza, il quale è accusato di aver ucciso la sua fidanzata mentre era in vacanza proprio lì, l’anno scorso».
Una vicenda intricata.
«Sì, anche perché le Seychelles, prima di essere prese dagli inglesi, erano una colonia francese e, nell’ambito del processo, questa storia complicata è emersa».
In che modo?
«La Francia ritiene che l’uomo sia innocente e che, quindi, venga tenuto in prigione senza motivo, mentre le Seychelles pensano che la Francia si stia intromettendo troppo nel loro sistema giudiziario…».
Lei segue questi temi per Le Monde, uno dei giornali più autorevoli e in crescita a livello internazionale. Quali princìpi guidano la vostra attività?
«Penso che oggi più che mai dobbiamo due cose ai nostri lettori. La prima è una promessa: cercheremo di fare emergere sempre la verità. Non solo dobbiamo trovare la verità, ma dobbiamo renderla comprensibile a tutti, anche quando si tratta di argomenti molto tecnici. La seconda è che sosterremo uno sforzo identico anche per trovare storie da raccontare, andando al di fuori delle nostre zone di comfort e senza pensare che, essendo Le Monde un grande giornale, saranno le storie a cercare noi».
Ma lei come cerca le storie notiziabili?
«In ogni momento della giornata mi sforzo di “ascoltare” e “curiosare”. Spesso scrivo spezzoni di conversazioni che ascolto al mercato oppure appunti di cose che vedo: secondo me, questo è l’unico modo per trovare storie “buone”».