«Putin è un barbaro. Ha incoraggiato l’eliminazione di anziani, donne, bambini. È fascista. Qualcuno pensa sia pazzo, io non credo. Ha una mente fredda, razionale, cinica. E dietro i suoi comportamenti c’è come un nucleo oscuro, qualcosa che arriva dal Medioevo più nero». Così Yulia Tymoshenko, 62 anni, già primo ministro ucraino, imprenditrice nel settore energetico, descrive il presidente russo. E aggiunge, tra profezia sinistra e ammonizione, che obiettivo dello Zar non è solo il suo Paese: «I missili su Leopoli? Colpire la città più a ovest è una sua strategia. Con la guerra molte ambasciate si sono spostate lì, e lui intende colpire anche gli stranieri. Questi sono missili diretti contro il mondo intero, è il messaggio che vi sta mandando, ed è una campana che sta suonando molto forte. Sta oltrepassando molte red lines, perciò l’Europa è in pericolo. Anzi, il mondo è in pericolo».
Parole inquietanti, che colpiscono e preoccupano, riaccendendo i riflettori sulla Giovanna d’Arco dei tempi nostri: accostamento suggerito anni fa dal ruolo di spicco nella Rivoluzione arancione, la grande e pacifica protesta che portò a nuove elezioni dopo i brogli denunciati: la Corte suprema annullò infatti il risultato elettorale e le urne furono riaperte. Altro paragone quello con Margaret Thatcher, perché anche lei Lady di ferro, non casualmente, nell’anno delle piazze, sul podio di Forbes tra le donne più potenti al mondo, dietro Condoleeza Rice, segretario di stato americano, e Wu Yi, vice primo ministro cinese.
La passione politica, innata, ha impulso dopo il matrimonio con Oleksndr che è figlio di un importante funzionario del partito comunista sovietico: entra nel Komsomol, l’organizzazione giovanile, e affianca l’attivismo alle incombenze di giovane madre e agli studi universitari di economia. Agli albori degli anni Novanta comincia a investire nell’industria del gas, primo passo di un’ascesa imprenditoriale che la porta a essere tra le donne più ricche del pianeta. Direttore generale della prima azienda ucraina del settore, non rinuncia all’impegno politico e da vice primo ministro ottiene la delega del comparto energetico. Non mancano momenti duri, sospetti e ombre sulla sua scalata, viene anche arrestata per presunti illeciti, tra cui l’importazione illegale di metano, ma lascia il carcere dopo pochi giorni: il popolo scende in piazza per difenderla e lei urla a un complotto di oligarchi dell’energia ostili alle sue riforme, in particolare alla campagna anticorruzione. Diventa premier – prima donna della storia in Ucraina -, inciampa in nuovi guai giudiziari, resta leader anche all’opposizione fino ad annullare ogni divisione politica dopo lo scoppio della guerra. Perché il popolo è solo uno e la sua difesa prioritaria. Decisa, determinata, tosta: dicono si sia temprata nell’infanzia difficile, abbandonata dal papà tassista ad appena due anni e cresciuta con mamma, operaia in un quartiere popolare, femminilissima da adolescente negli abiti che lei stessa disegna e maschiaccio nelle partite di calcio in cortile. Decisa, determinata e tosta anche oggi, nell’accusare Putin di voler ripristinare i vecchi confini dell’Impero. Imperdonabile, invece, se fossero confermate in toto le intercettazioni in cui allo Zar augura ben di peggio.