Quella mobilitazione della Valle Bormida merita un premio

L’Ancalau celebra l’audacia di una protesta storica narrata da Ginetto Pellerino: «Un messaggio per tutti i giovani»

0
209

L’Ancalau rappresenta lo spirito delle po­polazioni del­l’Al­­­ta Langa, abituate da sempre, grazie al loro territorio di confine, a varcare le soglie dell’immaginato per scoprire cosa si nasconde oltre ai propri limiti. Quest’anno la se­zione del Premio Ancalau “Lavoro & Ambiente”, legata alle tematiche am­bientali andrà ai sin­daci che si batterono in prima fila e alle associazioni e alle popolazioni che si mobilitarono per la chiusura dell’azienda Acna di Cengio. Gi­netto Pel­le­ri­no, classe 1962, di­rettore di ban­ca, giornalista pubblicista e una delle anime di questa battaglia, ha dedicato alla vicenda un libro: “Acna, gli anni della lotta”. Da sempre legato al territorio, nella veste di amministratore pubblico ha collaborato alla nascita della Con­fraternita della Noc­cio­la Tonda Gentile di Langa, di cui è il gran maestro dal 2017.

Quest’anno il Premio Ancalau celebra l’audacia della vostra protesta durata diversi de­cen­ni per una Valle Bormida fi­nal­mente pulita. Che effetto le fa?

«C’è grande soddisfazione non soltanto tra i sindaci che ritireranno questo premio ma tra tutte le persone del territorio che si sono impegnate direttamente in questa lotta civile e pacifica. Con la chiusura del­l’Acna di Cengio si è concluso un secolo di inquinamento per l’intera Valle Bormida».

Com’è nata questa protesta?

«Dopo tanti anni, nei paesi del­l’Alta Langa interessati si temeva che la situazione non potesse cambiare, ci si era quasi “abituati” a vedere scorrere quel fiume rosso scuro, ai prodotti agricoli contaminati. Poi, alla fine degli anni ’80, abbiamo iniziato una lotta pacifica quasi unica in Italia, guidata dall’associazione “Rinascita Valle Bormida”, che ha preso spunto dalla nuova legislazione che regolava gli scarichi industriali per coinvolgere sindaci, amministratori, parroci, giornalisti nel manifestare apertamente il proprio sdegno per un’azienda che, sotto gli occhi di tutti, inquinava da decenni il territorio. Cortemilia ha fatto da ca­pofila e con una rappresentanza del territorio si andava a manifestare a Roma, in Parlamento, perfino a Stra­sburgo. Si trattava di una mobilitazione generale: i commercianti chiudevano i ne­gozi, le aziende sponsorizzavano i trasporti, perfino le scuole a volte si fermavano, era una sorta di sciopero generale che ci ha visti uniti per un obiettivo comune, la Valle Bormida finalmente pulita».

Il risultato, trent’anni dopo, è finalmente arrivato.

«Si è giunti a quello che speravamo, la chiusura della fabbrica e un nuovo sviluppo socio-economico. Ora la nostra valle viene scelta dagli stra­­nieri come loro residenza per vivere immersi nella natura».

Non vi siete lasciati intimorire, avete osato, proprio come sug­gerisce il Premio Ancalau…
«Questa è una storia di persone che non solo hanno vinto una grande battaglia per il loro territorio ma anche lanciato un messaggio per il futuro: giovani, osate! Questo premio ci aiuterà a non dimenticare il coraggio an­che dei primi valligiani che già negli anni ’50 e ’60 protestavano con pacifici blocchi stradali, i nostri padri».

Com’è oggi la Valle Bormida?
«Una terra di confine tra Pie­mon­te e Liguria, un incrocio di civiltà, una terra verdissima. Tanti cercano qui un riparo dalla vita frenetica, ristrutturano case in pietra arenaria, si godono i trekking, le passeggiate a cavallo, le salite in bicicletta».

Cosa manca?
«Un accesso più comodo e veloce. Bisogna lavorare sulle vie di comunicazione che da Alba portano in Alta Langa. Ma abbiamo già delle idee che sono convogliate nell’associazione “Una strada per le Langhe” e il coraggio non ci manca».

Il premio che riceverete celebra gli audaci. È qualcosa che consiglierebbe di essere ai ragazzi?
«Eccome! Noi ventenni di allora lo siamo stati. Bisognava mettere da parte ogni paura perché bastava essere fotografati in un blocco stradale per ricevere una denuncia. Ma è questa esperienza condivisa che ci ha aperto la mente e ha affinato in noi delle capacità e delle competenze che abbiamo poi usato con successo nelle no­stre diverse pro­fessio­ni».

L’impegno sociale come palestra di vita, quindi?
«Esattamente. Bisogna saper trovare il coraggio quando tutti ti dicono di lasciare perdere».