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Misteri irrisolti. I risvolti nascosti nella mente umana

Biagio Fabrizio Carillo ci guida alla riscoperta di personaggi e delitti ancora controversi

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LA VERSIONE DI STASI
Il fatto
Chiara Poggi viene trovata in una pozza di sangue, riversa sulle scale della sua abitazione a Garlasco (Pavia). A denunciarne l’uccisione è il fidanzato, Alberto Stasi. Lo fa con voce fredda chiamando al telefono i Carabinieri: ma cade in molte imprecisioni, per esempio che “la persona” forse è morta, poi che lui è “il fidanzato”
I protagonisti
Stasi è uno studente universitario, in quel periodo (siamo nel 2007) sta lavorando alla tesi di laurea. Nel suo computer, rimasto in standby durante l’assassinio, vengono poi trovate immagini pedopornografiche. Chiara potrebbe averle viste e dalla sua reazione sarebbe nato il litigio con Alberto, fino alla violenta e mortale aggressione
La conclusione
Le prove contro Alberto sembrano schiaccianti. In particolare, il dettaglio delle suole delle scarpe del ragazzo, incredibilmente immacolate nonostante la scena del crimine fosse sommersa di sangue. Da esami ulteriori è anche emerso come le scarpe indossate dal killer fossero di una marca diversa di quelle consegnate da Stasi agli inquirenti
Sopralluogo psicologico e bias cognitivi
In questi casi, come sempre, riveste notevole importanza la prima fase delle indagine, quello che è il primo intervento sulla scena del crimine determinante per cristallizzare subito le impronte e le tracce. Così come esiste il sopralluogo scientifico, è altrettanto importante quello psicologico volto a fissare i ricordi allo stato dei fatti per non subire poi i cosiddetti Bias cognitivi (distorsioni nelle valutazioni di fatti e avvenimenti) salvaguardando la loro esatta percezione


MINGHELLA, SEMPRE IN FUGA
Il fatto
Una decina di omicidi per un totale di un ergastolo e altri 200 anni di condanna. La prima volta colpisce subito una prostituta, trovata con la testa fracassata, da qui una serie sterminata di delitti. Donne strangolate, soffocate, picchiate selvaggiamente, violentate e legate. Fu arrestato in casa, aveva con sé i cellulari delle vittime
I protagonisti
Minghella, come quasi sempre in questi casi, è un serial killer che ha vissuto un’infanzia difficile. Nato a Genova nel 1958, fu segnato dalla separazione dei genitori quando aveva 6 anni. La madre rimase sola con 5 figli e il suo nuovo compagno era un violento, tanto che Minghella disse di aver sognato di ucciderlo
La conclusione
Nel 1995, dopo il primo arresto, ammise di aver commesso solo due dei 5 omicidi di cui era accusato. Ebbe la semilibertà e tornò a uccidere. Fu nuovamente arrestato, gli esami evidenziarono un disturbo della personalità, oltre a un quoziente intellettivo molto basso. Tentò di evadere dalle Vallette, oggi è rinchiuso a Pavia
Come nasce la personalità del killer
Uno dei casi italiani di omicida seriale. Emergono, nella sua complessa personalità, significativi elementi caratteristici che sono spesso presenti in questa categoria criminologica. L’esperienza segnante di un’infanzia difficile e una relazione complicata con le persone – oltre ad una bassa scolarità – sono i dati principali. Altro elemento è la presenza di un vuoto esistenziale che crea una frattura emotiva con il mondo reale


IL MISTERO FRANZONI
Il fatto
La mattina del 30 gennaio 2002, a Montroz, in Valle d’Aosta, dalla casa di Annamaria Franzoni parte un’agghiacciante telefonata. La donna, madre di due bambini, chiama la sua dottoressa, il 118 e l’ufficio del marito. Il piccolo Lorenzo, 3 anni, versa in condizioni gravissime. Morirà poco dopo: è il delitto di Cogne.
I protagonisti
Una madre che uccide un figlio. Purtroppo l’attualità riporta spesso alla luce casi come questo. Annamaria è tornata in libertà per buona condotta, dopo aver scontato sei anni di carcere e cinque agli arresti domiciliari. Non ha mai ammesso la sua colpevolezza, nonostante le ricostruzioni l’abbiano inchiodata come unica imputata
La conclusione
Il pigiama della donna macchiato di sangue, gli zoccoli macchiati. E quella domanda al marito pochi minuti dopo l’arrivo dei soccorritori: «Ne facciamo un altro di figlio?». E il fatto che non sia salita sull’elicottero al fianco del piccolo. L’alibi: al momento del delitto, lei avrebbe accompagnato l’altro figlio alla fermata dello scuolabus
Bpa, aiuto prezioso per fare luce
Uno dei principali casi, anche mediatici, della cronaca italiana. Una mamma che nega anche a se stessa di aver potuto commettere il delitto. Anche qui le prime fasi delle indagini avrebbero potuto portare ad una confessione. Importante anche la linea investigativa che può indirizzare verso la ricerca della verità storica. Qui la Bpa (studio delle tracce ematiche) fu una tecnica scientifica importante per calcolare il tipo di oggetto utilizzato per colpire e le macchie rinvenute sul piagiama della donna

BaNNER
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