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«Mai una donna prima di me? Conta solo il bene comune»

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Non era mai successo che Borgo San Dalmazzo avesse un sindaco donna. Per questo l’elezione di Roberta Robbione ha avuto una grossa risonanza. Non si è però trattato di una sorpresa per chi conosce il nuovo primo cittadino, una donna praticamente cresciuta in Municipio, seguendo le orme di papà, nonno e zio e con un fortissimo attaccamento alla sua città, come peraltro aveva dimostrato negli ultimi venti anni con i vari incarichi ricoperti in Amministrazione, in ultimo quello di vicesindaco. E i borgarini questo marcato impegno della 51enne dipendente del consorzio socio-assistenziale lo hanno premiato: 47,15% delle preferenze, contro il 32,57% di Pierpaolo Varrone, già sindaco per due mandati consecutivi dal 2002 al 2012, l’11,4% di Paolo Giraudo e l’8,88% di Marco Bassino. Rivista IDEA l’ha intervistata.

Sindaco Robbione, come vive il fatto di essere il primo sindaco donna di Borgo?
«Ne sono orgogliosa e sono felice di poter essere affiancata anche da un Vicesindaco donna. Vivo questa situazione con estrema responsabilità. Però dovrò sicuramente dare ancora di più dei colleghi uomini che mi hanno preceduto…».

Perché?

«Per dimostrare che non esistono differenze di genere. L’unica discriminante deve essere la competenza. Com­pe­tenza ma anche desiderio di mettersi completamente a disposizione della comunità di cui si fa parte».

Ci sono ancora troppe barriere?

«È evidente a tutti come la pre­senza delle donne in politica sia ancora residuale ri­spetto a quella degli uomini. Nei giorni scorsi, mi è capitato sotto mano un documento della Camera dei Deputati sulla parità di genere da cui si evince che solo il 15% dei sindaci italiani è di sesso femminile… Siamo davvero poche. Di strada da fare ce n’è ancora parecchia».

Qual è stato l’elemento decisivo per la vostra vittoria?

«Hanno inciso diversi fattori, a partire dal fatto che il nostro progetto fosse chiaro fin da subito».

Come lo avete stilato?
«È stato un programma “partecipato”, nel senso che lo abbiamo costruito incontrando cittadine, cittadini e associazioni. E poi non avevamo padri, padrini o padroni a cui fare riferimento».

Qual è stata la vostra guida?
«Le azioni necessarie per assicurare il benessere alla cittadinanza. Per noi conta e conterà soltanto il bene comune. Per questo, nemmeno in campagna elettorale, abbiamo ri­sposto alle provocazioni».

Come si raggiunge il “bene comune”?
«La politica è un buono strumento, nel senso che l’impegno civico dovrebbe sempre essere finalizzato ad assicurare alla cittadinanza i servizi di cui necessita e a fornire soluzioni concrete ai problemi. Con un obiettivo ultimo ben chiaro: far crescere la città in tutti i suoi aspetti».

Da dove si parte?
«Dalle esigenze delle borgarine e dei borgarini, ovvero dal nostro programma, che già le re­cepisce e che continuerà a farlo».

Qual è la priorità?

«Valorizzare il centro storico e riportare Borgo San Dal­maz­zo a essere protagonista di un’area ampia, che comprende anche le vallate circostanti. È sempre sta­ta una no­stra peculiarità, ma nel tempo l’abbiamo per­sa… Per raggiungere questi obiettivi sarà necessario lavorare con l’intero territorio e mettere a punto progetti il più possibile trasversali, senza badare a confini o schieramenti».

I punti di forza?

«Le eccellenze, e non mi stancherò mai di ripeterlo, sono le borgarine e i borgarini. Da lo­ro dipende un tessuto produttivo-commerciale assolutamente sano che, tuttavia, in questa fase complicata, necessita del supporto da parte del Comune per ripartire. E noi ci siamo».

Gli altri aspetti su cui puntare?
«Le nostre bellezze naturalistiche e le eccellenze artistico-culturali, che non sono seconde ad altre presenti in Granda. Dobbiamo “soltanto” riuscire a valorizzarle. Co­me? Incentivando il turismo. Da troppo tempo la nostra città si è ridotta a essere una meta di passaggio e questo non va bene. Borgo deve tornare a essere un centro turistico. I visitatori devono cioè tornare a desiderare di soggiornare da noi».

La svolta è possibile?

«Tra le tante iniziative, per in­vertire questa tendenza, ab­bia­mo pensato alla creazione di un marchio vero e proprio. Il marchio “Borgo San Dal­mazzo”. Un marchio che permetta di associare chiaramente a Borgo eventi, manifestazioni, luoghi di interesse, eccetera. Noi ci crediamo fortemente, anche perché sostenere il turismo significa alimentare l’intera economia locale. E poi sono situazioni che contribuiscono ad accrescere il senso di appartenenza e l’attaccamento alla città. Insomma, si tratta di un circolo virtuoso a tutti gli effetti».

Per lei cosa rappresenta Borgo San Dalmazzo?
«Borgo, per me, vuol dire radici: è la mia casa. Qui c’è la famiglia, ci sono i miei affetti. Insomma, a Borgo, c’è una parte del mio cuore. È anche per questo motivo che interpreto il ruolo di sindaco – ma ho fatto lo stesso con quello di vicesindaco e consigliere – come un modo per servire la nostra città. Impegnarsi per cercare di migliorare quelli che sono i nostri luoghi è sen­za dubbio una delle cose più emozionanti che si possano fare nella vita…».

È stato suo padre – storico sindaco di Roccasparvera e consigliere a Borgo – a trasmetterle questa passione?
«Questa idea della politica come servizio alla collettività ce l’ho un po’ nel Dna, in effetti. Me l’ha sicuramente trasmessa mio padre: amavo andare con lui ai Consigli Comunali tanto da rinunciare persino alle vacanze… Ma hanno fatto la loro parte pure mio nonno e mio zio, dato che anch’essi rivestivano incarichi pubblici…».

Come cambia ora la sua vita?
«Ho chiesto (al consorzio socio-assistenziale, nda) un’a­spet­tativa non retribuita. Vo­glio potermi dedicare completamente alla crescita di Borgo e al benessere dei miei concittadini».

E la sua famiglia?
«Prima ancora dell’aspettativa, ho chiesto scusa a mio marito e ai nostri due figli per il tempo che sottrarrò loro. Ma del resto anche Borgo, le borgarine e i borgarini sono la mia famiglia».

Sta cercando di trasmettere la passione politica ai figli?

«Da quando sono nati – e oggi hanno entrambi superato i vent’anni – mi vedono impegnata per la città e, quindi, hanno supportato la mia scelta. A loro, più che la passione politica, sto cercando di trasmettere un valore in particolare, ovvero quello di essere persone oneste e serie in tutto quello che si fa nella propria vita».

Immagino siano anche i princìpi che guideranno il suo mandato…
«Proprio così, non sbaglia».

Il sogno nel cassetto?
«Trovare, tra 5 anni, una comunità finalmente ricompattata che pensi positivo e proceda unita verso traguardi comuni».

BaNNER
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