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«Quei vini illuminati da una luce speciale»

Le foto del braidese Roberto Fortunato raccontano un mondo: «I grandi produttori hanno in comune l’umiltà»

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Calabrese di sangue, ma nato a Bra nel 1978. Lui è Ro­ber­to For­tu­na­to. Dal mon­do dell’informatica alla fotografia. Con una grande passione per lo sport e per la radio (è presidente dell’associazione culturale “La Voce di Bra”, della quale fa parte il progetto della webradio braidese Radio Braontherocks). Rober­to ci ha raccontato il suo amo­re per le foto, di­venta­to un lavoro.

Come scopre la fotografia?

«Avevo all’incirca 10 anni. Mio papà Rocco aveva una macchina fotografica analogica, una Mi­nol­ta. Mi ricordo di aver sprecato tantissimi rullini per fotografare e mi piacerebbe trovarli oggi e svilupparli. In sostanza, fotografavo spigoli dei mobili, fughe delle piastrelle, angoli di muro. Detta­gli praticamente inutili! Nel 2009, per il viaggio di noz­ze, comprai la mia prima macchina reflex. Da qui, l’inizio della fotografia per pura passione. La passione è poi diventata un lavoro. Io arrivo dal mondo dell’informatica e creavo siti web. Nel realizzare siti ai clienti, proponevo qualche mio scatto nel preventivo in questione. Così è partita una cavalcata di passaparola. Ape­ritivi in consolle, le serate al Caffè Boglione, matrimoni di amici e conoscenti. Questi i miei primi eventi braidesi e non, da fotografo. Sulla mia strada incontro Al­berto Peroli, che mi invoglia a dedicarmi al percorso della fotografia. Ho avuto la fortuna di fargli da assistente, agli inizi, e in una di queste occasioni andiamo alla Cantina Ratti, a La Morra. Lì conosco degli americani che, in futuro, diventeranno i miei principali clienti vitivinicoli e cioè Gallo Winery (uno dei più grandi importatori americani di vino italiano). Il loro Ufficio Mar­ke­ting si innamora di un ritratto fotografico fatto a Pietro Ratti mentre assapora del vino di profilo. Qui mi arriva una richiesta (circa tre anni fa) di iniziare un vero e proprio tour di cantine e di location in giro per l’Italia, per raccontare il lavoro di alcune eccellenze del nostro Paese».

Le si è aperto il cosiddetto portone.

«Sinceramente non lo avrei mai pensato, anche se ci speravo. Sono figlio di un camio­ni­sta, adoro viaggiare e spostarmi. Non mi piace stare fermo. Il mio essere estroverso mi ha portato a relazionarmi con diverse cantine, diventando non il fotografo di Gallo Winery ma il fotografo di tante realtà. Dopo un primo giro, in più della metà dei casi, sono stato richiamato per dei servizi fotografici. O per raccontare la vendemmia, o per la presentazione di alcune bottiglie, o per eventi privati. Man mano, ho acquisito contatti e nuovi clienti, anche grazie al tam-tam dei social. Il mio è uno stile eccentrico e creativo, ma mai esagerato. Ci terrei a precisare che il vino che vedete versato in aria o in acqua nelle mie foto, è vino di scena. Quindi bottiglie d’avanzo che sanno di tappo o ad­di­rit­tura acqua con coloranti. Per­ché il vino buono viene bevuto!».

Quali sono le sue tappe di cantine fatte fino ad oggi?
«Allegrini e Pieropan in Veneto, Jermann in Friuli-Ve­nezia Giu­lia, Argiano, Brancaia e Poggio al Tesoro in To­scana, Cantina Rat­ti, Réva Resort e Fratelli Rabino in Piemonte, Tornatore in Sicilia. Queste le tappe più grandi e più importanti. Nei giorni scorsi sono stato anche da Tua Rita in Toscana (il 97% del loro mercato è export). La mia fotografia parte da un presupposto commerciale, avvicinandosi al mercato pubblicitario e alle dinamiche dei social. Tan­tissime le foto in formato verticale. Il mio settore d’azione è l’enogastronomia, per il 90% (un “assaggio” è disponibile su www.robifortunato.it o sul profilo Instagram @robifortunato, ndr)».

Può sfoderare un biglietto da visita chiamato Langhe e Roero.

«Davvero. Non sono mai stato un intenditore di vino, lo sto diventando a piccoli passi. Cre­sciuto a Barbera, Dolcetto e Nebbiolo, ho avuto una base di altissima qualità. Girando, ho imparato a conoscere e ap­prezzare bottiglie ed etichette. Fo­tografando, impari tantissimo. La cosa bella del mio lavoro? Incontrare nuove persone, confrontarsi, capire, ascoltare. Il contesto ru­ra­le, agricolo e contadino apre i mondi. La sensibilità di questi imprenditori facoltosi è eccezionale. Persone umili e davvero da scoprire. L’umiltà è la loro ragione di vita».

Nel suo futuro?

«Vorrei che ci fossero ancora questi viaggi e queste esperienze, anzi, ancora di più. Sono curioso, mi piace informarmi e sapere. Soprattutto la storia dei luoghi che visito. Adoro i paesini, i negozi di una volta, le due parole in piazza».

Come si scatta una bella foto?

«Il segreto è la luce. Se manca, non fatele (ride, nda). Basta anche uno spiraglio di luce. Mi è stato detto – da una signora fa­cendomi un complimento – che vedeva, in alcune mie foto, lo stile del Caravaggio. Cioè una lu­ce che arriva da una determinata posizione laterale. Con­trasto tra luce e ombra. La fotografia è tecnica e strumentazione. Ma preferisco le critiche co­struttive ai complimenti».

Ha dei ringraziamenti?

«Sì, anzitutto la mia famiglia e poi Enrico Botti, spesso copilota nelle mie avventure».

Chiudiamo con il suo motto…
«La fotografia è l’unica unità di misura dell’attimo».

BaNNER
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