“Un nuovo Paese è pronto a partire con Italia Domani, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Italia Domani lascerà una preziosa eredità alle generazioni future, dando vita a una crescita economica più robusta, sostenibile e inclusiva.”
Questo si legge sul sito italiadomani.gov.it, piattaforma principale del nostro Governo per la diffusione di informazioni utili riguardanti il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza- (Pnrr).
Un Piano progettato per trainare investimenti importanti per l’Italia, la cui tabella di marcia dovrebbe rimanere, malgrado l’attuale operatività dell’Esecutivo sia limitata agli “affari correnti”, tra questi infatti, rientrerebbe la firma dei decreti attuativi secondo le scadenze concordate a livello europeo.
Come noto, il Pnrr prevede il raggiungimento di 520 obiettivi entro 2026 e mette a disposizione 191,5 miliardi di Euro per le imprese e per le pubbliche amministrazioni del nostro Paese. I fondi sono suddivisi in sei “missioni”: salute, inclusione e coesione, istruzione e ricerca, infrastrutture per una mobilità sostenibile, rivoluzione verde e transizione ecologica, e digitalizzazione, innovazione, cultura e turismo. Il 13 luglio 2021 il piano è stato approvato dal Consiglio Europeo, e dunque, a distanza di un anno dalla sua approvazione a che punto si trova l’Italia?
«I controlli sullo stato di avanzamento del Pnrr vengono effettuati semestralmente da parte del Consiglio Europeo. Con un comunicato del 29 giugno 2022, il Governo italiano ha confermato il raggiungimento degli ulteriori 45 traguardi scadenziati per il 1° semestre 2022 ed ha quindi richiesto alla Commissione UE il pagamento della seconda rata dei fondi Pnrr (pari a Euro 24,1 miliardi di Euro)», spiega Eugenio Puddu, socio di Deloitte & Touche S.p.A.
«Bisogna rendersi conto che il Pnrr non prevede solo emissione di finanziamenti, sotto forma di denaro, destinanti alle imprese. Il Pnrr mira alla creazione di un contesto sociale ed economico nuovo per l’Italia».
All’interno del contesto appena descritto, quale ruolo deve avere Deloitte?
«Deloitte ha strutturato un team dedicato al Pnrr e in generale all’analisi dell’articolato contesto di opportunità che possono derivare dal panorama di interventi istituzionali a supporto delle aziende. Nella visione di Deloitte è fondamentale affiancare le imprese e gli imprenditori per esplolare le opportunità ed avvalersi delle migliori opportunità potenziamente fruibili».
Quali sono le aree di investimento più interessanti per le imprese nazionali?
«Ambiente e digitalizzazione. Secondo i risultati di una survey promossa da Deloitte le aziende italiane si stanno concentrando sulla definizione di una strategia innovativa, per continuare ad essere competitive. La digitalizzazione dei processi produttivi (42%) e la cyber security (36%), seguite dalla necessità di ottimizzare la supply chain (36%) anche in ottica riduzione dell’impatto ambientale. Molto importanti sono anche le iniziative di potenziamento delle attività di R&D delle aziende (35%) e di sviluppo di nuove competenze in ottica di upskilling e reskilling (32%).
I fondi del Piano prevedono importanti misure dedicate».
A proposito di innovazione, in questo periodo si sente molto parlare anche del concetto di Innovability, da questo punto di vista il Pnrr può giocare un ruolo importante?
«Il contesto emerso dopo le prime ondate pandemiche è quello di una società che vede alla sostenibilità non più da un punto di vista solo ambientale, ma che abbraccia diversi temi, sociali ed economici. Il Pnrr è un Piano trasversale, omnicomprensivo e che guarda con attenzione alla sostenibilità. L’innovazione assume dunque una nuova declinazione e dovrà avere come priorità il benessere sociale e ambientale oltre che abilitare una transizione etica e sostenibile a beneficio dell’intera comunità. Le piccole e medie imprese italiane hanno ben chiaro l’imprescindibilità di questo elemento nell’economia del domani».
In un clima reso ancora più incerto dal conflitto fra Russia e Ucraina il Pnrr rimane uno strumento efficace?
«Il contesto attuale, già provato dalla pandemia e ora anche dal conflitto, vede incrementi nei prezzi ed indisponibilità di materie prime che aumentano lo stato di incertezza sugli scenari futuri. Una recente rilevazione realizzata Deloitte evidenzia che l’84% degli italiani sono in apprensione per gli effetti dell’inflazione ed il 50% è preoccupato per gli effetti che possono derivare dal conflitto. Sono indubbiamente contesti irrituali, ma è auspicabile che le aziende, adeguatamente supportate, possano confermare piani di investimento ed avviare un percorso di consolidamento e ripresa del contesto macro-economico. È fondamentale, a vari livelli di analisi, che le aziende siano visualizzate come parte di un ecosistema che deve essere supportato ed incentivato, evitando che le aziende si sentano come entità singole; la prospettiva vincente è un forte spirito di coesione che possa premiare visioni imprenditoriali e manageriali illuminate».