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Al Forte Albertino di Vinadio il 5 agosto si inaugura la mostra “Come una scimmia in un bosco”

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La mostra allestita nelle Camere da sparo del Forte Albertino di Vinadio sarà visitabile dal 5 agosto al 25 settembre 2022, il giovedì, il venerdì, il sabato e la domenica dalle 15,30 alle 18, con ingresso libero, nel rispetto della normativa anti Covid. Si tratta della ventunesima mostra della rassegna provinciale grandArte 2022 – HELP – humanity, ecology, liberty, politics.

The Bounty Killart è il nome di un collettivo di scultori nato nel 2002 a Torino, sui banchi dell’Accademia Albertina di Belle Arti, sotto il quale operano Dionigi Biolatti (Savigliano/Cn, 1981), Rocco D’Emilio (Torino, 1981), Gualtiero Jacopo Marchioretto (Torino, 1981) e Marco Orazi (Torino, 1979).

Nei suggestivi spazi delle Camere da sparo del Forte Albertino di Vinadio, il gruppo proporrà alcune delle loro più recenti sculture e installazioni incentrate sulla rivisitazione ironica del linguaggio classico dell’arte antica, rinascimentale e neoclassica, in combinazione con inserti di oggetti decontestualizzati, con cui strizzano l’occhio all’imaginario pop della nostra civiltà dei consumi, osservata con sguardo disincantato e sottoposta a critica sociale pungente.

Attraverso l’impiego sapiente di diversi materiali, quali il gesso, la resina, il marmo o le fusioni in alluminio e bronzo, realizzano busti, vasi, bassorilievi e statue, attuando un corto circuito tra passato e presente, tra sacro e profano, in cui si rispecchiano, in chiave allegorica, circostanze e comportamenti che più ci ossessionano e che svuotano di contenuti etici la vita quotidiana di ciascuno di noi, impedendoci di riconoscere la portata delle azioni umane che causano l’aggravamento della crisi climatica del nostro pianeta.

Per la suggestiva teoria prospettica delle camere da sparo del Forte Albertino di Vinadio, The Bounty KillArt presentano due progetti espositivi: da un lato, ecco un particolare adattamento dell’installazione The wrong side, già allestita di recente presso la galleria Maurizio Caldirola Arte Contemporanea di Monza e nello Spazio COMEL Arte Contemporanea di Latina, che ricostruisce la spazialità verticale di una parete su cui ci si addestra per l’arrampicata su roccia e che attraverso l’osservazione delle varie prese in aspetto di piccole riproduzioni di elementi figurativi e architettonici della storia della cultura artistica occidentale, permette al visitatore di immaginare suggestive ipotesi di evasione, suscitate dalla realtà dei tanti muri, sia fisici che mentali, che impongono limiti e definiscono confini culturali e sociali che si vorrebbero invalicabili, a cui, invece, si oppone chi li vuole oltrepassare, sia con lo sguardo che con il corpo, per poter vivere liberamente la bellezza dell’incontro, appunto, con chi si trova, suo malgrado, dalla parte sbagliata di quei muri; e dall’altro, ecco un’apposita installazione site specific di quattro Veneri in piscina, il cui titolo Water no get enemy (L’acqua non ha nemici) rinvia all’omonimo brano musicale scritto nel 1975 dal cantante, compositore e attivista nigeriano Fela Kuti.

Si tratta di un intervento artistico pensato per quattro camere da sparo in successione, nelle quali The Bounty KillArt hanno inserito altrettante repliche in argilla cruda di un capolavoro della statuaria greca ellenistica. L’inconfondibile sex-appeal della Venere di Milo del Museo del Louvre di Parigi ci appare, quindi, ripetuto in quattro esemplari identici, posti al centro delle camere da sparo e ogni volta accolti all’interno di piccole piscine gonfiabili multicolori per bambini.

Al disopra del capo di tre delle riproduzioni della Venere di Milo, si nota la presenza di una sacca idrica appesa al centro della volta di ciascuna camera, con la funzione di rilasciare una quantità misurata di acqua, che ha lo scopo di intaccare lentamente e variabilmente la superficie delle tre sculture, innescando un fenomeno temporale di disfacimento progressivo, ma non completo, della loro consistenza fisica. Tutto appare avvolto in un’atmosfera di sospensione e di attesa di una fine annunciata delle cose materiali, metafora dei gravi pericoli che minacciano la nostra esistenza, se continuiamo a contrastare impunemente il potere della natura e a non seguire il consiglio di vivere in armonia con la natura, così come insegna un proverbio Yoruba e come ha ribadito lo stesso Fela, ricordandoci che in tal modo potremo vivere più a lungo e in modo più saggio.