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Al Filatoio di Caraglio gli scatti di Steve McCurry

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Steve McCurry Omo Valley Ethiopia 2016 (su gentile concessione del Filatoio di Caraglio)

Giovedì 29 settembre, al Filatoio di Caraglio apre al pubblico la mostra fotografica “Steve McCurry. Texture” che farà rivivere gli spazi dell’antico setificio attraverso un percorso espositivo in grado di “tessere” trame di vita, quelle impresse nei 100 scatti provenienti da tutto il mondo del celebre fotografo e umanista americano, con i tessuti e la storia del luogo, ex fabbrica di seta ora “fabbrica culturale”.

Il progetto, curato da Biba Giacchetti con il contributo di Maddalena Terragni, è promosso e realizzato dalla Fondazione Artea, in collaborazione con Fondazione Filatoio Rosso, Civita Mostre e Musei, Sudest57 e Fondazione Antonio Ratti, con il patrocinio del Comune di Caraglio, il contributo della Fondazione CRC e della Fondazione CRT e con il sostegno della Banca di Caraglio. L’esposizione sarà aperta fino a domenica 29 gennaio 2023, nei seguenti orari: giovedì e venerdì, dalle 15.00 alle 19.00, sabato, domenica e festivi, dalle 10.00 alle 19.00. Info: www.fondazioneartea.org – www.filatoiocaraglio.it.

“È per Artea un grande onore e un piacere presentare una vasta selezione degli splendidi scatti di Steve McCurry attinenti al mondo del tessile proprio qui, al Filatoio di Caraglio, dove la memoria del suo glorioso passato di “fabbrica della seta” è ancora oggi viva più che mai, dopo quasi 400 anni – afferma Marco Galateri di Genola, presidente della Fondazione Artea. Ad offrire un ulteriore e prezioso contributo alla mostra, una selezione di tessuti storici provenienti da tutto il mondo della collezione Antonio Ratti, imprenditore e mecenate visionario, a cui si deve, tra l’altro, uno dei primi centri specializzati nella ricerca e nel restauro del tessile al Metropolitan Museum di New York”.

Prosegue Davide De Luca, direttore di Artea: “Tessere trame per rigenerare luoghi. Questo è Steve McCurry Texture, la mostra pensata per valorizzare il Filatoio di Caraglio, il più antico complesso manifatturiero serico conservato in Europa, e il Museo del Setificio Piemontese sito al suo interno. Il percorso espositivo dialoga con gli spazi della fabbrica e la loro storia e suggerisce al visitatore a una doppia lettura. Il termine Texture presente nel titolo del progetto, infatti, deriva dal latino textus, che significa «testo» e «narrazione», ma anche «intreccio» e «tessuto».

Le fotografie iconiche di McCurry, in grado di fissare e catturare magistralmente la condizione umana, portano con sé il potere evocativo di molte storie in cui i tessuti e gli abiti rappresentano sia l’espressione del singolo che l’appartenenza ad un popolo. Una narrazione, arricchita dal contributo della Fondazione Antonio Ratti, che si sviluppa negli spazi identitari del filatoio, come la sala dei torcitoi, un tempo eccellenza di questo territorio nel mondo”.

“La mostra – racconta Biba Giacchetti di Sudest57 – indaga il rapporto intrinseco tra l’essere umano e il modo di vestire, acconciarsi e apparire, attraverso una selezione di 100 scatti del celebre fotografo e umanista americano che hanno come focus il tessuto, in un percorso espositivo che intreccia trama visiva e trama emotiva. Una narrazione che parte da una sezione dedicata alla manifattura e alla produzione, che in ogni paese, per tradizione e disponibilità, si avvale di mezzi e strumenti di realizzazione differenti, ma allo stesso tempo è simile nell’approccio manuale e creativo per proseguire con una galleria dei più celebri ritratti di McCurry, in cui le persone esprimono con fierezza il loro “essere”, tanto nei ricchi abiti tibetani quanto nelle più semplici condizioni dei rifugiati afgani, come la tanto amata Sharbat Gula. La mostra consente, infine, di ritrovare tutte le celebri icone scattate da McCurry, in una vera e propria retrospettiva dei suoi molteplici progetti”.

Ad arricchire il percorso espositivo alcuni dei frammenti più significativi della collezione Antonio Ratti: carte tecniche relative alla produzione tessile, antichi velluti e damaschi cinesi, pannelli ricamati della cultura kuba del Congo, matrici di stampa a riserva giapponesi, velluti turchi, tessuti ikat dell’Asia centrale, coloratissimi indumenti provenienti del centro America ed una sezione significativa di sete settecentesche europee che entreranno in dialogo con le fotografie di Steve McCurry.

“Nasce così un racconto capace di avvolgere nella sua forma estetica e di proiettare l’immaginario in uno spazio abitato dai riflessi propagati da forme artistiche che qui si fondono e diventano complementari” spiega Maddalena Terragni, responsabile della Collezione tessile e della programmazione della Fondazione Antonio Ratti.

c.s.