Bozzoli, doppio giallo
IL FATTO
Mario Bozzoli, 50enne imprenditore di Marcheno (in provincia di Brescia) scompare nel 2015 all’interno della sua azienda, una fonderia di ottone. Secondo la procura è stato ucciso dai due nipoti, accusati di omicidio volontario e distruzione di cadavere. Pochi giorni dopo Beppe Ghirardini, addetto ai forni, muore avvelenato
I PROTAGONISTI
I fratelli Alex e Giacomo Bozzoli sono stati prosciolti dall’accusa di essere stati autori morali del suicidio di Ghirardini, avvenuto pochi giorni dopo la scomparsa dell’imprenditore. L’uomo si sarebbe suicidato con due capsule di cianuro in una zona solitaria a Case di Viso, sopra Ponte di Legno, a un centinaio di chilometri da Marcheno
LA CONCLUSIONE
Un mistero nel mistero: Mario Bozzoli che scompare dalla sua fonderia e poco dopo l’addetto ai forni apparentemente suicida. C’è attesa per il verdetto atteso a breve. Ma tutta la vicenda è condizionata da mille dubbi. L’esperimento del maialino bruciato in fonderia (per verificare cosa restasse dei resti) non ha portato nuovi elementi chiarificatori
Da ricostruire i movimenti della vittima
Siamo di fronte ad un mistero che non è stato ancora chiarito. Bozzoli da quella azienda non è mai uscito o, almeno, così emergerebbe dalle telecamere. La chiave di lettura è probabilmente da ricercare nei moventi.
La ricostruzione criminodinamica degli spostamenti della vittima e quella di chi fosse stato presente al momento della scomparsa potrebbe dare un importante contributo alla soluzione del caso ancora aperto e fermo a un livello indiziario
I dubbi sul caso Parolisi
IL FATTO
Una giornata spensierata si trasforma in tragedia nel 2011 per Melania Rea, il marito Salvatore Parolisi e la figlioletta. Si perdono le tracce della donna ed è il marito a denunciarne la sparizione. Nei giorni successivi è rinvenuta cadavere. I Carabinieri di Ascoli Piceno indicano in Parolisi l’unico possibile colpevole
I PROTAGONISTI
Salvatore Parolisi, nato a Frattamaggiore (Napoli), è stato caporalmaggiore del Rav Piceno. Sua moglie Melania Rea, originaria di Somma Vesuviana ma residente a Folignano (Ap), era mamma di una bimba di appena 18 mesi, Vittoria, che oggi ha 12 anni e vive con i nonni materni di cui ha anche assunto il cognome
LA CONCLUSIONE
L’uomo è stato condannato in primo grado all’ergastolo, pena ridotta poi in Appello a 30 anni e poi definitivamente a 20 anni in Cassazione, dove gli è stata rimossa (non senza polemiche) l’aggravante della crudeltà. Pena che sta ancora scontando nel carcere di Bollate da dove non ha mai smesso di professarsi innocente
Un’indagine tradizionale ed efficace
Parolisi era entrato in un vortice sentimentale che a un certo punto non ha più saputo gestire. Un delitto atroce anche per le modalità esecutive. Nei meandri della psiche umana possono annidarsi i più incomprensibili comportamenti delittuosi che sfuggono ad ogni razionale spiegazione. Le versioni incongruenti rese negli interrogatori da Parolisi sono state abilmente evidenziate dagli investigatori. Un esempio perfetto di indagine classica
Il “mostro di Padova”
IL FATTO
Due carte da gioco: un re di quadri e uno cuori. È così che Michele Profeta, soprannominato il “Mostro di Padova”, firmava i suoi delitti. «Ucciderò a caso», prometteva al questore di Milano nei biglietti redatti con un normografo, ma proprio le lettere scritte con questo sistema hanno permesso nel 2001 agli inquirenti di smascherarlo
I PROTAGONISTI
Nato a Palermo nel 1948, era ritenuto responsabile degli omicidi avvenuti a Padova il 29 gennaio e il 10 febbraio del 2001 del tassista Pierpaolo Lissandron e dell’agente immobiliare Walter Boscolo, uccisi a colpi di pistola. L’uomo era stato fermato il 16 febbraio 2001 e poi condannato all’ergastolo
LA CONCLUSIONE
La caccia all’assassino seriale finisce a Padova, intorno alle ore 18.30 del 16 febbraio 2001. Profeta viene fermato da un pattuglia della polizia all’uscita dall’ufficio dove lavora. Impassibile di fronte agli agenti, nega qualunque accusa. Condannato all’ergastolo, muore per infarto in carcere nel 2004 mentre sta sostenendo un esame di Filosofia
Il killer intelligente, ma non troppo
Uno dei più noti serial killer italiani. La difficoltà di trovare un filo conduttore nelle indagini era l’assenza di un movente che invece è spesso ritornato nella serialità. Indagine difficile perché l’autore dei delitti era anche dotato di un buon livello intellettivo che aveva purtroppo confinato al crimine. In questi casi una delle chiavi di lettura per chi investiga è identificare per tempo i segnali che poi portano queste persone ad uccidere. Spesso sperimentano i loro delitti sugli animali. Assenza di empatia e vuoto esistenziale le costanti
A cura di Biagio Fabrizio Carillo