Autonomia di scelta, parità e riforme per garantire il pieno rilancio del sistema educativo italiano. È questa la chiara visione di suor Anna Monia Alfieri, giurista ed esperta di politiche scolastiche, con cui noi di IDEA abbiamo discusso – in occasione della ripresa delle lezioni – della situazione attuale delle scuole, delle prospettive future e del supporto che sport e imprese possono offrire in ambito educativo.
Suor Anna, nel contesto odierno il ruolo dell’educazione mantiene intatta la sua centralità. Perché è così fondamentale?
«Lo sosteniamo da decenni: se vogliamo che le cose non cambino, è sufficiente ripeterle come un mantra. Fin dall’età della pietra l’educazione e l’istruzione sono fondamentali per l’evoluzione delle civiltà e, nel contesto attuale, per traghettare l’Italia fuori dai problemi. Bisogna però fare chiarezza su cosa si intenda per educazione e istruzione. Nelle epoche primitive il padre educava il figlio con l’esempio, la madre con il racconto. È evidente che l’educazione sia compito essenziale della famiglia, che dovrebbe poterlo esercitare liberamente, senza condizionamento economico».
È questo uno dei problemi della scuola italiana, l’autonomia di scelta educativa?
«Questo è un problema tutto italiano, solo i ricchi possono educare i propri figli liberamente, mentre chi non ha i mezzi economici è costretto a ricorrere alla scuola statale. La scuola paritaria rimane appannaggio di chi può pagare la retta e questo definisce il sistema scolastico italiano classista, regionalista e discriminatorio. Immagini quanto è importante per l’Italia questo problema: non è un vezzo dei liberali, ma una necessità per emancipare le classi sociali più povere».
In che senso?
«Dopo aver inizialmente creduto che ci fosse quasi una non conoscenza o una ferma volontà di non garantire la libertà di scelta educativa, in quanto considerata radical chic, oggi comincio a pensare che ci sia una fascia politica, ma non solo, che ha paura di emancipare il popolo, perché quel popolo emancipato sarebbe un elettorato non più facilmente ingannabile».
È auspicabile che con il nuovo Governo le cose possano migliorare?
«Sono stati già registrati importanti passi in avanti, ricordiamo il cammino fatto con le ministre Gelmini, Giannini e Fedeli. Grazie a loro, con cui ho avuto l’onore di collaborare, si è compiuto quel processo che ha portato a chiedersi quanto costi un allievo. Così abbiamo sfatato il mito secondo cui l’allievo della scuola paritaria toglierebbe soldi all’allievo della scuola statale. Un avanzamento importantissimo è stato poi compiuto dal ministro Bianchi, al quale va tutto il mio ringraziamento, perché ha raccolto questa eredità e ha realizzato un “set informativo”, ha cioè censito le scuole».
Cosa serve ora?
«Adesso non resta che “compiere” i decreti legislativi al Family Act, che dicono – agli articoli 1 e 2 – che le famiglie possono detrarre la retta secondo il costo standard di sostenibilità per l’allievo della paritaria. Questo permetterebbe una sana competizione tra statale e paritaria, un innalzamento del livello di qualità e sanerebbe la dispersione scolastica. Ma soprattutto libererebbe la scuola dai tre poteri forti: il potere politico, il potere sindacale e la burocrazia».
Per riscoprire il valore dell’educazione, ci sono strumenti complementari all’azione della scuola. Uno di questi è lo sport: crede nel suo apporto educativo?
«Certamente. Accanto alla scuola lo sport ha un ruolo fondamentale, perché insegna ai nostri ragazzi il senso sano della competizione e soprattutto li educa al gioco di squadra. Basti pensare al lavoro enorme che sta facendo Giusy Versace: ha offerto un contributo significativo per accrescere l’attenzione nei confronti della disabilità. Pensi che uno sportivo è capace di dire che un aquilone, per volare, ha bisogno del vento contrario».
Altrettanto significativo è l’impegno attivo delle aziende. Quale può essere il ruolo dell’imprenditore?
«L’imprenditore ha un ruolo fondamentale, naturalmente deve operare sempre in sinergia con la scuola. L’impresa è importante per l’alternanza scuola-lavoro, ma anche per lo sport, mi riferisco soprattutto ai progetti del Coni».
Un esempio lampante è quello della Ferrero e della sua Fondazione, impegnate ad alimentare un progetto di impresa sociale che prevede, tra le tante cose, iniziative culturali e didattiche. Conosce le loro attività?
«Non le conosco direttamente, ma ne sento parlare molto bene e tutto questo è parecchio utile. La scuola da sola non ha tutte le risorse, quindi ben venga se riesce ad aprirsi a nuove collaborazioni e alle attività esterne».
In conclusione, è fiduciosa sul futuro del sistema educativo italiano?
«Con il “set informativo” fatto dal ministro Bianchi, il futuro Ministro dovrà svolgere un lavoro durissimo e pericolosissimo. Sono però molto fiduciosa, è ormai la realtà che lo richiede e lo fa con decisione: questo non è più il tempo delle promesse false, un sistema più sano può permettere il rilancio».
Articolo a cura di Domenico Abbondandolo