Sylvester Stallone torna sugli schermi (questa volta piccoli) per interpretare il ruolo di Dwight “The General” Manfredi, un uomo appena uscito da una condanna a 25 anni di carcere ed esiliato senza tanti complimenti dal suo capo per stabilirsi a Tulsa, Oklahoma. Accade in “Tulsa King” la prima serie tv dell’attore che al cinema ha costruito la sua fortuna sull’interpretazione di ruoli alla Rambo e che ancora una volta si trova alle prese con una storia da “duro”. E siccome gli episodi andranno in onda su Paramount+, il nuovo servizio di streaming globale disponibile dal 15 settembre scorso per il pubblico italiano, Stallone ha presenziato all’evento di lancio del nuovo canale che si è svolto nella cornice straordinaria di Cinecittà, a Roma.
E il suo blitz in Italia non è certamente passato inosservato. Ad esempio perché ha voluto conoscere direttamente il presidente Sergio Mattarella, professandosi suo ammiratore, approfittando del Gran Premio di Monza per stringergli la mano. Un breve incontro prima della gara del Centenario, al quale subito dopo si è aggiunto il Principe Alberto di Monaco. Poi Stallone ha fatto un salto al box della Ferrari, mettendosi in posa con i meccanici per le foto di rito. «Non mi hanno fatto guidare – ha scherzato -, sono troppo grasso per entrare nell’abitacolo».
E in seguito lo abbiamo visto in un altro contesto, con lo sfondo ineguagliabile di Roma mentre mostra orgoglioso una maglia giallorossa, aprendo un derby a distanza con Russell Crowe che pochi mesi prima aveva invece sventolato una maglia della Lazio, davanti ai fori imperiali.
E ancora, la visita a Radio DeeJay, ospite di Nicola Savino e Linus, per annunciare battaglia in vista della procedura legale per i diritti di “Rocky”: «Sarà una guerra, sto andando a prenderli» ha detto l’attore in diretta, riferendosi all’ingaggio da 75 mila dollari ricevuto nel 1976 senza alcuna opzione sugli incassi record che seguirono al primo capitolo di quella saga cinematografica.
A proposito della serie tv trasmessa da Paramount+, Stallone ha commentato la trama, la storia che lo vede protagonista in un ambiente insolito, a Tulsa, in Oklahoma dove The General cerca di riformare la sua banda, con una serie di personaggi improbabili che lo aiuteranno a costruire il suo nuovo impero criminale. «A Tulsa non ci sono italiani, quindi ad aiutare il mio personaggio trovo cowboy, figure strambe, qualche donna. In ogni caso quella strana gang riesce a conquistare il potere in poco tempo e quando i boss di New York arrivano a chiedere la loro parte io gli dico: “mi dispiace”», ha raccontato la star ospite a Deejay chiama Italia.
«Ho appena ripreso lo sport perché per due anni non mi sono allenato – ha aggiunto, commentando la forma invidiabile dei suoi 76 anni – ho fatto 5 operazioni alla schiena. Ma quando si riprende ci si sente meglio». E per quello che riguarda la dieta, «dai 35 ai 45 anni ho fatto molta attenzione a quello che mangiavo. Ed ero anche troppo magro. Ora mangio di tutto. Ma quando esagero, il giorno dopo non assaggio niente». L’attore ha raccontato che quando iniziò a fare Rocky non era già allenatissimo: «Ero mediamente ok, poi mi sono allenato per i film». E così è nato il mito del pugile che non si arrende mai e che – se cade – si rialza prontamente. Una lezione che Sly ha appreso dalla vita reale: nato a New York, nonni di origine pugliese, conosce un’infanzia difficile con problemi fisici e non solo. Ma continua a lottare e, alla fine, vince.
Sly for President Stallone in Italia tra cuore e business
Paramount lancia una serie tv con l’attore che intanto fa visita a Mattarella e al box Ferrari