Realizzare oggetti di uso quotidiano raccogliendo e riciclando mascherine chirurgiche e, al contempo, aiutare l’ambiente. Questo il faro del progetto “Reci-mask” sviluppato dal Circolo delle Idee di Mondovì in tempi di pandemia. Il progetto è stato selezionato tra i venti candidati alla prima edizione del bando nazionale “Giovani virtuosi in Comune” promosso dall’associazione Comuni Virtuosi di cui la città del Belvedere fa parte. Il riconoscimento vuole valorizzare, connettere e premiare le buone pratiche e idee a favore della comunità in cui vivono le ragazze e i ragazzi residenti nei comuni della rete. Il progetto pilota, lanciato nel giugno 2021, ha coinvolto il Dipartimento di scienze applicate della sede alessandrina del Politecnico di Torino che ha sviluppato la ricerca, il Comune e una decina tra scuole e aziende del territorio a cui sono stati distribuiti 33 bidoni per la raccolta delle mascherine. Il materiale è stato poi sanificato, privato degli elastici e delle parti in metallo, macinato e lavorato fino a ottenere granelli e filamenti utili allo stampaggio in 3D. I ricercatori ne hanno ricavato bloc-notes, scatole portaoggetti, cover per tablet e smartphone. La cerimonia di premiazione è avvenuta lo scorso 17 settembre, a Mondovì e il premio è stato ritirato da Marco Bellocchio, 23enne studente di Giurisprudenza e anima del progetto, vicepresidente del Circolo delle Idee sino allo scorso giugno e oggi consigliere comunale.
Marco, come nasce il progetto?
«L’uso massiccio e continuativo delle mascherine, dovuto alla crisi pandemica di questi anni, ha reso inevitabile un incremento poderoso di rifiuti prodotti dalla necessità di cambiare quotidianamente le mascherine. Nel solco dell’ambientalismo e del senso civico abbiamo avviato come Circolo delle Idee, in collaborazione con il Politecnico di Torino e il Comune, una raccolta mirata di mascherine, che sono state trasferite al Politecnico per il processo di ricerca e riciclo. È stato nostro obiettivo primario garantire che tutte le componenti della nostra comunità venissero coinvolte nel progetto: scuole, attività produttive e tutta la cittadinanza. Un bell’esempio del rapporto virtuoso che può crearsi tra ricerca e applicazione degli studi».
Ce ne racconta le fasi?
«Il Circolo si è occupato in maniera preponderante della logistica. Il primo passaggio è stato il contatto con il Politecnico, cui è seguito il “capire come raccogliere le mascherine”, comunicare il progetto e coinvolgere scuole, enti (le mascherine sono state raccolte anche in Comune e nella sede della Polizia municipale) e aziende, effettuare la sanificazione e il trasporto al Politecnico che ha sviluppato la sperimentazione e prodotto i gadget. La crescita è stata esponenziale: a giugno 2021 abbiamo fatto la prima raccolta solo al liceo Vasco Beccaria Govone. Si trattava della prima fase del progetto e abbiamo raccolto 3,5 kg di mascherine in una mattinata. L’evento aveva avuto un grande impatto mediatico, che non mi aspettavo nonostante credessi fortemente nel progetto: abbiamo ricevuto la visita del Tg1 e hanno parlato di noi su Open, testata online diretta da Enrico Mentana, e Repubblica. Ora servirebbe il salto per la produzione in larga scala che, però, dovrebbe essere compito dell’industria a cui il Politecnico passerebbe il “know-how”».
A proposito di collaborazioni: come è nata quella con il Politecnico e il coinvolgimento di scuole e aziende?
«Il Politecnico, che fino a quel momento le aveva acquistate, aveva bisogno di mascherine usate e sanificate per poter avviare il progetto di sperimentazione e riciclo. Noi avevamo la possibilità di fornirle. Abbiamo iniziato con i licei perché consentivano di accedere un ampio bacino di studenti, successivamente abbiamo ampliato il materiale da gestire estendendo la raccolta alle scuole di ogni ordine e grado da cui abbiamo avuto un’ottima risposta, e alla società civile. C’è da dire che non era scontato le aziende (Reicam, Valeo, Banca Ifis) aderissero, perché era uno sforzo in più che sapevamo di chieder loro. In 10-15 giorni abbiamo raccolto 15-18 kg di mascherine, quantitativo maggiore di quanto stabilito».
Secondo lei cosa è riuscito a dimostrare questo progetto? Il riscontro da parte dei giovani è stato importante…
«La questione ambiente sarà centrale per i ragazzi che diventeranno la classe dirigente di domani, è questa la differenza. L’ambiente è un tema che capiscono, è evidente, inoltre non sono “macchiati” da una retorica di sviluppo tipico degli anni ’80: c’è un distaccamento tra gli interessi. I giovani sono nati con la crisi climatica e questo è un tema presupposto e complesso nonostante le campagne negazioniste. I giovani lo vedono e sono pronti ad affrontarlo, ma questo richiede innovazione, tecnologia, approccio pragmatico».
Immaginava questo successo?
«No, anche se mi ero reso conto dell’impatto dell’iniziativa e della sua tipicità. Il Covid e l’emergenza sanitaria hanno visto come protagonisti i medici e gli infermieri che l’hanno fronteggiata in prima linea e, il riciclo, poteva essere reputato una cosa secondaria seppure procedesse su un binario parallelo. Siamo in 60 milioni in Italia, calcolando un cambio di mascherina al giorno si trattava di un rifiuto importantissimo. Oggi la materia ambiente è diventata concorrenziale, ma non me lo aspettavo».
Come pensa ora di utilizzare i 3mila euro del premio?
«Come previsto dal bando, il bonus economico deve essere investito in ulteriori progetti per l’ambiente da realizzare entro il 2023. Quello che servirebbe ora è una forte campagna di sensibilizzazione sulla quale dobbiamo ancora ragionare. Abbiamo promosso il progetto legato al rifiuto e al riciclo, ma la transizione ecologica non passa solo da questo. È necessario sviluppare progetti di sensibilizzazione. Basti pensare a Fridays for Future: fu il primo evento del Circolo delle Idee e portò a Mondovì più di 1.200 persone. Questo ci dà l’idea d una città partecipativa».
Erika Nicchiosini