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«c’è tanto bisogno di giganti buoni come mio padre»

Rita Dalla Chiesa ricorda la figura del Generale «La fiction Rai sia messaggio per i giovani»

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Con la ricorrenza degli an­ni­versari della na­scita (27 settembre 1920) e della scomparsa (3 settembre 1982), il ricordo e la testimonianza della missione di Carlo Al­berto Dalla Chiesa si arricchiscono di significati speciali. L’esempio e i valori incarnati dal Generale rimangono una stella polare per il Paese e una fonte d’ispirazione per i più giovani. Lo sostiene con commozione e orgoglio la figlia Rita, nota conduttrice televisiva e neo eletta con Forza Italia alla Camera dei Deputati, con cui noi di IDEA abbiamo avuto modo di sottolineare l’eredità sociale e culturale dell’opera paterna.

Rita Dalla Chiesa, settembre è il mese della memoria, in vir­­tù dell’anniversario sia del­­­la nascita che della tragica scom­parsa di suo padre. Qual è il ricordo che ha di lui?
«Mio padre era un uomo che ha sempre camminato nel binario del rispetto per le persone, per le idee e per la legalità. È stato veramente un gran­de uomo».

Come spiegherebbe oggi a un bambino chi era il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa?
«Lo spiegherei come ho fatto con mio nipote. Direi che è stato un grande uomo delle istituzioni e che, purtroppo, proprio per servirle nel modo più corretto e leale possibile, è stato tradito e ucciso. A mio nipote dico anche che per lui sarebbe stato un bisnonno molto presente, come lo era stato nei confronti dei suoi nipotini. A un bambino, poi, parlerei di questo gigante buono, che in qualche modo lo avrebbe protetto e salvato da ogni pericolo, semmai ce ne fosse stato bisogno».

Crede che la sua eredità valoriale sia ancora viva?
«L’eredità dei suoi valori può essere viva in una certa parte del Paese. In un’altra parte, purtroppo, non si sa nemmeno chi sia stato, perché nelle scuole e nelle famiglie non se ne è parlato abbastanza. L’e­re­dità di un padre come il generale Dalla Chiesa dovrebbe appartenere a tutte le generazioni, non soltanto a chi l’ha vissuto. In assoluto, è confortante che, dopo quarant’anni dalla sua uccisione, la memoria non scolorisca: più passano gli anni e più mio padre diventa importante per la gente e per questo Paese».

La sua missione è quindi an­cora d’insegnamento?
«L’Italia ha subìto talmente tante cialtronerie politiche che di un uomo come mio padre oggi ci sarebbe bisogno in modo assoluto. Credo che le famiglie e le scuole dovrebbero parlare di lui, possibilmente senza confonderlo con altre figure importanti della nostra storia, come si fa di solito. Si dovrebbe parlare di mio padre come uomo delle istituzioni; di Falcone, Bor­sellino e Chinnici come uomini della magistratura; di La Torre come politico. La confusione non fa bene a nessuno».

A questo proposito crede che la fiction Rai “Il nostro Ge­nerale”, pronta per essere mes­­sa in onda, possa aiutare a fare chiarezza e a ravvivare il ri­cordo di suo padre?
«Credo di sì. La fiction, divisa in quattro episodi, andrà in on­­da a gennaio su Rai Uno ed effettivamente potrebbe essere una buona occasione per far­ conoscere il generale Dal­la Chiesa ai più giovani. Su in­put delle rispettive famiglie e degli insegnanti, i ragazzi po­trebbero guardarla con at­tenzione e capire che il Pae­se ha vissuto mo­menti estremamente difficili, come gli an­ni bui del terrorismo, ma anche che ci sono stati italiani che hanno difeso la libertà a tal punto da rimetterci la vita: è im­portantissimo che le nuove generazioni lo sappiano».

In questi giorni anche la città di Saluzzo ha omaggiato la me­moria di suo padre. Qual è il legame della sua famiglia con la provincia Granda?

«A Saluzzo mio padre è nato e lì ha trascorso una parte dell’infanzia. I miei nonni si so­no fermati più a lungo: ricordo la balia che ha cresciuto pa­pà. Sono in contatto con alcune persone della zona, a cui scrivo di tanto in tanto, ma a te­nere vivi i rapporti è soprattutto mio fratello Nando».

Le piacerebbe visitare la zona in futuro?
«Mi piacerebbe molto, avrei già voluto farlo. Sarebbe bello visitare il Saluzzese assieme ai miei fratelli e poi incontrare e ringraziare le persone che in qualche modo portano avan­ti il ricordo di nostro padre. Vivendo molto distanti, però, con impegni piuttosto pressanti, non è semplice potersi organizzare».

Chiudiamo con una battuta sulla sua recente elezione al­la Camera dei Deputati nel Col­­legio Uninominale di Mol­fetta. Quali sono le aspettative per questa nuova e­spe­rien­za in politica?
«Non avrei mai pensato di occuparmi di politica, prova ne sia il fatto che non sono stata io a candidarmi in prima persona. Adesso cercherò di fare politica ascoltando, sen­za mai pensare ai miei interessi, perché ho ben vivo in mente tutto quello che mi ha lasciato mio padre».

Domenico Abbondandolo

BaNNER
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