IL FATTO
Nel mondo che cambia, il tema dell’età matura e dei risvolti sociali è sempre più attuale. Un film racconta la crisi di una donna di mezza età che trova riscatto grazie al cibo
«Il cibo apre il cuore e la mente». Una verità che a volte dimentichiamo, ma detta da una svedese assume quasi un significato più forte. Nelle sale è uscito “Tuesday Club – Il talismano della felicità”, commedia leggera firmata dalla regista svedese Annika Appelin che in sostanza racconta i risvolti e la quotidianità dell’età cosiddetta “matura” a confronto con il contesto sociale attuale. La trama scorre attorno alla figura della protagonista Karen (interpretata da Marie Richardson), una donna di mezza età con una famiglia felice che vive in una bella casa. Ma alla festa dei suo 40esimo anniversario di matrimonio, scopre il tradimento del marito Sten. E tutte le prospettive cambiano improvvisamente.
Per cercare una svolta nella sua vita, su consiglio delle amiche. Karen si dà alla cucina, si iscrive a un corso di cucina. E trova nuove prospettive. «Il cibo – dice la regista Appelin – per me è fondamentale. Fa riunire le famiglie, ti rende felice. Sono molto interessata al cibo. All’inizio doveva esserci il cibo italiano, il mio preferito. Poi ho pensato che il cibo panasiatico fosse più difficile da fare, perché non siamo abituati a prepararlo a casa. Per la protagonista Karen si tratta di affrontare una sfida, che alla fine è chiaramente un’efficace metafora. E il cibo riesce in un’impresa non da poco: le apre il cuore e la mente».
Il film pone l’attenzione, come detto, sull’età matura e il cibo è un sorprendente mezzo di comunicazione. Serve a sviluppare la trama e a valorizzarla. È il pretesto per mettere un accento su questioni sociali molto profonde, in particolare sul ruolo delle donne e sulla vita dopo i quarant’anni. Non solo in Svezia. Tematiche oggi più dibattute che mai, a tutte le latitudini. «Sono domande che si pongono un po’ tutti – continua la regista -, oggi c’è anche il lavoro ma comunque quasi sempre le donne si prendono grandi responsabilità a casa. E non pensano al futuro finché non è inevitabile».
E sul cibo, rivela: «Era importante per me che gli attori mangiassero veramente, odio i film in cui mangiano con piccoli morsi, perché magari mostrare le donne che mangiano voracemente non è bello esteticamente. All’inizio gli attori ne erano felici, ma dopo qualche scena non ce la facevano più. Abbiamo riso tantissimo».
Insomma, una commedia come detto “leggera” ma che induce a riflettere su questioni decisamente attuali. E il finale è allegro: «Senza odio o rancore, perché di questi tempi amo vedere i film con lieto fine. Nella vita reale non è semplice, allora mi sembrava giusto mandare un messaggio positivo. Anche per mostrare che la vita va avanti e che non è mai troppo tardi».
Il cibo è anche aggregazione, confronto, spunto di riflessione. Una risorsa anche culturale che diventa sempre più trasversale e condivisa.