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«Libertà e cultura il Piemonte culla di valori»

Intervista a Giovanni Grasso, il portavoce di Mattarella

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Il diritto alla libertà, as­sieme a quello per la vi­ta, è forse il bene più prezioso che siamo chia­­mati a custodire e, se ne­cessario, a difendere. Un tema che, nel solco di quanto fatto da Beppe Fenoglio, continua a essere il “fil rouge” di tante opere letterarie. È il caso, ad esempio, di “Icaro, il volo su Roma”, l’ultimo libro di Giovanni Grasso, giornalista parlamentare, scrittore e so­prattutto consigliere per la stampa e la comunicazione del Pre­sidente della Repub­blica. Edi­to da Rizzoli, è un omaggio romanzato allo scrittore, poe­ta e antifascista Lauro De Bosis, l’eroe romano che il 3 ottobre del 1931 volò sulla capitale per lanciare 400mila volantini inneggianti alla libertà e alla lotta contro il regime. Un gesto tanto ro­man­tico quanto co­raggioso che gli costò la vita. Grasso, nei giorni scorsi ad Alba assieme al presidente Mattarella, ha presentato il suo romanzo a Cuneo. Noi di IDEA lo abbiamo incontrato.

Grasso, chi era Lauro De Bosis?

«È un personaggio con la “p” maiuscola della storia d’Italia. Un personaggio che, però, è stato dimenticato dalla storiografia. Io me ne sono appassionato una ventina d’anni fa scoprendo, in maniera quasi fortuita, dei documenti che riguardavano proprio la sua vicenda. Così ho deciso di ricordarlo con un romanzo».

Come mai questo oblio?

«Romantico e risorgimentale, Lauro era diverso dagli altri antifascisti e, pertanto, risultava “non attuale” già nella sua epoca, gli anni Trenta. Figuriamoci oggi…».

Resta però il suo gesto.
«Assolutamente sì. Riman­go­no vivi il suo anelito e la sua spinta verso la libertà. Quello che ha compiuto è stato un atto di eroismo nato esclusivamente dalla ne­cessità mo­rale di opporsi all’oppressione e alla mancanza di libertà. In questo senso, lui e tutti quelli che hanno agito nello stesso modo – penso a Jan Pa­lach, che si diede fuoco a Praga contro il regime co­munista, ma anche agli ucraini e alle donne iraniane di oggi – conservano un’at­tualità eterna».

Anche il territorio albese si è sacrificato per questi valori.
«Queste zone – in cui tanti ragazzi persero la vita in nome della libertà – sono state capofila nella Resistenza, non solo dal punto di vista militare e politico, ma anche in ambito letterario. Del resto, il movimento risorgimentale e l’Unità d’Ita­lia erano partiti proprio dal Pie­mon­te. E stando qui si avverte tutto il fascino di questo passato importante».

È per questo che il presidente Mattarella ha voluto recarsi qui?

«Tra la Presidenza della Re­pubblica e il Pie­mon­te c’è sicuramente un legame particolare. E le visite del presidente Mat­tarella a Gru­glia­sco per l’inaugurazione del­l’anno sco­lastico e a To­rino per i Carabinieri, l’Esercito e i 160 anni della Corte dei Conti, oltre a quella di Alba, ne sono la prova. Nello specifico, il viaggio nel vostro territorio è nato dal desiderio di ricordare Beppe Fenoglio, grandissimo scrittore e partigiano che ha raccontato la Resistenza in profondità, in modo esistenziale. Inoltre, si è voluto omaggiare Michele Coppino, ministro liberale che creò la scuola dell’obbligo».

Non è mancato il passaggio alla Fiera del Tartufo.

«Sì, perché il tartufo rappresenta un prodotto di eccellenza non solo per l’economia piemontese, ma anche per quella nazionale».

Cosa significa essere il portavoce del Presidente della Repubblica?
«È un ruolo molto interessante, ma anche tanto delicato. Curo i rapporti con la stampa e, in generale, la comunicazione del Presidente, su ogni canale, social network e siti Internet compresi. Di conseguenza, mi occupo anche della sua immagine».

Quali sono le priorità?
«In quella che ormai può essere definita come la società della comunicazione, ha as­sunto un ruolo chiave la trasparenza. Si tratta di una ne­cessità sempre più sentita da parte dei cittadini, specie in un periodo come questo, ca­ratterizzato dall’antipolitica e dalla disaffezione nei confronti della “cosa politica”».

Com’è nato il suo legame con il Piemonte?

«Negli anni in cui ero capo dell’Ufficio Stampa del presidente del Senato Nicola Man­cino, conobbi e divenni amico del senatore originario di Cu­neo Francesco Mazzola, purtroppo scomparso nel 2014. Da lì è nata la mia conoscenza del Piemonte e della Granda, intensificatasi negli anni, specie nel 2019, quando il mio spettacolo teatrale “Fuoriu­sciti” ha debuttato al Teatro Carignano di Torino».

Chiudiamo con un giudizio sul territorio piemontese: com’è visto da Roma?
«Una terra all’avanguardia e mo­­­derna, caratterizzata da grandi eccellenze enologiche e gastronomiche, oltre che pun­­to di riferimento per quan­to concerne il turismo, la cul­t­ura e l’imprenditoria. In­som­ma, un territorio davvero vivace».