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I pedali della libertà

Simone, architetto friulano malato di Parkinson, combatte il morbo girando in bicicletta: una vera terapia con benefici fisici e mentali. Adesso racconta la sua esperienza per lanciare un messaggio di speranza, destinato anche a chi non ha problemi di salute

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«In bicicletta sono libero». È un pensiero accarezzato lungo strade sinuose, un motivo per immergersi nell’afa o nel gelo, un appiglio per ribellarsi a limiti imprevisti e non cedere in un momento duro. È, soprattutto, il titolo di un libro che racchiude una confidenza e una speranza, scritto da Simone Masotti, un architetto di Pradamano, poco più di tremila anime alle porte di Udine: ha quarant’anni e da dieci soffre di Parkinson, una diagnosi che gli ha sconvolto la vita. I primi sintomi, le analisi, lo smarrimento e la paura, lo shock della diagnosi, le cure e le difficoltà che le aggirano: nel tempo il morbo si fa largo, rallenta il movimento e l’uso della parola.
Simone, però, ha un farmaco speciale: la passione per i pedali che lo accompagna da sempre e che gli permette di dimenticare, combattere la malattia. Riscoprendo gli itinerari del suo Friuli, tra paesaggi familiari e scorci conosciuti, o scoprendo fascinosi percorsi internazionali, affiorano sensazioni belle che riassumono libertà e serenità, diffondendo insieme il profumo dell’infanzia e dell’adolescenza, la protezione delle rotelline e la gioia di sentirsi grande togliendole, la fantasia artigianale del tramutare in ciclocross la Graziella verde della nonna. La bici di oggi è un gioiello che conduce lontano dai cattivi pensieri, un’amica che rimpicciolisce i segni del Parkinson e limita il ricorso alle medicine, un beneficio fisico e insieme mentale per difendersi e sognare nonostante tutto. Sostenuto, quando le forze s’affievoliscono o il morale diventa scuro, da moglie e figlio, da un paese intero. Il Friuli conquistato, attraversandone le montagne, è prima tappa d’un viaggio più lungo: Simone, in sella, va lontano e non solo con la mente, partecipa a cicloviaggi in Italia e all’estero, a ruota del famoso Sergio Borroni, lo lasci curvo sul manubrio nel verde di casa, circondato da un gruppetto di amatori, e lo ritrovi negli States, confuso fra 30mila ciclisti, ad attraversare in sette giorni le pianure dell’Iowa, 700 chilometri nelle gambe e tanta leggerezza nel cuore. Il libro è il racconto di una passione diventata sfogo, aiuto, sollievo, è la testimonianza di un’esperienza condivisa dal coautore Max Mauro e pubblicata da Ediciclo, è il mezzo scelto per diffondere un messaggio prezioso, raggiungere più persone possibili: «Fare movimento – spiega l’architetto – è una terapia. Lo sostiene anche Borroni, che è compagno di avventura e medico. Sono felice che il racconto dei miei viaggi, e dei benefici che ricavo dall’andare in bici, sia arrivato come un tam-tam a tanti malati increduli, molti dei quali hanno seguito il mio esempio».
Ma il messaggio non riguarda soltanto chi convive con il Parkinson e Simone lo spiega con parole toccanti: «Voglio incoraggiare le persone che soffrono di una malattia come la mia, ma anche quelli che non hanno nessun problema di salute, eppure si sentono infelici o inadatti. Credete nelle vostre passioni, in quello che vi fa stare bene: i sogni, in fondo, non sono altro che pensieri che ci fanno stare bene». Il Parkinson, nel libro, è ribattezzato Mr. Pk: è un personaggio negativo che vorrebbe limitare, frenare, bloccare Simone e invece deve arrendersi alla sua tenacia, a una fuga che richiama i campionissimi del Giro o del Tour.