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«Mi sono ispirato al genio di Márquez e di Pirandello»

Lo scrittore canellese Filippo Larganà presenta il suo nuovo libro: trama appassionata di vite grottesche e personaggi bizzarri

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Un po’ di Gabriel García Márquez, “Cronaca di una morte annunciata” e un po’ di Pirandello, “Sei personaggi in cerca di autore”: a scorrere le pagine del “Romanzo delle tre righe”, il libro appena uscito del giornalista canellese Filippo Larganà, 62 anni, i riferimenti saltano subito all’occhio: «Non poteva essere diversamente, sono tra gli scrittori che amo di più» dice l’autore.
“Romanzo delle tre righe”, un titolo curioso: da che cosa nasce?
«È una storia particolare, come d’altronde lo è tutto il libro. Io sono giornalista, per me scrivere è come respirare, non posso farne a meno. Mi occupo di un blog (saporidelpiemonte.net) e di comunicazione per aziende dei settori vinicolo, agroalimentare, turismo ed economia che gira intorno a questi settori. Qualche anno fa leggendo un articolo per il mio blog feci questo titolo, “Romanzo delle tre righe” e me ne innamorai».
Come è diventato il titolo del suo libro?
«In questi anni ho scritto tante storie, ad un certo punto ho cominciato a metterle sui social e ho visto che piacevano moltissimo, prendevano un sacco di like. In tanti mi dicevano “perché non scrivi un libro?”, a giugno mi sono deciso. E mi sono ricordato di quel titolo che mi era piaciuto tanto: al romanzo stava benissimo».
Che tipo di storia è “Romanzo delle tre righe”?
«La trama è ambientata in un luogo e in un tempo indefiniti dove, in modo improvviso, si rincorrono voci di un imminente fatto di sangue. Attorno a questo fatto ruotano le vite, a volte grottesche, di personaggi bizzarri o consueti, inquietanti o disgraziati. Tutti in balia di un fato comune, di un destino inevitabile che li conduce, con accenni tragici, a una fine che sospende giudizi, amori e passioni. È in parte una storia di fantasia con riferimenti, persino poetici, alla realtà e in parte è anche il contrario».
I personaggi sono tantissimi, quanti sono?
«Sono quaranta e girano in questo paese senza tempo e senza luogo. In una storia che ruota intorno ad un presagio di morte che però, a differenza di Márquez, non si capisce fino alla fine se si tratta di un omicidio o di un incidente. Ogni personaggio è tratteggiato in modo particolare, hanno vite talmente grottesche da sembrare vere, perché la realtà supera la fantasia. Un personaggio per ogni pagina, fino alle ultime tre in cui si consuma quel presagio di morte nel quale si sveglia un intero paese. Per un finale clamoroso».
I personaggi hanno tutti due nomi e spesso sono molto curiosi ma reali: corrispondono a persone che ha conosciuto?
«Sì, i nomi corrispondono a persone che ho realmente incontrato durante la mia vita di cronista. I personaggi hanno tutti due nomi e un cognome e tutti, apparentemente, sono distanti gli uni dagli altri. Fino alla fine quando tutto si incrocerà».
Chi è il protagonista del libro?
«Non ce n’è uno solo, ce ne sono diversi. Anche se la decisione di uno di loro influirà sulle vite di tutti, con un effetto domino travolgente. Pure l’incipit del libro non è uno solo, ma ce ne sono sei, in ciascuno dei quali viene ritratto un personaggio, come in “Sei personaggi in cerca di autore”».
Márquez e Pirandello sono i suoi scrittori preferiti, per quale motivo?
«Li amo da sempre, sono stati dei geni. Ho letto tutto di loro. Ma non sono gli unici miei compagni di letture, io leggo e scrivo sempre. Sono appassionato di fantascienza, libri e film, e del genere letterario del realismo magico».
Il paese dove si svolge la storia non è localizzato, si intuisce che si tratti di un paese caldo: a quale zona si riferisce?
«Sicuramente la Sicilia di dove sono originario, ma anche i Caraibi in onore di Márquez».
Lei vive e lavora a Canelli, quanti anni aveva quando è arrivato in Piemonte?
«Avevo un anno e mezzo quando i miei genitori partirono da Piazza Armerina in Sicilia e vennero nell’Astigiano. Mio padre era muratore, aveva lavorato in Francia. Poi decise di raggiungere il fratello che aveva un’impresa a Canelli e siamo arrivati qui».
È rimasto comunque legato alla Sicilia?
«Ci andavo tutte le estati, è la terra delle mie vacanze, del mare, dei miei giochi spensierati. Non poteva non tornare con tutti i suoi profumi e sapori nel mio libro».
Nel romanzo ci sono riferimenti al suo lavoro di giornalista enogastronomico?
«No, non ci sono riferimenti, ma racconto di cibo e ci sono ricette che ricordano la Sicilia».
Ha in progetto altri libri?
«Ho cominciato a scriverne un altro, poi ho dovuto metterlo da parte perché sono stato molto impegnato nella presentazione e promozione di “Romanzo delle tre righe”. È lì nel cassetto, ogni tanto mi guarda come per dirmi: allora quando mi riprendi? Racconta di un omicidio efferato, questa volta esplicitamente ambientato in Sicilia. Il nodo è scoprire chi e perché ha compiuto un omicidio così brutale».