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L’opinione di Enrico Galiano e Paolo Crepet

«La scuola non è il posto dove si premiano i migliori: è quello dove si va a tirare fuori il meglio». «No, il merito è uno stimolo che spinge a puntare al massimo»

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IL FATTO
Con le deleghe del nuovo governo, è nato il ministero dell’istruzione e del merito. ne è seguito un dibattito sul ruolo della scuola: premi e punizioni oppure un percorso di crescita?

Da quando – con l’insediamento del governo Meloni – è spuntata la definizione di “Ministero dell’Istruzione e del Merito”, si è sviluppato un dibattito concettuale attorno al ruolo della scuola che ha spaccato l’opinione degli addetti ai lavori: da una parte i favorevoli alla sottolineatura del merito come criterio fondamentale da premiare e incentivare, dall’altra chi vorrebbe per la scuola un ruolo più umano, in grado di accompagnare i ragazzi nel percorso di crescita, senza incentivare competizioni.
Appartiene alla prima schiera il filosofo Paolo Crepet che rivolgendosi al sito formiche.net, sentenzia: «Il principio del merito è sacrosanto, sia per gli insegnanti che per i ragazzi. Per i primi perché li sospinge a migliorarsi nell’esercizio della loro funzione e per i secondi per acquisire la consapevolezza che la scuola – che forma davvero – è l’unico vero motore del Paese». Al contrario, l’insegnate e scrittore Enrico Galiano, ha altre certezze, consegnate a illibraio.it: «La scuola non è il posto dove si premiano i migliori: è quello dove si va a tirare fuori il meglio da ciascuno studente e studentessa». Anche perché, aggiunge: «Lo vogliamo capire che la scuola non è un posto dove si vanno a selezionare i migliori e che pensarla così è il modo più antidemocratico che esista?».
Il dibattito nei giorni scorsi si è ovviamente allargato anche al mondo del lavoro, con il segretario della Cgil, Maurizio Landini che ha preso posizione affermando: «La parola merito rischia di essere uno schiaffo in faccia a chi parte da una condizione di disuguaglianza». Ma a questo proposito, Crepet ha risposto con durezza: «I sindacati sono iper-conservatori, nell’accezione più nefasta del termine. Propalano un’idea pre-stalinista di scuola e dell’istruzione».
Fuori dall’agone politico, Crepet ha spiegato per quale motivo, secondo lui, sia giusto dare evidenza al “merito”: «Perché la scuola meritocratica è quella che serve al Paese. Per tanti motivi, ma per uno su tutti. Ben un terzo delle imprese italiane, al momento del cambio generazionale, è costretta a chiudere. E sapete perché? Perché i figli non hanno le competenze per portarle avanti. Questo non è uno scenario normale. Anzi, è un fenomeno sul quale avviare una riflessione profonda».
Ma Galiano, che come insegnante sa di cosa parla, ha spiegato per quale motivo questo approccio rischia di provocare danni: «Penso ai bambini e alle bambine dell’infanzia, o della primaria, che fin da piccoli mettono piede in un posto che fa capo al Ministero del Merito: e quindi vengono abituati fin da piccoli al concetto di premi e punizioni, se fai il bravo ti meriti questo e se non fai il bravo ti meriti quest’altro. Penso ai ragazzi e alle ragazze più grandi, che alle medie sono buttati nello tsunami della preadolescenza e hanno bisogno di tutto, di affetto, di ascolto, di calma, di bellezza, ma non certo di un Ministero del Merito».