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«Sport azzurro e Tartufo Bianco ecco l’Italia da oro»

«Nel nostro Paese il movimento sportivo vale quasi il 2,8% del Pil ed è un moltiplicatore di benessere: serve grande attenzione»

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Negli ultimi mesi, il nostro Paese – co­me del resto buo­na parte del pianeta – non ha avuto grosse occasioni per sorridere. La pandemia, prima, e la guerra in Ucraina, poi, hanno contribuito a creare un contesto piuttosto intricato. In tale complessità un raggio di sole – decisamente caldo e incoraggiante – è arrivato dal settore sportivo: nonostante anch’esso si trovi ad affrontare problematiche tutt’altro che semplici, lo sport tricolore ha primeggiato nel mon­do come non accadeva da tempo. Il trionfo degli atleti italiani sarà celebrato il 27 no­vembre alla Fiera Nazionale del Tartufo Bianco e dei Vini del Roe­ro di Vezza d’Alba, con la consegna del prestigioso Tartufo dell’Anno al numero uno del­lo sport azzurro, il presidente nazionale del Coni Giovanni Malagò. Noi di IDEA lo abbiamo intervistato.

Presidente Malagò, partiamo dall’“onda azzurra”: come van­­­no letti i tanti successi con­­­quistati dai nostri atleti ne­­gli ultimi dodici mesi?
«Come un segno di formidabile continuità. Un’eccellenza che proietta l’immagine mi­gliore del Paese nel mon­do. Nel 2021 abbiamo chiuso al se­condo posto per numero di podi olimpici, mondiali e continentali dietro solo agli Stati Uniti; quest’anno – in attesa dei riscontri delle ultime ma­ni­festazioni internazionali – sia­mo su livelli analoghi ma con l’incremento del numero di medaglie, primi in Europa, sinonimo di una competitività non casuale che si riflette nel talento delle nostre campionesse e dei nostri campioni, nel valore della nostra tradizione e nelle capacità di fare squadra tra Federazioni e Pre­parazione Olimpica del Coni. Siamo un modello ap­prezzato universalmente, fieri di non aver lasciato indietro nessuno, costruendo un percorso oriz­zontale e salvaguardando la nostra visione multidisciplinare. Una verità raccontata in modo nitido dall’edizione da record dei Giochi di To­kyo, con 40 medaglie in 20 sport diversi. Credo si cominci a percepire un’attenzione diversa, più accentuata e an­che partecipata rispetto a con­­­testi agonistici che prima non riuscivano a emergere co­­­me avrebbero me­ritato. L’im­­­pegno e la credibilità producono risultati e i successi creano un volano speciale in grado di estendere gli orizzonti e la prospettiva. Un se­gnale che premia l’eccezionalità del nostro esempio».

Quanto vale lo sport in Italia?
«Il nostro movimento vale, in chiave diretta e indiretta, cir­ca il 2,8% del Pil, è un moltiplicatore di benessere e positività, garantisce indotto, occupazione, turismo. In termini so­ciali, rappresenta un patrimonio inestimabile per le le­ve che sa azionare e per il ruo­lo educativo rivestito nei confronti della collettività. Gli ideali che costituiscono il no­stro architrave so­no illuminanti per co­struire una società mi­gliore e radicare una cultura virtuosa. Lealtà, rispetto, fair play ed eti­ca sono riferimenti non negoziabili nell’esercizio del no­stro impegno quotidiano al servizio dello sport».

Non mancano, però, i problemi. Che risposta si aspetta dal­la politica?
«Il momento è complesso a li­vello globale e le criticità si ri­flettono sul nostro mondo: pen­­so al discorso legato ai con­sumi energetici e alle problematiche connesse che in­ve­sto­no società e impianti. Pa­­ral­le­lamente ci sono situazioni normative che devono essere affrontate per evitare di generare una crisi senza ri­torno per le nostre associazioni e società, spina dorsale del sistema. Sono fiducioso: il nuo­vo Esecutivo darà allo sport l’importanza che merita e la creazione di un Ministero dedicato, con la scelta di una guida capace e preparata co­me An­drea Abodi, è la garanzia per intraprendere un percorso condiviso che sappia at­tri­buire la giusta dimensione al nostro movimento nelle politiche di sviluppo del Paese».

Anche il calcio italico zoppica. Dalla ipotizzata Superlega deriverebbero più vantaggi o svantaggi?
«Bisogna rimanere nel perimetro delle regole d’ingaggio: capisco le esigenze degli azionisti alla ricerca di percorsi chiamati a sistemare bilanci sempre più sofferenti, ma questo non vuol dire aggirare gli organismi e rivisitare le norme che regolano il sistema, semmai lavorarlo per ren­derlo più sostenibile, an­che nell’ottica di un equilibrio gestionale funzionale al raggiungimento di obiettivi a medio-lungo termine. Penso che la Champions League as­solva la funzione immaginata: è sufficiente os­servare il divario in termini di ricavi che si genera tra chi partecipa e chi non ha accesso alla competizione. La nostra stella po­lare, in questo senso, è il Co­mitato Olimpico Interna­zio­nale: non ci si qualifica ai Gio­chi attraverso la partecipazione a tornei e campionati non riconosciuti».

Chiudiamo con due domande locali. Quale grande evento sportivo vedrebbe bene in pro­­vincia di Cuneo?
«L’entusiasmo, la vocazione sportiva e la progettualità pos­­sono portare lontano. Ci so­no molteplici percorsi da intraprendere per immaginare di organizzare manifestazioni im­portanti sul territorio, serve so­lo coordinare le for­ze in modo coerente, consapevoli di doversi affidare a una visione globale, che vada ol­tre il semplice evento. È fon­­damentale un gio­co sinergico tra organismi sportivi ed enti locali nella logica di promozione del movimento co­me vettore di crescita per la comunità e fondamentale le­va di sviluppo generale».

Sarà premiato a Vezza d’Alba. Co­no­sce le colline Unesco?

«Parliamo di luoghi incante­vo­­li, di paesaggi vitivinicoli dall’innegabile valore culturale, espressione di una tradizione rinnovata nel tempo, capace di dare voce alle po­ten­zialità del territorio impreziosendone e tutelandone il pa­trimonio. Sono orgoglioso di ricevere questo riconoscimento a nome dello sport italiano: il tartufo è un’eccellenza che si sposa bene con le prerogative del mondo che mi onoro di rappresentare».