Lasciare un segno che valga anche come simbolico omaggio verso tutto un territorio, fatto di persone e di ideali. Contribuire a consolidare una rete culturale connessa con le attività diffuse su questa stessa area. Con tali premesse è nata la Fondazione Mancini Carini, fusione di intenti realizzata armonicamente dalla dottoressa Marta Mancini, odontoiatra e presidente della nuova realtà assieme a suo marito, l’ingegnere PierPaolo Carini, vicepresidente che ad Alba (e non solo) è conosciuto per essere l’amministratore delegato di Egea.
«L’idea della Fondazione – ha raccontato Marta Mancini – è nata qualche tempo fa, dopo un incontro con amici con cui condividiamo la passione per l’arte e la letteratura. In uno di questi incontri mi sono ricordata dell’acquisto, che avevo fatto in precedenza, della prima edizione di “Ossi di Seppia” di Eugenio Montale, con dedica autografa del grande poeta. Il volume di poesie ha acceso in noi l’idea di far nascere la Fondazione con lo scopo di riconoscere e valorizzare l’ambiente in cui viviamo, e l’intelligenza delle persone che lo abitano, nelle varie forme espressive».
L’attività della Fondazione Mancini Carini è stata inaugurata al Castello di Perno, luogo davvero speciale per collocazione geografica e per attitudine culturale, dove si sviluppa il progetto editoriale e l’omaggio espositivo dedicato a Giulio Paolini, artista concettuale apprezzato negli ambienti internazionali e vincitore del prestigioso Praemium Imperiale per la pittura nel 2022.
Nato a Genova nel 1940, Paolini fin da subito ha scelto di abbracciare l’arte concettuale e ancora giovanissimo ha partecipato a numerose esposizioni del gruppo dell’Arte Povera. Ma rispetto a quel manipolo di artisti piemontesi, Paolini ha saputo mantenere una propria originale ricerca. Ha preso parte a occasioni espositive tra le più rinomate, con svariate partecipazioni alla Biennale di Venezia, alla Documenta di Kassel, alla Biennale di San Paolo, a quella di Parigi, oltre che a diverse mostre collettive e personali in alcuni dei musei più importanti del mondo. Una lunga e prolifica attività espositiva che lo conferma come uno dei maestri più influenti del panorama italiano e non solo.
La mostra, curata da Paolo Repetto e The Musketeers, ha visto collaborare la nuova Fondazione Mancini Carini con il Castello di Perno Arti Contemporanee e con la Fondazione Giulio Einaudi; sarà aperta fino al 19 novembre. E intanto il progetto ha fatto la sua apparizione anche ad Artissima, la fiera evento d’arte che si è svolta con grande successo di pubblico durante lo scorso weekend a Torino: presentata l’opera “O.D.E”. acronimo che sta per Occhiali di Einaudi, realizzata da Paolini in occasione del centenario della nascita dell’editore, dieci anni fa. C’è un intreccio di trame culturali e di vita alla base del progetto: i contatti professionali e non solo intercorsi tra Giulio Paolini, Giulio Einaudi e lo scrittore Italo Calvino. Tra l’altro proprio il castello di Perno fu, per diversi anni, sede operativa della storica casa editrice torinese fondata da Giulio, figlio del primo presidente della Repubblica, Luigi (che nacque a Carrù). Il palazzotto che domina le colline di Monforte d’Alba, oggi di proprietà dell’avvocato Gregorio Gitti, ha anche un valore simbolico molto forte proprio per il ruolo che svolse negli anni Settanta, quando divenne il punto di ritrovo di buona parte dell’Intellighenzia di quel periodo, con gli intellettuali della casa editrice “dello Struzzo” che si ritrovavano in quelle nobili stanze, davanti a un bicchiere di vino rosso, per decidere quali autori dovessero essere pubblicati. E nell’arredo del castello ci sono numerosi dipinti di pregio, ad esempio “Le fumatrici di hascish” di Gaetano Previati e un disegno di Giorgio De Chirico, oltre a tappeti, mobili antichi, migliaia di volumi della casa editrice torinese e di altri editori.
I grandi nomi della letteratura sono tutti presenti. E proprio il già citato Calvino è un autore amatissimo da PierPaolo Carini: «Un filo conduttore in più. Così come il legame con questa terra: la mia famiglia è originaria dell’Emilia, quella di mia moglie della Lombardia. Entrambi siamo stati accolti benissimo da Alba e dalle Langhe che, tra i punti di forza, hanno anche questa capacità: ti accolgono e ti mettono nelle condizioni di sviluppare le tue capacità. Ora cerchiamo di portare in cambio valore, tenendo vivo il dialogo con il territorio, io lo faccio già con l’attività di Egea. Mia moglie quotidianamente con il suo lavoro che la porta a contatto con tanti giovani. La Fondazione ci permette di dare forza alla rete per far girare cultura, una questione di cuore e consapevolezza».