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l’autobiografia di Tim Burton in una serie tv

Il regista dirige “Mercoledì” per Netflix e rivela gli aspetti oscuri della sua vita: «Ho avuto gli stessi problemi relazionali vissuti dalla mia protagonista»

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Un regista tra i più difficili da classificare, un’accoglienza degna di una rockstar. Segno che Tim Burton è molto, molto amato dai suoi fan. Lo si è visto nei giorni scorsi al Lucca Comics & Games, quando appunto l’autore di “Edward mani di forbice” ha salutato, al suo arrivo, la folla che lo acclamava calorosamente. L’occasione è stata creata da Netflix, che ha voluto in Italia – per un’anteprima europea – l’autore della nuova serie “Merco­ledì”, otto episodi che partiranno il 23 novembre e che sono dedicati al personaggio della ragazzina della lugubre famiglia Addams. Un contesto a lui congeniale, tra horror e bizzarro, tra sarcasmo e paura. E non solo: «Merco­ledì sono io», ha spiegato senza mezzi termini. «Mi sono sempre sentito come Mercoledì e avrei potuto benissimo essere lei. Avevo lo stesso punto di vista in bianco e nero. È stata sempre rappresentata come una bambina, ma a me interessava vedere come reagisse a scuola, con gli insegnanti o in terapia…».

La serie originale dedicata alla famiglia Addams è stata creata negli anni ’30 da Charles Addams in versione fumetto, trovando tante interpretazioni su piccolo e grande schermo. Ovviamente Burton ne è stato un fan: «Sono cresciuto guardando la serie ma soprattutto leggendo i fumetti». Quindi per lui la trasposizione in serie tv, anche se di un personaggio in particolare della famiglia, è stato qualcosa di più che un semplice lavoro. Si è calato perfettamente nell’argomento, lo ha vissuto in prima fila. «La famiglia Addams è un po’ l’emblema della famiglia strana. Come in fondo lo sono tutte le famiglie. E se pensiamo che quasi tutti i bambini sono imbarazzati dai genitori, immaginatevi avere Mor­ticia come madre: ti manderebbe fuori di matto».

Burton ha poi ammesso di aver trascorso almeno metà della sua vita alle prese con problemi mentali, dovuti alle difficoltà legate alla crescita e alle relazioni sociali. Tematiche che ritornano puntualmente in ogni sua opera e nelle quali si riconosce non a caso il pubblico più giovane. «Mercoledì è una fonte di ispirazione. Lei è chiara, netta, dice sempre quello che prova e questo la porta a mettersi nei guai. Però ha anche una forza silenziosa e semplice che ritengo molto importante».

La trama racconta di come la protagonista, dopo un “incidente” a scuola, venga iscritta dai genitori (Catherine Zeta Jones è Morticia, mentre Luis Guzmàn è Gomez) alla scuola che già loro avevano frequentato. Si tratta della Nevermore Academy, luogo deputato all’educazione di “mostri e reietti” che – nella finzione mescolata alla realtà – avrebbe annoverato tra gli studenti del passato un campione di letteratura del mistero come Edgar Allan Poe. Per la ragazzina è l’occasione di conoscere personaggi bizzarri ma anche di indagare su una serie di inspiegabili omicidi.

Il cast riserva una serie di sorprese gradite soprattutto agli appassionati del genere, co­me ad esempio Christina Ricci, ovvero l’interprete di Mercoledì nei precedenti film sulla famiglia datati 1991 e 1993 che stavolta è una professoressa dell’istituto. «Mercoledì va in una scuola di reietti e si sente così, una di loro – spiega Burton -. È proprio quello che ho provato nella mia vita nei confronti della scuola, dei genitori e degli altri».