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«Alleanza solida: la Granda saprà crescere ancora»

Giovanni Quaglia, oggi presidente della Fondazione Crt, analizza il momento socio-economico rapportato alla provincia di Cuneo: «Il contesto è complesso, ma questo territorio ha sviluppato qualità straordinarie. L’importante è continuare a correre tutti insieme»

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Giovanni Quaglia (Foto Nicoletta Quaglia)

Alleanza è un termine dalle sfumature antiche, oggi un po’ trascurato, specie nella sua declinazione più locale. Non da Giovanni Quaglia, presidente della Fondazione Cassa di Ri­sparmio di Torino, che la sceglie come “parola chiave” quando tratteggia – per l’intervista con IDEA – il futuro della Granda. Proprio quel­la Granda che, nel ruolo di presidente provinciale, ha guidato, con entusiasmo e passione, dal 1988 al 2004.

Quaglia, dal suo osservatorio “privilegiato” come vede la provincia di Cuneo?
«Vedo, con piacere, una provincia capace di preservare le peculiarità che ha acquisito nel tempo. Penso, prima di tutto, al rispetto delle istituzioni, un elemento fondamentale senza il quale non si va da nessuna parte. Poi, cito l’alleanza che hanno saputo stringere le istituzioni, il mondo delle imprese, o business communities che dir si voglia, e la società civile organizzata, con in testa gli enti del terzo settore, le organizzazioni professionali, le fondazioni di origine bancaria, eccetera. Si tratta di una capacità di fare squadra davvero unica, anche perché guarda sempre al futuro. Infine, evidenzio il grande equilibrio che si riscontra tra il Settore Primario, quello Se­condario e il Terziario, una sorta di Terza Italia, come l’avrebbero definita i sociologi degli anni Settanta, in cui ciascun ambito cresce e si sviluppa in armonia con gli altri».

Come si è giunti alla svolta?
«Quando si è capito che bisognava superare i campanilismi. Es­sere affezionati alla propria co­munità è positivo e molto im­portante, ma in parallelo occorre raccordarsi costantemente, in maniera positiva, con le altre comunità che costituiscono il territorio. La bravura degli am­ministratori locali cuneesi è stata proprio quella di riuscire a trasformare gli elementi po­tenzialmente conflittuali in au­tentiche risorse da mettere in co­mune. Sono le sinergie su cui si basano le alleanze che citavo pri­ma. Questa straordinaria capacità di fare sistema si tocca con mano in diverse situazioni, a partire dagli eventi, che ormai non rappresentano più le eccellenze di una città sola ma quelle di un territorio intero».

Qual è il ruolo delle imprese?
«Le imprese della Granda – non faccio nomi, perché l’elenco sarebbe lunghissimo – hanno nel loro Dna la propensione a creare valore so­ciale, ovvero valore condiviso, parafrasando Porter e Kra­mer. Gli imprenditori cu­neesi sono chiaramente attenti al profitto, all’andamento e al va­lore economico delle loro imprese ma, in parallelo, si prendono cura dei territori, delle loro comunità».

Cosa rappresenta invece il comparto del volontariato?
«È una componente altrettanto straordinaria, una vera e propria eccellenza. Ci sono volontari meravigliosi in ogni settore, da quello sociale a quello ospedaliero e assistenziale, passando per l’ambito sportivo e quello di Protezione Civile. Noi, come Fondazione Crt, assieme alle altre fondazioni bancarie del territorio, cerchiamo di alimentare tale vivacità. Senza questo “esercito della solidarietà” la provincia di Cuneo non sarebbe potuta diventare ciò che è oggi».

In Granda, insomma, ci sono persone uniche, come il ca­valiere Amilcare Merlo. Che ri­cordo conserva di lui?
«Ho avuto l’opportunità di conoscere e apprezzare la figura di Amilcare Merlo soprattutto negli anni in cui ero presidente della Provincia di Cuneo. Abbiamo avuto l’oc­casione di confrontarci diverse volte, nei vari mo­menti “forti” della vita della comunità provinciale».

C’è un episodio che l’ha colpita in particolare?

«Ho avuto modo di apprezzare Amilcare Merlo nel­l’am­bito del rilancio dell’aeroporto di Cuneo Leval­digi: lui era legatissimo a questa im­portante infrastruttura e ha dato un contributo fondamentale. Ma, come dicevo, sono tantissime le situazioni vissute assieme che ricordo con grande affetto. Penso, ad esempio, all’emozionante ce­ri­­monia, nel novembre del 2020, durante la qua­le il Polite­cni­co di To­rino conferì al ca­valiere Merlo la meritatissima laurea honoris causa in In­ge­gneria Meccani­ca. In ge­nerale, ho sempre ap­prez­zato il suo approccio positivo e coraggioso, tratto di­stin­tivo di un grande im­pren­ditore che ha guardato costantemente al fu­turo e al mondo, restando però profondamente legato alla sua terra d’origine. È stato e resterà per sempre uno dei migliori simboli del tanto citato “modello Cu­neo”. È stato e sarà un esempio per le nuove generazioni. Questo perché ha sa­puto creare valore sociale, oltre a quello economico».

Quali altri esempi esprimono al meglio la “cuneesità”?

«L’Acquedotto delle Langhe: grazie alla lungimiranza di di­versi amministratori lo­cali ha permesso di trasportare l’acqua limpidissima che sgorga dal traforo ferroviario del Tenda fino alla Langa assetata. Un’infrastruttu­ra cruciale per lo sviluppo del territorio, for­se ancora più im­portante di un’altra opera che speriamo di vedere presto conclusa: l’Autostrada Asti-Cuneo».

In tutto questo, che peso ha la cultura?
«Il contributo della cultura è preziosissimo. Prendiamo, ad esem­pio, il mondo della scuola, che ha diverse eccellenze, a partire dal Campus universitario di Cuneo, dalla sede di Mondovì del Politecnico di Torino e dalle diverse realtà di formazione professionale: sono stato insegnante e dirigente scolastico e posso affermare con certezza che le persone che, in provincia di Cu­neo, operano in tali ambiti sono serie, preparate, dedite alla cau­sa e pronte ad affrontare le sfide dell’innovazione. Troppo spesso, purtroppo, queste figure non sono valorizzate come meriterebbero, ma sono essenziali per la costruzione del futuro».

Cultura è anche quella che ha portato i paesaggi vitivinicoli di Langhe, Roero e Monferrato a es­sere riconosciuti patrimonio mondiale dell’umanità. Il 26 no­vembre, a Santa Vit­toria d’Al­ba (Confrater­ni­ta di San Francesco, via Roma 1, ore 17,30), riceverà il premio na­zionale “Terre, lavoro e pae­saggio”. Un commento?

«Sono onorato del riconoscimento: ringrazio Roberto Cer­ra­to per aver pensato a me. La solidarietà, la capacità di aiutarsi a vicenda, il culto del lavoro sono aspetti che derivano dalla cultura vitivinicola, dalla nostra cultura tipicamente contadina. Dob­­bia­mo con­tinuare a farci guidare dai va­lori della terra».

Dalle sue parole emerge tanto ottimismo. Intravede un futuro roseo per la Granda?

«Il mio non è un ottimismo di facciata, deriva dalla passione che ho per la provincia di Cuneo e dalla fiducia che ho verso la comunità cuneese, le sue istituzioni, le sue organizzazioni, le sue imprese, i suoi giovani. Tutto ciò nonostante le difficoltà del momento. L’im­portante è che non venga meno l’alleanza di fondo e che si continui a procedere uniti. Perché, come mi piace ribadire spesso, da soli si può anche correre, ma solo insieme si può andare lontano».