E’ un territorio “umanista”, così come la nuova visione del Rotary Club Canale-Roero: che, sotto la guida del presidente in carica Sergio Sordo, pare aver avviato un vero e proprio ciclo “di contenuto” legato alla letteratura, intesa anche come riscoperta della Sinistra Tanaro (ma anche della Sorella Langa) nel filtro delle parole e della scrittura.
Così in occasione della serata “fenogliana” andata in scena in ottobre, grazie alla collaborazione con il Centro Studi del grande scrittore albese: ma anche con iniziative quali “Noi dopo di voi”, nelle scuole, con tanto di donazione e timbratura dei libri donati agli alunni del Roero.
Del resto: «A noi piace molto l’idea del libro stampato, nel nostro piccolo cerchiamo di promuovere i libri, la lettura», ha commentato la stessa vice di Sordo, Rossella Costa, nell’incipit della conviviale tenuta martedì scorso presso il ristorante Miralanghe di Guarene.
Un evento, tante sfaccettature: «Quello di stasera è il secondo incontro letterario, dopo quello su Beppe Fenoglio: incontriamo cinque scrittori del territorio, intervistati dal professor Valter Boggione, docente universitario di rango, che è un orgoglio per il territorio», ha commentato lo stesso leader rotaryano, lasciando poi la parola all’eccellente accademico albese, perfetto moderatore di una serata che ha posto al centro della scena ben cinque autori attivi tra le colline e le sponde tanareidi.
Così il conduttore della memorabile tavola rotonda di martedì: «Parliamo di letteratura nelle Langhe, ma anche del Roero: per scoprire che ci sono più scrittori che ristoranti, già a partire dal ‘500 con Girolamo Pansa, per poi proseguire nell’800 affermando un certo senso di appartenenza e di identità verso i luoghi. La stessa Langa è un’invenzione letteraria, per certi versi: tenendo conto di come il Casalis, negli annali di Casa Savoia, poneva Alba come città del Monferrato».
Citazioni coltissime, ma espresse in un linguaggio alla portata di tutti: con un interessante e moderno riferimento Ferdinando Bosio, uno dei più stretti collaboratori del Ministro Coppino, raccontava nel suo romanzo “arricchito” un territorio che pareva trasportato già nell’800 sulla linea di Carlin Petrini, pronto a narrare le qualità dell’area, i suoi prodotti.
Accelerate profonde: «Poi nel secondo Novecento, l’importanza letteraria della nostra zona dilaga. Carlo Brandi, originario di San Benedetto Belbo, descrive con sonetti carducciani i diversi paesi delle Langhe: poi Augusto Monti, insegnante di Pavese, autore dei “Sans Sossì” che rappresenta questa terra in modo non tanto legato ai luoghi, quanto le persone, spesso in miseria, ma senza preoccupazioni o affanni. Appunto, “Sans Sossì”. Monti di pone come un Omero delle Langhe, ironico e curioso: tutto diverso dal suo allievo Pavese, il cui ritorno nella zona di origine si rivela fallimentare, e si conclude con una nuova partenza per le passerelle nel mondo. E non nomina mai il paese, i luoghi, le persone. Prima di Pavese, era la “Langa”, da lui identificata come una vera e propria “Madre Terra”».
La modernità, e l’introspezione: «In Fenoglio, si cerca invece di recuperare il rapporto tra le persone e luoghi: in questo senso, a differenza di Pavese, si sviluppa una vera e propria “liturgia dei luoghi” ed è pervaso da un fortissimo senso di radicamento con il territorio, in cui c’è il mito del Paradiso Perduto, della “caduta”, e non a caso due personaggi fondamentali si chiamano Johnny e Milton».
Il tutto, sino a Giovanni Arpino, per cui -secondo l’autorevole versione di Boggione- la natura che lui rappresenta è disordinata, ma con un’enorme forza vitale: e con menzioni ad hoc per Franco Piccinelli, Nico Orengo, Gianni Farinetti.
La parola è poi passata agli autori invitati: dando l’assist alla socia del Club Franca Benedusi, ispiratrice dello stesso premio “Noi dopo di voi”, che iniziò la sua carriera di scrittrice da una proposta di un editore conosciuto alla presentazione di un libro a Cengio, il quale le suggerì di scrivere una serie di racconti ambientati nelle Langhe. Una nuova vita iniziata come in gioco, proseguito come tale.
«E non volevo pubblicare nemmeno il mio primo libro -ha precisato la Benedusi- perché fatto di racconti e ricordi troppo profondi e personali, mi pareva di buttare al pubblico i miei sentimenti, in storie tutte ambientate tra gli Anni ’50 e ’60 a Lunetta, luogo dell’anima, che è una frazione di Mombarcaro».
Notevole anche l’intervento dell’altra socia Patrizia Deabate, saggista e vincitrice del premio “Acqui Storia” nel 2019, dopo dieci anni di ricerca sull’epopea di Benjamin Button dalle nostre colline ad Hollywood, nel film reso celebre (anche) dall’interpretazione di Brad Pitt: «Lo stesso soggetto era stato al centro di una novella crepuscolare di inizio 900. Sembrava una ricerca breve, ed invece si è evoluta sino a Fitzgerald».
Poi, voce al vigneron ed autore Gianni Gagliardo, che di libri ne ha scritti ben tre, iniziando già da ragazzo. «Ma il primo approccio alla scrittura nacque da un periodo vissuto… in una foresta di eucalipti. Era “Scaglie”, perché raccontava cose che non lo rappresentavano più. E venne stampato da uno che si spacciò per editore, ma era in realtà un tipografo, convinto che facendogli comprare tutte le copie, lui le avrebbe rivendute con il suo vino. Cosa che non avvenne: in realtà non ci fu nemmeno una presentazione. Il secondo libro era stato poi frutto dei tempi morti di viaggi tra continenti, storie di fatti e di persone incontrate nel mondo. E fu “Sulle ali del Barolo”, scritto in gran parte sul telefono, e poi promosso da Aldo Cazzullo: lo presentammo da Marzullo, a Uno Mattina, addirittura ne vendemmo tante copie, vinsi con questo volume il premio Cesare Pavese…che consisteva in una montagna di vino».
E l’ultima fatica letteraria, “I segreti della Langhe”? «E’ stato proprio il frutto di una conversazione telefonica con lo stesso Cazzullo, sul “perché” in un luogo piccolo come le Langhe ci siano tutte queste cose straordinarie: e io sono un Roerino assoluto, doc. La percezione di chi vive qua, vista da fuori, è che sia un mondo perfetto».
Scena aperta, poi, per Beppe Malò, giornalista giunto alla sua prima opera pochi mesi fa: «”Quattro passi tra le foglie della mia vita” è il mio primo libro, e rappresenta il pagamento di un debito, o un dialogo con uno psichiatra invisibile. Perché ciascuno di noi ha un passato con cui ha un rapporto privilegiato, interiorizzato e maturato, filtrato a volte tra esperienze spesso difficili. E l’occasione per incontrarlo di nuovo è stata l’epoca del Covid, grazie all’elemento del tempo. Tra le immagini delle Langhe e le parole, emerse a tarda notte, con la compagnia del mio gatto. E sono contento che il libro sia stato classificato come “inclassificabile”, perché romanzo di formazione, volume fotografico, agenda di viaggio: l’autunno nel paesaggio più bello del mondo».
Gran finale con il giallista Mauro Rivetti: «Quello che scriviamo oggi, da oggi diventa già storia, e un modo per raccontare i nostri tempi, i nostri luoghi. In “Colline Rosso Sangue”, il territorio aiuta a smorzare i toni noir della narrazione». E anche a darne un tono “dolce”: dal momento che dalle sue storie è nato con il tempo anche un prodotto di pasticceria realizzato dalle mani del canalese Beppe Sacchero, la “Ro-La”, che coniuga i sapori di Roero e Langa: «Un dolce talmente innovativo, che gli amministratori non lo hanno capito».
Paolo Destefanis