Nel 2022 si celebrano i trent’anni di attività per la Fondazione Crc. Abbiamo chiesto al presidente Ezio Raviola, in carica dallo scorso aprile, di tracciare un primo personale bilancio. «Spetta al territorio valutare il nostro operato, ma dal mio punto di vista è molto positivo – ci ha detto -. Il presupposto è la ricorrenza dei nostri 30 anni, nel corso dei quali la Fondazione Crc ha deliberato interventi sul territorio per più di 600 milioni, per un totale di 35 mila progetti sostenuti. Ma l’aspetto più importante riguarda il cambiamento di pelle avvenuto in questi 3 decenni di attività. Le fondazioni oggi sono considerate un’interfaccia fondamentale per la crescita socio-economica della comunità. Il ruolo strategico che oggi esercitano è quello di essere un volano capace di diventare moltiplicatore di risorse per lo sviluppo delle nostre comunità. Diversi sono i progetti e le iniziative messe a terra che dimostrano questa funzione fondamentale delle Fondazioni».
Come ad esempio la recente Asta del Barolo?
«Barolo en Primeur al suo secondo anno ha avuto impatto sociale importantissimo. Siamo andati in diretta con New York e in tutto il mondo, oltre che sul territorio, partendo da uno scopo benefico che ha portato 834mila euro distribuiti a diverse associazioni no profit non solo italiane, ma in tutto il mondo. Un fatto importante. E non solo: va sempre ricordato che la Fondazione aveva acquistato la Vigna Gustava per la Scuola Enologica, che quest’anno è stata beneficiaria dei lotti privati dell’asta: 70 aziende hanno donato le loro bottiglie di Barolo e Barbaresco e il ricavato di questa parte è andato appunto alla scuola, in linea con lo scopo di usare la vigna come terreno di formazioni per gli studenti. Parliamo di una scuola da cui sono già usciti i migliori enologi oggi attivi in campo internazionale».
Le fondazioni sono oggi uno degli strumenti più efficaci per combattere la crisi?
«Il nostro non è un intervento diretto a favore delle attività economiche, però i 38 milioni erogati quest’anno a favore del territorio, in particolare a sostegno di progetti sull’innovazione delle filiere e sullo startup d’impresa sono un esempio tangibile della nostra azione. Così come lo sono le diverse iniziative e progetti promossi dalle associazioni di categoria, che sosteniamo attraverso i nostri bandi».
La cultura e l’educazione sono tre le principali leve della vostra attività?
«Per noi rappresentano due settori d’intervento tra i più importanti e previsti a livello statutario. Per quanto riguarda la cultura, ricordo la mostra “I colori della fede a Venezia. Tiziano Tintoretto Veronese”, tutt’ora in corso, che ha portato a Cuneo, grazie alla collaborazione con Intesa Sanpaolo, cinque pale d’altare di alcuni dei migliori artisti del ‘500 da cinque diverse chiese di Venezia. Opere che mai erano uscite assieme per una mostra. Un’opportunità da non mancare, aperta fino al 5 marzo presso il Complesso monumentale di San Francesco a Cuneo. In campo educativo, sono particolarmente orgoglioso di aver portato a compimento il Rondò dei Talenti a Cuneo. Si tratta del più significativo intervento promosso e gestito in proprio dalla Fondazione, esempio di riqualificazione urbana che ha restituito alla comunità cuneese un fabbricato alle porte della città, diventato oggi un nuovo polo educativo e formativo aperto a tutti. Abbiamo appena avuto i dati di settembre e ottobre: più di 5 mila persone al mese frequentano la struttura, ci sono oltre 100 ragazzi che tutti i giorni studiano, crescono e sviluppano i loro talenti. E abbiamo in programma altre iniziative che partiranno a breve, ulteriori impulsi per dare nuova energia a questo polo».
Altri progetti in cantiere?
«Abbiamo appena deliberato e illustrato agli interlocutori del territorio il piano operativo 2023, che prevede le erogazioni per 22 milioni di euro, ma posso anticipare che presto arriveranno a 26 milioni, grazie a prossimi significativi introiti assicurati dalle scelte di investimento patrimoniale, come Intesa Sanpaolo: da pochissimi giorni abbiamo ufficializzato la scelta strategica di incrementare la nostra partecipazione nella banca conferitaria. Arrivando da due anni di pandemia e in questo momento di guerra che ha già turbato i mercati acuendo la crisi, la capacità della Fondazione CRC di produrre valore da distribuire sul territorio è una risorsa preziosissima per la nostra provincia».
Qual è il progetto che le sta più a cuore tra quelli già avviati?
«Diciamo che Barolo en Primeur resta un’operazione che ci ha regalato grandissima soddisfazione e sono certo che anche in futuro sarà così. Puntiamo molto sul Rondò dei Talenti, perché quello è il luogo dove si può dare un futuro ai nostri giovani. Avere una struttura dove potersi incontrare, studiare e dove capire il proprio talento, farlo crescere, è qualcosa di unico. Un modello che oggi è preso ad esempio e che verrà replicato anche all’estero, in Spagna e Polonia. È un nostro progetto che prende sempre più quota e sono convinto che sarà qualcosa di speciale per la Fondazione: nei prossimi anni sarà il nostro fiore all’occhiello da portare in giro per il mondo».