Inalpi, la nota e apprezzata azienda lattiero-casearia di Moretta, fa da sempre dell’attenzione al territorio uno dei pilastri sui cui fonda la propria vita aziendale.
Una volontà ribadita più volte, che si è espressa nella concretizzazione di importanti progetti di inclusione lavorativa, alcuni dei quali realizzati in collaborazione con la Comunità Papa Giovanni XXIII, che ha condotto negli ultimi dodici mesi all’inserimento, sempre in apprendistato, di tredici soggetti richiedenti o beneficiari di protezione. Percorsi di attenzione per dare valore al proprio essere azienda che va oltre il mero guadagno e che vuole essere testimonianza di una presenza attiva e fattiva nell’area in cui opera.
Questo cammino dall’enorme valore sociale è stato riconosciuto anche dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite, che ha attribuito a Inalpi, nel 2019 e nel 2021, il Premio Welcome, in qualità di impresa impegnata nell’integrazione lavorativa.
Ed è con lo stesso spirito di condivisione e supporto che Inalpi ha sostenuto il recente viaggio di 300 volontari del Sermig – il Servizio Missionario Giovani fondato a Torino nel 1964 -, accompagnati dal fondatore Ernesto Olivero, che sono stati accolti, sabato 7 gennaio, in udienza privata da Papa Francesco. Si è trattato di un supporto concreto, che ha portato l’azienda a mettere a disposizione dei partecipanti i bus per il viaggio e un goloso “welcome kit” all’insegna dei gustosi e genuini prodotti Inalpi.
L’iniziativa, che ha permesso di condurre dal Pontefice anche 40 ragazzi che abitano nel quartiere di Porta Palazzo (dove ha sede l’Arsenale della Pace), è stata inoltre l’occasione per condividere un momento comunitario in piazza San Pietro, con la celebrazione della Santa Messa.
Inalpi ha quindi aperto il 2023 nel segno di un cammino che la vede impegnata in un grande progetto di responsabilità sociale a favore del territorio e della sua comunità. Ne abbiamo parlato con il presidente del Cda, Ambrogio Invernizzi.
Presidente Invernizzi, com’è nata l’iniziativa a favore del Sermig?
«Conosco personalmente Ernesto Olivero e sono stato diverse volte in visita al Sermig. Come azienda, sosteniamo questa importante realtà tutto l’anno consegnando, quando ci vengono richiesti, i nostri prodotti, che vengono poi distribuiti alle migliaia di persone a cui il Sermig dà accoglienza. Ernesto ci aveva parlato di questo invito da parte di Papa Francesco e del fatto che avesse bisogno di organizzare il viaggio in Vaticano: così abbiamo deciso di contribuire concretamente, mettendo a disposizione i bus necessari, in modo da rendere possibile l’iniziativa».
Cosa prova quando incontra chi è accolto dal Sermig?
«Il Sermig fa comprendere che la Divina Provvidenza esiste e che da un’idea di poche persone volenterose e determinate possono nascere cose immense. Qualcosa di buono nel mondo c’è, eccome. Sono messaggi positivi che danno fiducia e invitano a procedere con speranza».
Lo stesso vale anche parlando della Comunità Papa Giovanni XXIII…
«Sì, collaboriamo con loro inserendo nella nostra azienda persone che nella loro vita hanno dovuto affrontare situazioni drammatiche: si tratta di vittime della tratta, di profughi e, in generale, di donne e uomini con storie davvero terribili. Con il nostro progetto – che è stato premiato anche a livello internazionale dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite -, tutte queste persone vengono aiutate a integrarsi nelle nostre comunità attraverso il lavoro. L’iniziativa sta dando frutti: diverse persone inserite oggi sono state assunte da Inalpi a tempo indeterminato, cosa che ha permesso loro di costruirsi una nuova vita».
Il lavoro, dunque, come strumento di integrazione.
«È una delle chiavi. Il lavoro rende l’integrazione realmente possibile. Questo perché lavorare insieme nella stessa azienda, con gli stessi obiettivi e facendo squadra, aiuta ad affrontare le diverse situazioni che possono presentarsi e a superare eventuali, reciproche diffidenze».
Insomma, Inalpi vuole proseguire la sua crescita nel segno della sostenibilità…
«Assolutamente sì. Il territorio, con la sua comunità e le sue persone, ci ha dato e ci dà molto. Alla luce di ciò, la nostra famiglia ritiene opportuno restituire al territorio quanto ricevuto. In questo modo, possiamo alimentare un circolo virtuoso che crea valore a livello economico, sociale e ambientale. È così che possiamo contribuire a migliorare la nostra società».