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«Beppe ci avvicina a chi lotta per la libertà»

Bianca Roagna, direttrice del Centro Studi, esalta il valore universale di Fenoglio: «I giovani siano partigiani»

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L’identikit del fenogliano Doc coincide con il volto di Bianca Roa­gna, la direttrice del Cen­tro Studi Beppe Fenoglio. Oltre a una conoscenza esemplare dello scrittore e partigiano albese, sa trasmetterne pienamente il messaggio. Ma con «Beppe», come lo chiama con affetto, ci sono stati anche momenti complicati.

Roagna, chi è per lei Beppe Fenoglio?
«Mia mamma, sul comodino, teneva “I ventitre giorni della città di Alba” invece della Bibbia. Di mio nonno, invece, si diceva che avesse un fisico “alla Fenoglio”: magro, alto, un po’ incurvato, silenzioso e con quel sorriso tipico delle persone che hanno un’ironia tagliente. Sono cresciuta con questo imprinting: vedevo Beppe quasi come una sorta di nonno-mito».

E dopo?
«Dopo è successo che alle superiori, per “colpa” della “Primavera di bellezza”, ci ho “litigato”: quel finale proprio non mi andava giù».

Deve poi aver fatto pace…
«All’Università, con la tesi sulla Resistenza».

E oggi?
«Da quando ho avuto la fortuna di arrivare al Centro Studi, il rapporto con lui è diventato viscerale».

Lei cosa apprezza di più della sua scrittura?
«Fenoglio, citando Gianmaria Te­sta, è un grande scrittore, come Van Gogh è un grande pittore, perché rende il particolare universale. Leggendolo possiamo sentirci più vicini alle donne iraniane, a chi si batte per la libertà, per i diritti, per l’ambiente. E, peraltro, lo stesso Beppe è stato libero fino alla fine, in tutto e per tutto».

Lo chiama spesso per nome: co­me mai tanta confidenza?
«Ciascuno di noi fenogliani ha un rapporto intimo con lui. È un legame che va ben oltre il grande ex­ploit degli eventi del Centenario. È una continua “questione privata”».

Adesso, però, questo sentimento è emerso su vasta scala.
«Sì, si è manifestato un peso di coscienza del territorio ma soprattutto dei fenogliani stessi, che hanno capito di essere in tanti e molto affezionati».

È orgogliosa di questo fatto?
«Da tempo, al Centro Studi, avevamo colto questo affetto “dal basso”; ora abbiamo avuto la dimostrazione definitiva: è come se il Cen­te­nario avesse fatto emergere il rapporto comune di affetto che esiste nei confronti di Beppe Fenoglio».

Voi come lo avevate colto?
«Il desiderio delle persone era di entrare proprio “a casa di Beppe” e non al “Centro Studi”. Durante il Centenario, gli episodi sono stati tantissimi, a partire dalle richieste di partecipazione a eventi a tema che ci sono giunte da ogni parte d’Italia e dalle proposte di collaborazione da parte di artisti».

Si apre la quarta stagione del centenario tanti appuntamenti fino al primo marzo

Il Centenario Fenogliano entra nell’ultima stagione, che sarà intitolata “Una questione privata” e proporrà eventi fino al primo marzo. Finora sono stati organizzati 120 appuntamenti, con oltre 40 associazioni territoriali e istituzioni culturali coinvolte e la grande mostra in Fondazione Ferrero, vista da oltre 10mila visitatori in poco più di due mesi di apertura. Ora il calendario prevede, tra gli altri eventi, lo spettacolo teatrale “Serenate a Bretton Oaks” (sabato 21, alle 21, al Teatro Sociale di Alba; ne parliamo alle pagine 68 e 69), la mostra collettiva “La scultura racconta Fenoglio” (dal 21 gennaio al primo marzo, nel foyer del Sociale), la presentazione del progetto di digitalizzazione del Fondo Fenoglio (venerdì 3 febbraio, alle 17,30, nel Palazzo Banca d’Alba di via Cavour) e lo spettacolo “Ego scriptor” proposto da Alba Jazz Orchestra (venerdì 3 febbraio, alle 21, al Sociale). «Sarà una quarta stagione con nuove occasioni di ritrovo e di studio per i tanti appassionati», ha detto il presidente del Centro Studi, Riccardo Corino. Il cartellone completo, con tutti i dettagli, è come sempre aggiornato sul sito del Centenario: www.beppefenoglio22.it.

Merito anche della mostra in Fon­da­zione Ferrero?
«Il lavoro svolto dalla Fondazione Ferrero e dal suo Centro Docu­mentale, con una citazione particolare per Dodo Borra e il curatore della mostra Luca Bufano, è stato pazzesco. Abbiamo vissuto un evento di livello e complesso, come volevamo».

Diventerà uno spazio museale?
«Mostra e museo sono situazioni completamente differenti. E, co­munque, qualsiasi valutazione an­drà fatta insieme con la Fondazione Ferrero e il Centro Documentale: sicuramente il segno che ha lasciato questo progetto non si perderà».

E il Centenario cos’ha lasciato finora?
«Il Centenario, anche grazie alla digitalizzazione di tutto il Fondo Fenoglio, ha costruito nuovi percorsi di racconto e di studio sullo scrittore. Se ne parlerà già nel convegno di febbraio».

Il suo sogno?
«Poter riaprire le porte del Centro Studi ai giovani: se vogliamo cambiare la società per davvero, dobbiamo insegnare loro a “prendere parte”, a essere partigiani in ogni decisione della loro vita».