Due coppie, il loro dramma d’amore e, sullo sfondo, la periferia inglese. Ruota attorno a questa situazione “Serenate a Bretton Oaks”, lo spettacolo tratto dalla pièce di un giovane Beppe Fenoglio che verrà messo in scena sul palco del Teatro Sociale di Alba dalla compagnia Coincidenze Aps. In attesa dell’evento, previsto sabato 21, alle 21 (prenotazioni su www.beppefenoglio22.it), abbiamo voluto offrire un’anteprima ai nostri lettori dialogando con alcuni protagonisti: la presidente di Coincidenze, nonché attrice, Daniela Scavino, il regista e attore Gianluca Rovagna e l’attrice Marialuisa Cocito.
Cosa potete anticiparci dello spettacolo albese?
«Rappresenteremo un Fenoglio diverso da quello più noto: altamente poetico, immerso nelle dimensioni della letteratura inglese di fine Ottocento, che amava. Peraltro, questo racconto è andato in scena molto raramente».
Quale messaggio traspare?
«Emergono una visione delle istituzioni sociali che controllano e limitano la libertà degli individui e la visione tematica della difficoltà, specie per i poeti, di vivere il proprio tempo, qualsiasi esso sia. È difficile essere artisti in epoca di Fascismo ma anche in una piccola città di provincia negli anni Quaranta».
Cosa avete provato mettendo in scena quest’opera di Beppe Fenoglio?
«È stata una bella sfida, perché tutto andava costruito: il linguaggio e i costumi, ma anche il modo di sentire. Per certi versi, si è trattato di un azzardo: Fenoglio, infatti, colloca la vicenda in uno scenario dai contorni non così definiti, se non quelli del villaggio anglofono degli anni Quaranta, senza dare indicazioni esplicite dal punto di vista scenico. Quindi sono servite prove e… proposte. La trama di Fenoglio è invece molto dettagliata sul fronte delle emozioni».
A proposito: siete emozionati all’idea di portare quest’opera al Sociale di Alba nell’anno del Centenario Fenogliano?
«Per noi attori di una compagnia albese sarà una grandissima emozione. In più, farlo per il Centenario del nostro scrittore cittadino e con un’opera raramente portata in scena riempie d’orgoglio e pure di responsabilità. Saremo abbastanza comprensibili? Daremo al pubblico la possibilità di conoscere e, magari, appassionarsi di una parte di produzione meno nota? La Sala Marianna Torta Morolin del Sociale, poi, ha un fascino senza tempo, come una piccola nave: speriamo di essere dei buoni nocchieri. Insomma, vivremo una situazione decisamente “thrilling”, come direbbe Fenoglio».
L’anniversario non riguarda solo Fenoglio, ma anche la vostra compagnia, che ha appena celebrato il decimo compleanno.
«Sì, il 12 ottobre scorso abbiamo festeggiato i nostri primi dieci anni di attività. Guardando indietro, pensiamo alle opere portate sul palco. Abbiamo sempre cercato di realizzare produzioni corali, mettendoci tutti in scena (siamo una ventina) e spesso optando per testi divertenti, come il “Letto Ovale” di John Chapman e Ray Cooney, “Sono sempre in ritardo di un anno” di Corrado Vallerotti – parodia shakespeariana che è il nostro cavallo di battaglia di comicità -, “Effetti Collaterali” di Alessandro Martorelli – campione per numero di messe in scena – o, ancora, “Tutte le verità di Freud” di Stefania de Ruvo».
Come vi descrivete?
«Siamo prima di tutto un gruppo di amici, subito dopo un “branco” di istrioni, ciascuno a proprio modo. Condividiamo la stessa passione e insieme cerchiamo di creare buone emozioni attraverso il teatro. Siamo tutti attori formati, la maggior parte di noi attraverso corsi del Teatro delle Dieci e dell’Accademia Attori, scuole di professionisti di Torino. L’input forte di tale formazione è una cura della forma, quanto più possibile, e cerchiamo di metterla in tutti gli aspetti. Ogni estate ci divertiamo come dei pazzi a collaborare ai Notturni delle Rocche, una situazione che ci permette da zero di scrivere un copione, come quello che abbiamo composto la scorsa estate sull’inglese di Beppe Fenoglio, Asfodeli e Daffodils. Ci siamo buttati a capofitto anche in quella piccola avventura, il calore del pubblico ci ha premiati».
Chiudiamo con un messaggio per chi vorrebbe provare l’emozione del palcoscenico, magari assieme a voi: cosa vi sentite di dire?
«Il teatro dà davvero la possibilità di esprimere emozioni che sono uniche nel loro genere. Non è retorica. Tutti noi “coincidenti”, nel nostro tempo libero, abbiamo interessi diversi, ma non potremmo stare senza salire sul palco periodicamente. È una cura ma anche forse una specie di vizio o di “malattia”. Recitare ti permette di entrare in contatto con tutte le emozioni e le sensazioni dell’essere umano: tutti dovrebbero provare a recitare almeno una volta nella propria vita».