Con “Scorrettissimo Me”, Paolo Rossi Kobau (per tutti, Paolo Rossi) si è esibito venerdì 20 gennaio scorso al teatro Politeama “Boglione” di Bra. Una grande firma, per una grande serata della stagione teatrale braidese. In esclusiva per IDEA, abbiamo chiacchierato con il poliedrico Rossi: attore, comico, cabarettista, conduttore televisivo, cantautore, drammaturgo e regista, nato a Monfalcone nel 1953.
Partiamo da “Scorrettissimo Me”.
«Il titolo cambia ogni settimana, quello che vale è il sottotitolo che è “Per un futuro, immenso repertorio”. Questa è una nostra posizione in merito agli algoritmi ministeriali che richiedono un titolo tre anni prima. Del titolo e sottotitolo l’ho detto e lo dirò sul palco. Alla sua domanda sullo spettacolo, posso rispondere un minuto prima di salire sulla scaletta che mi porta in scena. Lavoriamo con le tecniche elaborate che partono dalla commedia dell’arte. Abbiamo un canovaccio, ma la dose chimica di improvvisazione è altissima. Molto difficile raccontare prima e raccontare dopo, del tipo di spettacolo. Non lo dico per snobismo, anzi. Tante volte, sono io che chiedo cos’è successo. Per noi è importante che accada qualcosa. Non replichiamo».
Improvvisare è davvero un’arte?
«Una disciplina militare. Sembra un paradosso, ma è così. Urge allenarsi tutti i giorni, fare esercizi, fare allenamento. I laboratori con accademie prestigiose, sono davvero fondamentali in tal senso. L’improvvisazione parte dall’ascolto. Quando dico ascolto, lo dico per i compagni in scena, per il pubblico, della situazione in cui stai lavorando, della storia. Si sviluppa con un allenamento metodico. Quando hai imparato ad ascoltare, puoi iniziare ad esternare, a fare, a dire».
Che Paolo Rossi è quello che fa teatro?
«Avendo lavorato anche in fabbrica, seppur per poco tempo, capitava a volte di non essere dell’umore giusto. Quando mi ricordo di quel periodo, di colpo mi torna il buon umore e la voglia di salire su un palco».
Cosa le ha dato grandi soddisfazioni?
«Se devo farmi i complimenti, quando ho scelto di fare questo mestiere in maniera determinata, ferma e indipendentemente dalle declinazioni tra cinema, tv, teatro, cabaret, l’ho fatto rischiando ed azzardando. Un mestiere dove gli esami non finiscono mai, dove occorre scommettere su sé stessi e sulle responsabilità che si hanno. Le declinazioni portano a tecniche diverse, ma tutte nascono dal teatro. Il teatro è la mamma di tutte le cosiddette battaglie. Ogni giorno, affrontiamo una battaglia nuova».
L’avvento dei social e del web ha cambiato il pubblico che ha davanti?
«Lo spettacolo che regala il pubblico, è quello che mi ha colpito maggiormente. Soprattutto quello teatrale. Questo è un momento molto favorevole, nonostante social, web e quant’altro. Momento molto favorevole per lo spettacolo dal vivo. Non lo dico io, ma lo dicono i dati. Un 73% in meno del pubblico al cinema e un 43% in più del pubblico negli spettacoli live. Paradossi sociologici. Più si sviluppano le tecnologie, più lo spettacolo dal vivo mantiene un grande fascino. Il teatro e lo spettacolo dal vivo sono sempre in piedi, forti. Quando arrivò il cinema, diede un bel colpo al teatro, poi arrivò la tv, poi internet e le piattaforme. Tutte le volte che c’è una crisi, diciamo così, a chi vanno a chiedere aiuto? Al teatro dal vivo. Tik Tok verrà superato a sua volta».
Bra, provincia di Cuneo e il Piemonte.
«Ho molti amici a Torino. A Torino ho fatto il militare, ma anche da quel periodo ho tirato fuori scenette e monologhi. Tutte le volte che ritorno in questi territori, trovo sempre tutto più bello».
Lei è grande tifoso dell’Inter. Un suo pensiero sul recentissimo 3-0 al Milan, nella finale di Supercoppa Italiana.
«Il commento che faccio davanti agli occhi di tutti, è che a differenza dei miei amici e colleghi milanisti, io non ho mandato nessun messaggio di sfottò. Cosa che invece loro hanno fatto, vedasi per lo scudetto della passata stagione. Nei fatti, questo sottolinea la grande differenza di eleganza. So rispettare la sconfitta altrui. Parlando della finale, devo dire che il calcio oggi è diventato molto noioso. Il 3-0 di Riad è stato bello e divertente, ma il nostro 1-0 con il Verona mi ha annoiato, seppur sia stato fondamentale come risultato. Per molti versi, anche i Mondiali sono stati noiosi. Credo che le nuove tattiche e strategie stiano portando il calcio ad un livello di fascinazione molto basso. Quando i telecronisti iniziano a dire che le squadre si stanno allungando e lo fanno con un “purtroppo” ben rimarcato, non so perché ma io inizio a divertirmi».