Se ne è andato, un po’ come era ritornato nella “sua” Canale, all’inizio degli Anni Duemila: in silenzio, e con una discrezione che era quasi un’ideale custodia ad un vero e proprio inno alla vita, alla creatività, all’urgenza quasi incontinente di vivere, costruire, proporre.
Frank Jordan, nome d’arte -non formalmente riconosciuto: ma sappiamo che avviò le pratiche per vederselo riconosciuto a livello prefettizio- di una personalità che seppe voler bene alla capitale del pesco, forse non sempre compreso in pieno nella sua generosità artistica. Ha lasciato questo mondo a 94 anni, con il nome che è riportato nei libroni dello Stato Civile, ossia Francesco Giordano: ed è successo a Bra, ossia quella che era divenuta la sua ideale Thule, dopo l’addio alla terra canalese accompagnata all’epoca da tanto di sonetto denso di invettive, ma anche di gratitudine.
Come il suo avo, Mario Giordano, passato alla storia per aver scritto un libro-monumento come “Idilli canalesi” (l’unico vero testo narrativo, sino a questo momento, dedicato alla cittadina: tutti quanti gli altri si mettano il cuore in pace, prima di gridare alla novità locale): e come l’omonimo dello stesso, ossia il fratello che in molti amavano chiamare “Il Bimbo”, autentica istituzione in fatto di numismatica e memorabilia tra queste colline.
Persone che sono come letteratura: perché, anche avendolo conosciuto, sfuggirebbero a molti le ragioni per cui un serio, ma simpatico consulente finanziario (questo era Frank, in età adulta), ad un certo punto della vita avesse deciso di dedicarsi all’arte. Espressa, anzichenò, in mille modi: dalla fotografia alle sue poesie -i suoi testi sono conservati nella biblioteca di piazza Italia- sino ad un romanzo “di formazione” sulla sua gioventù e ad un’altra pubblicazione volta a raccontare il suo speciale rapporto con la montagna, a Limone Piemonte, dove imparò a fraternizzare con le altrimenti selvatiche marmotte.
Per capire i motivi dei suoi infiniti exploit, bisognerebbe leggere quei versi e quei testi: e chiedere poi a chi visse con lui la sua “prima fase” nella conca dominata dal campanile del Sacro Cuore. Si scoprirebbe come Frank fu l’istrionico conduttore degli spettacoli di varietà tanto in voga nella Canale del “boom”, con altri grandi concittadini quali Beppe Occhetti, la famiglia Bossi, i fratelli Bracco.
Tornato in città per la sua “seconda vita” qui, la trovò diversa: ma con ancora addosso i profumi e l’odore di quelle epoche. Non c’erano più, di fronte alla sua casa, il bar Roma e la sala da ballo del conte, divenuto un supermercato in cui era facile trovarlo: e accorgersi che, a volte, poesia e narrativa possono vivere anche tra casse d’acqua minerale e banchi frigo.
Ma c’era ancora -e c’è- quella voglia di essere un centro mercantile in cui soldi e pensieri, parolacce e sentimenti, si mischiano insieme per creare una Canale a forma di romanzo, tra il nero e il rosa. È stata forse la fretta della modernità a lasciarlo spiazzato in certi momenti: ma senza abbatterlo, senza impedirgli di continuare a sognare.
In ricordo di Frank Jordan, il “Canalese Volante”: tanto per ragiornarlo ancora una volta, come uno dei tanti personaggi di storia e fantasia che amò nella sua fantastica vita.