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Cazzullo in viaggio alla ricerca della nostra storia

Inviato, saggista e protagonista a teatro: «In tv racconteremo la grande avventura di Colombo»

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Il viaggio alle pendici dell’Himalaya è stato avventuroso ma al tempo stesso «bellissimo». Aldo Cazzulo è arrivato fino alla regione del Kashmir sommersa di neve per raccontare, sulle pagine del Corriere della Sera, la storia di Rahul Gandhi e del suo ruolo di capo dell’opposizione nell’India governata dai nazionalisti hindu di Na­rendra Modi. Un personaggio speciale. Sua madre è Sonia, nata nel Vicentino ma cresciuta a Orbassano (Torino), poi sposa di Rajiv Gandhi. Il legame di Rahul con il Pie­monte e con l’Italia è rimasto forte, nell’intervista ricorda il nonno Stefano che aveva combattuto in Africa e Russia, dice di adorare Mina e rivela di soffrire per le traversie della Juventus, di cui è tifoso. «Un personaggio notevole – ci dice Cazzullo -, sua madre è stata a capo del partito, il padre fu primo ministro (ammazzato nel 1991), an­che sua nonna primo ministro (ammazzata nel 1984). E mi ha raccontato di quando ai funerali di sua nonna Indira gli dissero che non avrebbe dovuto piangere in pubblico, c’è la foto in cui ha il volto schiacciato nella camicia di suo papà. Il bisnonno era stato primo ministro, il primo nella storia dell’India. Parliamo di una grande dinastia, come i Kennedy in America».

Da un continente all’altro: lei racconta storie di personaggi di rilievo anche con il format “Una giornata particolare”, da cui è stato tratto un libro per ragazzi.
«Nel libro raccontiamo episodi della trasmissione che sono già usciti e altri non an­cora, sono quelli che fanno parte della prossima stagione. Stiamo girando l’Italia per prepararli, an­dranno in onda da settembre. Dell’an­no scorso, nel libro, ci sono sei episodi: l’assassinio di Giulio Cesare; la marcia su Roma; lo stupro e il processo ad Artemisia Gentileschi, pittrice del 1600; l’approvazione della Regola di San Fran­cesco che incontra il Papa cambiando la storia della Cristianità; la fuga di Na­poleone dall’isola d’Elba e altri passaggi italiani come la battaglia di Marengo e l’armistizio di Cherasco; infine l’abiura di Galileo Galilei. Quest’anno le puntate saranno otto: la partenza di Cri­stoforo Colombo verso l’Ame­rica che è una storia me­ravigliosa: lui passò anni a cercare di convincere i re di Spagna, Francia, Inghilterra e Portogallo, ma nessuno credeva nel suo sogno. Gli esperti dicevano che non aveva senso andare verso Occi­den­te per raggiungere l’Oriente e il bello è che avevano ragione loro: dalla Spagna al Giap­pone ci sono 22mila chilometri. Però, in mezzo, avrebbe trovato l’America. Quan­do la regina Isabella finalmente gli concesse le caravelle, Colombo ebbe il problema di comporre l’equipaggio: nessuno voleva consegnarsi a un destino ignoto. Allora lui inventò una sorta di “squid game” (come la serie tv coreana), cioè ingaggiò grandi debitori con la promessa di ricompense risolutive».

E gli altri approfondimenti ine­diti?
«Parlo di Caporetto e dei ragazzi del ’99 come mio nonno Lorenzo, il papà di mio papà, nato a Dogliani. E mi occupo della morte del Duce e dell’attentato di via Rasello con la rappresaglia delle Fosse Ardeatine; poi della battaglia di Ponte Mil­vio con Costantino che sconfigge Massenzio e l’Impero romano che diventerà cristiano; della Congiura dei Pazzi a Firenze durante il Rinascimento; di Garibaldi in Sicilia per la spedizione dei Mille; infine ripercorro l’unica giornata che Dante, nella Divina Commedia, trascorre in Inferno».

Il programma televisivo, co­me il libro, ha avuto successo?
«Ha fatto registrare una me­dia superiore al 4 per cento, oltre un milione di spettatori, e per un programma di storia in prima serata su La7 si è trattato di un risultato notevole. Da qui abbiamo realizzato il libro per ragazzi. Ma il dato più importante per me riguarda “Mussolini il capobanda” che in libreria è stato il saggio che ha venduto più copie, 22mila, nel 2022. Il libro si chiude con i versi dell’albese Beppe Fenoglio. Ed è su questa base che abbiamo ideato e sviluppato lo spettacolo “Il Duce delinquente”, con Moni Ovadia, girando l’Italia».

A proposito, che riscontro ha avuto nelle città toccate dallo spettacolo: l’immagine di Mus­­solini ancora oggi è am­mantata da un velo di sostanziale equivoco?
«Sì, è così. Diciamo che da una parte ci sono tanti che hanno un’idea sbagliata di Mussolini, senza una me­mo­ria negativa di quanto accaduto. Dall’altra però sono an­che tanti gli italiani che considerano la Resisten­za una cosa seria, che hanno avuto in famiglia partigiani, nonni coinvolti, o parenti che erano militari e sono stati catturati e internati in Germania, chiusi nei campi di concentramento. Se ne parla poco. Finirono lì rifiutando di combattere per i tedeschi e anche quella fu una forma di resistenza. E i sacerdoti: a casa di mia nonna c’era un libro “La tortura di Alba e dell’Albese” il cui autore era il vescovo della città. Penso poi al partigiano Enrico Martini “Mau­ri”, che era stato un maggiore degli Alpini e che non rinunciò mai alla penna nera, a Beppe Fenoglio che votò Monarchia al referendum: la Resistenza non è una cosa di sinistra. Non è solo rossa, fa parte del patrimonio di antifascismo che dovrebbe appartenere a tutti gli italiani. Purtroppo nei fatti non è così, ma è giusto sempre ricordare».

Ha l’impressione di aver contribuito, con questo lavoro, a fare chiarezza almeno dal punto di vista storico?
«Questo devono dirlo i lettori. Ma l’interesse registrato sembra confermare l’attenzione delle persone per questi argomenti. Tanto che nel­la prossima stagione ci occupiamo, come detto, della bomba di via Rasella e della rappresaglia nazista con 335 vittime, tra cui 12 carabinieri, un sacerdote, partigiani ed ebrei. E raccontiamo la morte del Duce, la sua fine ingloriosa con lui costretto a fuggire travestito da soldato tedesco, l’elmetto calato sul volto, forse venduto dagli stessi tedeschi per avere il via libera».

Nato ad Alba, giornalista ad alto livello e ora autore
di show itineranti a teatro

Torna spesso ad Alba, Aldo Cazzullo che è nato nel capoluogo delle Langhe il 17 settembre 1966. Giornalista e scrittore, vicedirettore del Corriere della Sera, ha lavorato per circa quindici anni a La Stampa. Nel 2003 ha lasciato il quotidiano torinese per cominciare a collaborare con il Corriere, ricoprendo il ruolo di inviato speciale e di editorialista. Ha seguito diverse edizioni delle Olimpiadi e anche dei mondiali di calcio tra i quali anche quelli del 2006 che hanno visto la nazionale azzurra trionfare. Da un po’ di tempo ha affiancato al lavoro da inviato anche quello di autore con la trasposizione dei suoi libri in spettacoli televisivi e anche itineranti a teatro che hanno riscosso un buon successo, dallo show dedicato a Dante a quello su “Mussolini il delinquente”.