Torna in teatro Giorgio Panariello – 62 anni, comico, cabarettista, imitatore, attore, conduttore tv e regista, è stato anche direttore artistico e conduttore di un’edizione del Festival di Sanremo nel 2006 – e lo fa con un nuovo spettacolo dal titolo “La favola mia”. Un nuovo show che fa ridere e commuovere, sorridere e riflettere.
«Dietro questa maschera c’è un uomo e tu lo sai»: è questo verso di Renato Zero che ispira e motiva lo spettacolo del comico toscano (che ha fatto dell’imitazione del cantante ben più di un cavallo di battaglia), che prende il medesimo titolo del brano, “La favola mia”.
Il one man show nasce per festeggiare i 20 anni dal grande successo di “Torno sabato”, varietà televisivo che andava in onda su Rai 1 con Tosca D’Aquino e Paolo Belli. «Dietro la maschera oggi c’è più Giorgio e meno Panariello. C’è un uomo, che era un ragazzo della Versilia, e che è riuscito a fare quello che desiderava. Sono legato a molti dei personaggi che interpreto, anche perché prima che personaggi, sono persone che conosco. Ma tra i tanti cito Mario: è quello che mi ricorda di più la mia Versilia» dice l’artista. «Giorgio è un uomo normale – racconta -. Mi spiace dirlo, magari qualcuno ama di più le star. Io sono invece un uomo normale che fa un lavoro eccezionale. Mi piace scoprire ogni giorno dei lati diversi di me, che non pensavo. Per esempio, come con il malessere che mi ha colpito, di solito sono un fifone, invece sono stato bravo. Ho fatto tutto per benino, l’hanno detto anche i medici. Giorgio non è Panariello, non fa battute tutto il giorno». Le favole non esistono, ma la storia di Panariello ha di sicuro un happy end: «Io ho sempre voluto fare questo: la mia favola, il mio happy end, comincia appena si apre il sipario. Non c’è niente, non la televisione o il cinema, che ami quanto il palcoscenico. È lo spettacolo più vicino a me che abbia mai fatto, il più empatico».
Uno spettacolo che racconta la sua carriera, un lavoro che è la sua vita: «Penso di sì. Ci sono lavori che si portano a casa. Non si stacca mai. Io e miei personaggi… magari la notte mi sveglio, ho un’idea, mi tiro su, prendo un appunto. Il giorno dopo lo straccio. Ci sono periodi che va bene e altri che invece la ruota non gira, e allora sei fortunato se hai vicino delle persone che ti supportano e sopportano. Non mi piace circondarmi di yes man – continua -, con i miei autori litigo sempre. E poi ci sono i miei amici fraterni storici, Carlo Conti e Leonardo Pieraccioni: trent’anni che siamo insieme. Abbiamo la chat condivisa, ci si autoinvita sempre in vacanza a Castiglioncello da Conti. C’è l’amicizia, ma c’è anche e soprattutto la stima condivisa. Trent’anni fa, appunto, facevamo uno spettacolo insieme. Eravamo famosetti in Toscana, ma solo una parte della regione. Una sera, mi ricordo, ci esibimmo di fronte a seimila paganti. Quella dopo, a Grosseto, i paganti erano 37. E ci fecero pure la multa a tutte e tre le macchine. Ma la cosa bella era che a noi, quella roba lì, ci faceva ridere ma ridere… Tante difficoltà, Pieraccioni ne potrebbe raccontare molte, ma in fondo in fondo sapevamo che, prima o poi, ce l’avremmo fatta».
Il sogno di fare questo mestiere inseguito fin da quando era un ragazzino: «Tornassi indietro rifarei tutto. Mi ripetevo: insisti, che hai ragione tu. Non ti far piegare da niente. Questo vorrei dire anche ai giovani». Ecco il segreto di chi ha realizzato grandi imprese, nella vita o professionali: aver avuto la forza di credere nel sogno. Oppure, semplicemente, aver saputo affidarsi al sogno.
Senza dimenticare i grandi maestri: «Io, da toscano, faccio riferimento alla grande scuola di Benigni, di Nuti… Ma Alberto Sordi era davvero il più grande attore del mondo, lo hanno detto Dustin Hoffmann e Robert De Niro. Sì, con le commedie ma anche con “Un borghese piccolo piccolo”. Io ho guardato a tutti, a Sabani quando facevo l’imitatore, a Carlo Verdone, ai film di Monicelli. Ai giovani dico che la stand up è bellissima ma non si devono fossilizzare su una cosa sola. Sono stato, vicino a Milano, in una factory piena di questi ragazzi, per la maggior parte youtuber. Ho vissuto 7 giorni con loro per capire come ragionavano, per comprendere questo oceano che c’è tra quella generazione e la nostra. Mi piace confrontarmi con i giovani. E mi sono reso conto che loro si distaccano completamente dal passato guardando solo al futuro. Non è sbagliato ma consiglio anche di conoscere artisti come Francesco Nuti, Gassman, Manfredi, Tognazzi, Sordi. A loro possono sembrare dell’età della pietra, però insegnano molto. Le cose che oggi si possono fare sui social sono tutte figlie di quella comicità». Una comicità che deve essere semplice: «Tutto quello che non è preparato, che è accidentale, è divertente. Tra i miei colleghi mi fanno ridere quelli che mi sorprendono, perché quando noi del mestiere andiamo a vedere uno spettacolo, sappiamo già dove si andrà a parare. Invece, chi fa delle cose che non mi aspetto, mi diverte. Tra le nuove leve mi piacciono Max Angioni e Edoardo Ferrario».
Dopo questo percorso di vita e di arte, difficile immaginare eventuali nuovi progetti da inseguire. Ma Panariello una nuova sfida ce l’ha in mente e non smette di pensarci. Un sogno nel cassetto c’è ancora: «Trovare una bella sceneggiatura che mi permetta di mettermi alla prova come attore. Come accadde ad Abatantuono con Pupi Avati. E sono certo che prima o poi salta fuori ‘sto film».
Venti anni di carriera da celebrare in tour torna in scena a torino
il prossimo 26 marzo
Giorgio Panariello è da poco passato in teatro a Torino con il suo nuovo spettacolo dal titolo “La favola mia” in scena al Teatro Colosseo per la data del 4 febbraio, ma tornerà nella stessa location il 26 marzo. Tante risate, un pizzico di irriverenza, attualità e grandi classici del suo repertorio: sono questi gli ingredienti del nuovo spettacolo in cui Panariello racconta e si racconta ripercorrendo in una veste inedita e attuale i 20 anni che lo hanno visto protagonista tra teatro, cinema e televisione. L’evento inizialmente era previsto per sabato 26 novembre ed è stato rinviato a causa di una forte labirintite che ha colpito l’artista. Comico, cabarettista, imitatore, attore, conduttore televisivo e regista: tante le definizioni per Panariello che è stato anche direttore artistico e presentatore del festival di Sanremo nell’edizione del 2006.