IL CASO CARRETTA
Il fatto
Nell’agosto del 1989 a Parma si perdono le tracce della famiglia Carretta. Sarebbe dovuta partire in camper per le vacanze, ma il mancato rientro a casa solleva le prime preoccupazioni. Si diffonde la notizia di una “fuga” in Sud America, dopo alcune foto che ritraggono i Carretta su alcune spiagge caraibiche
I protagonisti
Per dieci anni non si sa più nulla di Giuseppe Carretta, di sua moglie Marta e dei figli Ferdinando e Nicola. Fino al novembre del 1998, quando Ferdinando Carretta viene fermato a Londra per un’infrazione stradale, il poliziotto segnala il nome all’Interpol. Ferdinando dichiara subito di non sapere nulla dei suoi genitori e del fratello
La conclusione
È il 30 novembre del 1998 quando Ferdinando, latitante a Londra, confessa in diretta televisiva a “Chi l’ha visto?” di essere il responsabile del triplice omicidio. Al processo viene assolto per “incapacità di intendere e di volere”, nel 2015 esce da una comunità di recupero. Oggi vive a Forlì in una casa comprata con l’eredità di famiglia
Fondamentale il riscontro scientifico
Siamo al cospetto di un caso dove la soluzione è stata trovata grazie alla confessione rilasciata in diretta dal suo stesso protagonista, nel corso del programma “Chi l’ha visto?”. Ma quella ammissione è stata supportata dalle tecniche applicate all’indagine scientifica e all’analisi del Dna. Senza queste fondamentali innovazioni, comprovare quella spontanea dichiarazione sarebbe stato molto difficile. La scienza si è messa al servizio della verità
L’OMICIDIO NOVENTA
Il fatto
Metà gennaio del 2016: scompare nel nulla Isabella Noventa, segretaria in uno studio medico ad Albignasego in provincia di Padova. L’ultimo ad averla vista è il suo compagno Freddy Sorgato. Spuntano poi immagini riprese da una videocamera nel centro di Padova, si vede una donna vestita come Isabella
I protagonisti
Dopo un mese di indagini finiscono in stato di fermo tre persone: Freddy, la sorella di quest’ultimo Debora Sorgato, e la “tabaccaia” Manuela Cacco, dipendente in un locale di proprietà di Freddy. Si ipotizza un gioco erotico finito male. Un sommozzatore della polizia muore nelle acque del Brenta mentre è alla ricerca del corpo della donna
La conclusione
Il corpo non verrà mai ritrovato ma per la Corte d’Appello di Venezia i tre hanno ucciso Isabella occultando il cadavere: ognuno aveva un motivo per volere la morte della donna. Vengono confermate le condanne del primo grado, 30 anni a Freddy e Deborah, 16 anni e 10 mesi a Manuela. Sentenze ribadite in Cassazione
Potrebbero esserci novità importanti
Questo è il classico processo indiziario poiché il cadavere della donna non è stato mai trovato. Hanno avuto un peso le tradizionali indagini basate sulla valutazione del movente, ovvero la motivazione intrinseca che ha scatenato gli autori a commettere il delitto. Il cadavere avrebbe potuto fornire risposte oggettive all’analisi criminologica sulla vittima. Vedremo a chi appartengono i resti appena ritrovati. Poi si potrà fare una nuova valutazione
LA SUORA DI SONDRIO
Il fatto
Suor Maria Laura Mainetti esce dal convento di Chiavenna la sera del 6 giugno 2000 per andare in aiuto di una ragazza che al telefono le dice di essere rimasta incinta dopo aver subito uno stupro. L’appuntamento è in un luogo isolato, il parco delle Marmitte dei Giganti. Qui troverà la morte sotto i colpi di 19 coltellate
I protagonisti
Il trabocchetto è stato ordito da Ambra Gianasso, 17 anni, assieme alle amiche Veronica Pietrobelli (16) e Milena De Giambattista (17). In tre sferrano 19 colpi di coltello seguendo un rituale satanico preparato per l’occasione con un giuramento di sangue. La suora, mentre cade a terra, chiede a Dio di perdonare le assassine
La conclusione
Il 19 giugno 2020 papa Francesco autorizza la cerimonia di beatificazione per suor Maria Laura, svolta un anno dopo a Chiavenna. Le tre ragazze avrebbero voluto uccidere monsignor Balatti ma rinunciarono perché più corpulento. Oggi hanno scontato la pena e sono diventate anche mamme con nuove identità
quanti ostacoli per trovare la verità
Le autrici del delitto erano minorenni al momento dei fatti. Si è trattato di un’indagine particolarmente complicata fino a quando le ragazze non hanno raggiunto la piena imputabilità, ossia la capacità di intendere e di volere. Alla base delle loro azioni c’era evidentemente un disagio psichico. L’indagine è partita dall’analisi della telefonata che ha dato inizio alla vicenda fino al riscontro di orari, movimenti e alibi delle tre ragazze