IL FATTO
In Turchia e Siria una tragedia enorme con tante vittime. La domanda in questi casi è sempre la stessa: si poteva fare qualcosa per evitare il peggio?
Tra Turchia e Siria, una settimana fa, uno spaventoso sciame sismico ha accompagnato la scossa di terremoto di magnitudo 7,8 che ha purtroppo causato decine di migliaia di morti. Le scosse si sono ripetute per centinaia di volte nelle ore successive (in quei giorni una scossa di magnitudo 2,9 è stata registrata anche in zona Langhe, a Neviglie) creando una vera e propria devastazione.
Il geologo Mario Tozzi, molto conosciuto per le sue apparizioni in tv, è stato esplicito: «Vale la pena ricordare che non è il terremoto che uccide, ma la casa costruita male. E in questo senso, Turchia e Siria assomigliano molto all’Italia».
Una presa di posizione che ha provocato molte reazioni via social. In collegamento con Rai News 24, Tozzi aveva commentato le immagini provenienti dalle zone terremotate: «Avete visto? Ci sono interi settori che sono crollati vicino ad altri palazzi rimasti in piedi. Forse il sottosuolo ha amplificato le onde sismiche oppure – ed è purtroppo la causa più frequente – non si è costruito bene. Se un palazzo di dieci piani risulta schiacciato in dieci metri, significa che la struttura non ha retto anche se è stata realizzata in cemento armato. Questo effetto è detto “pancake” con lo schiacciamento dei solai, gli uni sugli altri. Succede perché i materiali sono scadenti oppure manca un progetto antisismico. Un fenomeno figlio della rapida crescita economica della Turchia che in molti casi ha portato a non fare differenze tra chi aveva una cognizione e chi invece speculava e basta».
La forza di questo terremoto è stata impressionante, «cento volte più forte di quello di Amatrice e Norcia nel 2016». Il professore ha approfondito l’argomento su La Stampa: «In Giappone, in Cile, in Nuova Zelanda e in California – ha spiegato – si supera magnitudo 8 e case e infrastrutture reggono complessivamente molto meglio, anche perché i devastanti terremoti di San Francisco (1906), Tokyo (1923) e Valdivia (1960, il più forte finora mai registrato) furono presi come eventi «eponimi» e come occasione per rifondare un paese e costruire una cultura del rischio sismico. Da noi e in Turchia si può dire che ciò non è stato ancora fatto e si affida la ricorrenza delle scosse al destino, e non perché il Mediterraneo ha queste caratteristiche e dunque è solo questione di tempo».
Una verità scomoda ma che deve fare riflettere. E soprattutto indurre a procedere sulla strada dell’efficientamento degli edifici, non solo dal punto di vista energetico e senza più vincoli burocratici. Strano a dirsi dopo i tanti eventi registrati nella storia, ma – come ha sottolineato Tozzi – in Italia manca anche una cultura sismica: «Le civiltà dei sapiens esistono solo grazie a un temporaneo consenso geologico, soggetto a essere ritirato senza preavviso. Il terremoto di Gaziantep ribadisce questo concetto su cui non riflettiamo abbastanza e che dimentichiamo in fretta».