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Elena Sofia Ricci contro i mostri tra le Dolomiti

Da una Teresa all’altra: l’attrice ha abbandonato il ruolo della suora di “Che Dio ci aiuti” per debuttare in quello del commissario di Udine nella nuova serie “Fiori sopra l’inferno”. Un successo

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Mistero e bellezza, atmosfere cupe che si alternano a panorami luminosi, un co­stante e sottile contrasto che emerge sullo sfondo di Udine – o meglio del piccolo paese immaginario chiamato Tra­venì – e delle Dolomiti friulane. Tutto questo in una serie tv che non passa (e non è passata) inosservata, grazie anche all’interpretazione sapiente e ispirata di quella che ormai è una regina anche del piccolo schermo: Elena Sofia Ricci, non a caso reduce dall’avventura brillante di “Che Dio ci aiuti” dove con un cameo la sua suor Teresa Monachini ha appena salutato il pubblico degli appassionati nella puntata del 19 gennaio scorso. Saltando così da un ruolo attoriale all’altro. Ora si passa a un contesto drammatico, di tensione psicologica. La serie è composta da 6 episodi che la Rai sta trasmettendo in tre puntate. La prima è andata in onda lunedì 13 febbraio in prima serata su Rai1, la seconda lo scorso lunedì e la terza e ultima è in calendario lunedì prossimo, 27 febbraio. I dati degli ascolti sono stati eccellenti (quasi 5 milioni di telespettatori), tanto da decretare “Fiori sopra l’inferno” come il programma nettamente più visto in quella fascia serale.
Merito di una trama ben strutturata e molto ancorata all’attualità, a cominciare dalla protagonista Teresa Bat­taglia, un commissario donna non particolarmente am­miccante e sexy come la prassi tradizionale vorrebbe in certe occasioni. Invece in questo caso Elena Sofia Ricci si prodiga nel rappresentare un personaggio complesso, non particolarmente attento all’estetica, anzi. Quasi sciatto, ma perché alle prese con altri problemi personali. Una donna sessantenne con i capelli raccolti in una treccia, il carattere burbero e l’abbigliamento comodo da montagna, senza orpelli, con il cappottone che serve a proteggere dal freddo e da ogni insidia. Lei infatti non è solo una professionista con un ruolo di responsabilità in un ambiente storicamente ma­schi­le, ha anche improvvisi vuoti di memoria, scompensi che la colgono impreparata anche nel mezzo delle indagini e che destabilizzano la trama stessa. Chi le sta intorno ha imparato a gestire quelle crisi, dovute probabilmente al diabete – di cui Teresa soffre – ma non è quella l’unica questione. Qui c’è in ballo una donna che rischia di perdere se stessa. E ci sono anche storie correlate, legate ad alcuni bambini che vivono esistenze disagiate dentro a dinamiche famigliari purtroppo d’attualità. Un peso ulteriore per il commissario che quindi capisce di dover affrontare il caso forse più complesso e più delicato della sua carriera. Tutto in un clima dark più che convincente. La serie nasce come adattamento televisivo dei romanzi scritti da Ilari Tuti, autrice di Gemona del Friuli, la cui saga dedicata a Teresa Battaglia, uscita nel 2018, ha totalizzato più di 120mila copie vendute in un solo anno e in 25 paesi.
Come dice la protagonista nella serie tv, «mi chiamo Teresa Battaglia e vedo oltre i fiori che crescono sul terreno. Vedo l’inferno che si spalanca sotto i nostri piedi. Vedo ciò che solo una profiler come me sa vedere: l’umanità del mostro a cui do la caccia. E vedo che, questa volta, il mostro, è diverso da tutti gli altri. Perché stavolta, i veri mostri, potrebbero essere gli altri, quelli a cui lui dà la caccia».