«Per gli imprenditori la sfida è rimanere sui mercati esteri»

L’ex presidente dell’Inps: «Momento difficile, la priorità è ridurre il costo del lavoro. Per le pensioni si deve garantire flessibilità in uscita. La polemica sui militari? Credo che razionalizzare la spesa, mentre aumentano i costi per gli armamenti, sia necessario. Bonus edilizia, lo stop era davvero inevitabile»

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Ospite di una tap­pa dell’Alam­bic­co Academy al Museo del Cine­ma di Torino, l’economista Tito Boeri, ex presidente dell’Inps, ci ha raccontato la sua visione dell’economia attuale.

Professore, partiamo da IDEA che esce in un territorio caratterizzato da piccole e medie imprese di successo: questo può essere un paradigma di riferimento per tutta l’economia nazionale?
«Certamente. Un tessuto imprenditoriale con la forte presenza di piccole e medie imprese rappresenta qualcosa che può dare un’indicazione importante, può essere uno stimolo per il resto del Paese. E comunque lo sapevamo già, il Piemonte è una realtà a cui guardare con grande attenzione».

Crede che ci siano prospettive di rilancio in questo settore?
«Assolutamente sì, anche perché poi parliamo di piccole e medie imprese particolarmente vocate all’esportazione e che quindi possono beneficiare maggiormente della ripresa di tutta la domanda mondiale. In particolare proprio qui in Piemonte, dove le aziende sono molto più rivolte all’esportazione che in altre parti del Paese. In questo senso si tratta sicuramente un modello interessante».

Come giudica lo stato attuale della nostra economia nel complesso contesto internazionale?
«Vedo purtroppo grossi rischi soprattutto di natura geopolitica. A questo proposito ne discuteremo – e può interessare anche ai vostri lettori – al prossimo Festival dell’Econo­mia che terremo a Torino dall’1 al 4 giugno, con il tema centrale della deglobalizzazione. Cioè, ci sono molte pressioni protezionistiche da parte dei paesi, e in questo contesto si può arrivare a una frammentazione eccessiva e, appunto, a una riduzione degli interscambi commerciali. Una situazione che può avere effetti negativi anche sulle attività delle imprese, soprattutto per questo tessuto imprenditoriale vocato all’export. È un problema che richiederebbe da parte del governo italiano un’azione più determinata a livello europeo: anche qui c’è una tendenza a privilegiare gli aiuti di stato, ma questo creerebbe delle simmetrie molto forti tra paesi e poi a livello internazionale ci possono essere nuove spinte protezionistiche associate alle tensioni legate alla guerra in Ucraina. Una prospettiva che in generale è ciò che mi preoccupa di più rispetto al quadro e agli scenari internazionali».

Come devono comportarsi, quindi, gli imprenditori?
«Gli imprenditori sono chiamati a un ruolo molto difficile, perché devono da una parte gestire la transizione energetica in una situazione difficile: chiaramente le pressioni sull’energia sono sempre molto forti e dietro l’angolo ci possono sempre essere nuovi aumenti dei prezzi del gas e dell’energia elettrica. Dall’altro lato devono cercare di trovare forza lavoro, perché esistono carenze che emergono sul mercato del lavoro a tale riguardo – problemi di mancanza di manodopera – e quindi bisogna riuscire il più possibile a migliorare le forme di reclutamento e di gestione del personale. Poi ogni imprenditore do­vrebbe rilanciare la propria capacità di penetrare i mercati internazionali in un contesto che purtroppo non è così favorevole. Si tratta sicuramente di sfide molto impegnative».

Parliamo del dibattito sul reddito di cittadinanza: è diventata una questione ideologica?
«Io penso che in un paese che è ai massimi livelli nei tassi di povertà, che ha problemi distributivi molto forti, cancellare il reddito di cittadinanza tout-court mi sembra una scelta folle. Di sicuro c’è molto da cambiare nel reddito di cittadinanza, ma è uno strumento a cui non possiamo assolutamente rinunciare, abbiamo bisogno di un mezzo di assistenza di base».

E a proposito del Bonus edilizia?
«Fermarlo è stata una strada obbligata. Condivido quello che ha detto il ministro Giorgetti: era una scelta folle e dissennata che ci ha portato a spendere tantissimo per garantire interventi soprattutto su case di lusso – abbiamo castelli ristrutturati con quel superbonus chiaramente insostenibile – quindi bisogna trovare il modo di uscirne. Possono rimanere gli incentivi, ma molto più limitati».

Non crede che per far ripartire seriamente il sistema ci sia bisogno di scelte innovative, se non creative?
«Guardi, non sono mai per soluzioni miracolistiche, sono sempre scettico quando si parla di queste cose. Noi abbiamo un debito pubblico altissimo, non possiamo permetterci di fare un grande taglio di tasse. Quello che possiamo fare è decidere delle priorità e penso che una priorità oggi sia quella di ridurre il costo del lavoro. Dobbiamo incentrarci su questo aspetto invece di fare tante cose e di disperdere soldi, anticipi pensionistici, quote 102, 103 eccetera. Noi dovremmo concentrare tutti gli sforzi possibili per ridurre la tassazione sul lavoro. Agendo in quella direzione potremmo anche avere dei risultati importanti».

Passiamo alle pensioni, materia che lei conosce bene avendo guidato l’Inps: in questo caso qual è la ricetta da seguire?
«Penso che la strada maestra rimanga quella di garantire flessibilità in uscita sempre seguendo le regole del sistema contributivo, vuol dire permettere alle persone di andare in pensione tra i 64 e i 67 anni con chiaramente aggiustamenti attuariali nel caso si vada prima, perché non possiamo favorire chi lo fa, rispetto a chi va in pensione più tardi».

Ha sottolineato il problema dei costi delle pensioni dei militari, sollevando un vespaio di polemiche.
«Mi è sembrato di offrire dei dati di fatto e mi sono davvero trovato di fronte a insulti e anche minacce: mi ha sorpreso una reazione così virulenta. Eppure, mi sono limitato a riferire delle statistiche. Nel momento in cui si intende aumentare la spesa militare – e francamente posso capire che per ragioni geopolitiche si vada in quella direzione – credo che la prima cosa che si debba fare, sia razionalizzare la spesa esistente».

CHI È

Economista, nato a Milano nel 1958, ha completato gli studi alla Bocconi e in seguito all’Università di New York. Suo padre Renato fu un quotato neurologo oltre che partigiano, mentre la madre, Maria Cristina Mariani Dameno, è stata un’affermata designer ed architetto

COSA HA FATTO

È stato presidente dell’Inps nel periodo tra il 2014 e il 2019 e anche direttore della Fondazione Debenedetti oltre che consulente del Fondo
monetario internazionale, della Banca Mondiale, della Commissione Europea e del Governo

COSA FA

Collabora scrivendo editoriali per alcune testate giornalistiche, tra cui Repubblica, e partecipa spesso a trasmissioni televisive come opinionista su temi finanziari ed economici. Recentemente ha scatenato una polemica sulle presunte “pensioni d’oro” dei militari. Venerdì scorso è stato ospite di Be4 Innovation nella tappa torinese del tour di Alambicco Academy