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La sede Cia di Alba ospiterà un punto di incontro dell’Associazione Tartufai

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Dal prossimo 6 marzo la sede Cia di Alba ospiterà un punto di incontro della storica Associazione Tartufai i cui iscritti praticano la libera ricerca del tartufo bianco: un’eccellenza di quel territorio conosciuta in tutto il mondo; un prodotto che nasce spontaneo, frutto della prodigiosa forza creatrice della natura. L’ufficio rimarrà aperto il primo lunedì di ogni mese, dalle 15 alle 17. Per informazioni e appuntamenti: Mario Aprile, 330 667680. L’obiettivo è di rendere disponibili a tutti i trifulau – iscritti e non – alcuni importanti servizi: la domanda di esame per il conseguimento del tesserino regionale necessario alla raccolta del pregiato fungo ipogeo; il rinnovo annuale dello stesso tesserino; la richiesta del contributo, sempre regionale, per il mantenimento delle piante tartufigene; il tesseramento. Dicono il presidente e il segretario dell’Associazione, Giuseppe Marengo e Carlo Olivero: “Cercavamo un locale dove poter incontrare i trifulau e dare risposte concrete alle loro esigenze. Ringraziamo la Cia per la disponibilità. Siamo molto soddisfatti. Ne può nascere un proficuo percorso di collaborazione, anche perché le due attività sono legate. Abbiamo colto nell’organizzazione agricola, attraverso il presidente Conterno e il direttore Varrone, una notevole sensibilità nei confronti del nostro percorso associativo”.

Soddisfazione viene espressa anche dal direttore provinciale di Cia, Igor Varrone: “Si tratta di un’Associazione di riferimento per il comparto e importante non solo per Alba, ma per l’intero territorio delle Langhe e del Roero. La collaborazione che abbiamo impostato dà lustro alla nostra organizzazione e ci offre l’opportunità di crescere”.

Gli obiettivi dell’Associazione

La storica Associazione Tartufai di Alba ha avuto come soci fondatori Stelvio Casetta, Giorgio Barbotto, Giancarlo Messa, Roberto Bovetti e Carlo Olivero. Nel 2022 è stato rinnovato il Direttivo. Lo costituiscono il presidente Giuseppe Marengo: persona voluta alla guida dell’organismo per la passione coltivata verso i tartufi; l’intraprendenza e la familiarità con le innovazioni tecnologiche. Poi, ne fanno parte il presidente onorario Stelvio Casetta; il vicepresidente Giorgio Barbotto; il segretario Carlo Olivero; i consiglieri Mario Aprile, Giancarlo Messa e Roberto Bovetti. I tesserati, pur dovendo fare i conti con l’inattività di un paio di anni per l’emergenza sanitaria legata al Covid, sono quasi una cinquantina. Ma la prospettiva, anche dopo l’apertura del punto di incontro, è di aumentare in breve tempo le adesioni. Perché è nata l’Associazione? Risponde Marengo: “Oltre a fornire i servizi richiesti dai trifulau, l’obiettivo principale rimane, ora come ai tempi dell’atto fondativo, la salvaguardia e, dove è possibile, l’incremento delle aree boschive con piante tartufigene, così da tutelare la produzione del tartufo bianco di Alba. Infatti, per i tanti cambiamenti in atto nell’agricoltura le piante alle cui radici nasce il fungo ipogeo stanno drasticamente diminuendo”.

Avete messo in atto dei percorsi per raggiungere l’obiettivo? “Lo scorso anno abbiamo concordato con i sindaci degli undici Comuni dove si produce il Barolo un regolamento per il taglio delle piante nei territori boschivi. Chi vuole diradare quelle aree deve mantenere “in vita” le piante tartufigene, come la querce, i pioppi, i tigli, i salici e i noccioli selvatici”.

Inoltre, c’è il progetto turistico-didattico? “Stiamo realizzando nella zona sotto il Castello di Grinzane Cavour una tartufaia che potrà essere visitata dalle persone interessate e alla quale, quando diventerà produttiva, potranno accedere i tartufai per raccogliere informazioni sul loro lavoro”.

Le difficoltà del settore? “La mancanza di acqua che, da alcuni anni, è un grave problema per molti comparti produttivi e la vita quotidiana delle persone. Poi, sta diventando una criticità il diradamento a tappeto di numerosi boschi. Su quest’ultimo tema, intendiamo tenere alta l’attenzione perché c’è in gioco la sopravvivenza del tartufo. Oltre a non tagliare le piante tartufigine se ne potrebbero mettere a dimora di quelle nuove in zone abbandonate, lungo i fossi, dove terminano i terreni coltivati a vite. A volte basterebbero anche solo 5-6 alberi, che renderebbero più godibile il paesaggio e aiuterebbero il percorso di sviluppo della nostra attività”