Ha aggiunto cinque minuti al suo già immenso curriculum. Cinque minuti come il titolo del programma che da una decina di giorni va in onda in prima serata, subito dopo il Tg1. Il primo ospite è stato Giorgia Meloni, la premier capace ovviamente di catalizzare le attenzioni generali. E così è accaduto nei fatti, stando ai dati Auditel: oltre 5 milioni di telespettatori hanno seguito il programma facendo totalizzare uno share del 23,6%. Più o meno la stessa percentuale che ha accompagnato poi il successivo “I soliti ignoti” di Amadeus: effetto traino perfettamente riuscito, quindi. Anche se, in contemporanea, il Tg5 che metteva in primo piano i funerali di Maurizio Costanzo, ha avuto un risultato migliore di ascolti rispetto al Tg1.
Vespa aveva comunque specificato: «Quando faccio partire un nuovo programma, invito sempre il presidente del Consiglio». Per la sigla è stato scelto un brano pubblicato nel 1968, ovvero “Cinque minuti e poi” di Maurizio Arcieri che fu in una prima fase della carriera un cantante “pop” di scena anche a Sanremo e che in seguito avrebbe fondato assieme alla moglie Cristina i Krisma, band di punk rock ed elettronica.
La formula del programma non può che essere condizionata dal suo stesso titolo: i cinque minuti costringono Vespa (o in teoria lo costringerebbero) ad essere sintetico e ad incalzare gli ospiti, visto che non c’è troppo tempo per gli approfondimenti e allora spesso tutto si ferma alle suggestioni. Così, fatalmente, se la puntata con Meloni è stata premiata dal pubblico, i commenti della critica non sono stati tutti positivi perché tante questioni d’attualità sono state affrontate rapidamente oppure non sono state neanche messe sul tavolo. È stata sottolineata dai commentatori l’assenza di domande vere e proprie. E cioè, il conduttore suggerisce un tema d’attualità sul quale l’ospite si esprime a ruota libera. Non ci sono interruzioni o repliche, non c’è un vero contraddittorio. Nessuna domanda, in sostanza. In ogni caso Vespa aveva annunciato la trasmissione presentandola come «una voce moderata» nel palinsesto Rai, dunque con nessuna intenzione di alimentare dibattiti polemici, pur muovendosi nel territorio della politica. Così è stato anche per il ministro Piantedosi, altro ospite di governo, reduce dalla bufera mediatica scatenata dalla tragica vicenda del naufragio di migranti che ha causato 67 vittime. Anche per lui microfono aperto per spiegarsi meglio.
Questioni scottanti ma non certo per Vespa che, come detto, vanta un’esperienza sconfinata e un’abilità certificata nel gestire qualsiasi problema. Basti dire che la sua carriera giornalistica – lui che è classe 1944 – l’ha cominciata a 16 anni nella sua L’Aquila, avviando poi la collaborazione con la Rai a 18. Dopo la laurea in giurisprudenza, con una tesi sul diritto di cronaca, nel 1968 si classificò infatti al primo posto in un concorso nazionale per radiotelecronisti e fu subito assegnato al telegiornale. Altri tempi. Dal 1990 al 1993 ha diretto il Tg1. Ed è soprattutto dal 1996 che la sua trasmissione “Porta a Porta” è il programma di politica, attualità e costume più seguito dal pubblico. Un programma che è a sua volta un’istituzione. Vi è intervenuto addirittura un Papa, Giovanni Paolo II, con una telefonata in diretta. Due presidenti della Repubblica (Pertini nel 1979 e Ciampi nel 2000) gli hanno consegnato il Premio Saint-Vincent per la televisione.
Vespa è un caposaldo della tv italiana e sa navigare anche in mari tempestosi. Da qualche anno, all’attività di conduttore televisivo ha affiancato quella di scrittore. Anche in questo caso, inutile dire che ogni sua uscita è un successo clamoroso di vendite. Un appuntamento ormai tradizionale e immancabile, un avvenimento che non passa mai inosservato. E che spesso apre dibattiti. È accaduto per esempio per il saggio “Perché l’Italia amò Mussolini” nel quale racconta la dittatura riferendosi all’attualità del momento e cioè alla pandemia da Covid e alle sue conseguenze sociali. Ormai Vespa scandisce i tempi con le sue uscite. In libreria adesso c’è “La grande tempesta”, volume del 2022, che ancora una volta guarda all’attualità e ripercorre le tappe storiche: in questo caso “Mussolini, la guerra civile, Putin, il ricatto nucleare, la nazione di Giorgia Meloni”. Vespa è nel vivo degli avvenimenti, è un cronista che riporta i fatti e che soprattutto ha saputo trovare la piena fiducia del pubblico, la credibilità. Non è forse l’obiettivo principale di ogni giornalista?