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«noi, un osservatorio le persone scomparse ci dicono chi siamo»

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Racconta Federica Scia­relli che quando ha cominciato a occuparsi di “Chi l’ha visto?”, quasi 20 anni fa, credeva che sarebbe stata una breve parentesi prima di tornare alla cronaca politica del Tg3: «Invece sono ancora qui. Che cosa mi ha lasciato in eredità la trasmissione? Il dolore delle famiglie che hanno avuto perdite tremende e che cerco di tramutare in impegno sociale, per quello che posso. Certe mam­me con cui ho avuto a che fare non so nemmeno come abbiano resistito. Per esempio, la mamma di Elisa Claps che per 17 anni non ha saputo che fine avesse fatto la figlia. È un programma duro, però qualche battaglia l’abbiamo fat­ta, qualche piccolo caso l’abbiamo portato a casa, condividendo la gioia dei famigliari».

È un lavoro che le ha regalato soddisfazioni speciali?
«Grandissime soddisfazioni. Sono pagata per aiutare le persone e solo per questo è un lavoro bellissimo».

Seguire la politica era un’altra cosa?

«Ho raccontato la prima Re­pubblica, da Scalfaro a Ciampi passando per Cossiga. Ero del mestiere perché al Senato mi ero già occupata dell’ufficio informazioni. Però alla fine mi sono accorta, passando a “Chi l’ha visto”, che non si trattava di fare cronaca ma di un servizio sociale, in qualche modo ero più utile così. E dire che, per fare un esempio, la famosa frase sul “teatrino della politica” Berlusconi la disse a me, i giornali anche all’estero la ripresero. Insomma, mi piaceva quel lavoro. Però qui adesso siamo un programma strutturato e sa una cosa? Garantiamo sempre i turni, anche ad agosto e nei festivi. Se telefonate al commissario straordinario del Governo per le persone scomparse, al venerdì trovate gli uffici chiusi per il weekend. Noi invece ci siamo sempre. Se scompare un malato d’Alzheimer, mettiamo la foto sul sito e spesso risolviamo il caso. Siamo vicini alle persone, prima c’era un vuoto. Facciamo un lavoro certosino e importante».

È per questo che avete successo e vi guadagnate l’affetto del pubblico?
«In tanti ci chiedono: come mai andate così bene? In effetti, quasi tutti i programmi prima o poi hanno un calo. Ma qui siamo riusciti a tirare fuori il senso di solidarietà della gente. Non è detto che in tv si debba sempre urlare e litigare. Noi chiediamo aiuto ai telespettatori. Se scompare un nonno, possiamo fare più di polizia o carabinieri che non hanno volanti a sufficienza. Noi abbiamo tanti occhi, tanti spettatori che si danno da fare. Il riscontro è pazzesco, un bel messaggio di solidarietà per problemi da condividere. In Italia è così, tutti sono pronti ad aiutare. Faccio un esempio: anche quando magari si scopre che una persona sparita vive solitaria in un camper, c’è sempre chi ci chiama offrendole ospitalità».

I grandi casi di cronaca sono però garanzia di ascolti?

«Nel programma ovviamente devo mettere anche storie che non decadono, quindi ad esempio gli omicidi rimasti insoluti. Il fatto è che – come diceva il direttore Guglielmi – questa trasmissione offre uno spaccato del Paese, passando da sud a nord, raccontando storie di persone normali. Del vicino di casa. Ma poi spesso accade che la realtà superi la fantasia. Camilleri ci confidò che molti sceneggiatori seguivano “Chi l’ha visto?”. Pensate al caso Claps: il ragazzo che colleziona ciocche di capelli, la ragazza che scompare e l’altra che viene trovata morta con una ciocca di capelli in mano, nella stessa via dove abita lui. Se la racconti come sceneggiatura di un film, ti dicono che hai esagerato. Invece è la realtà. Ma il caso Claps nessuno se lo filava prima del ritrovamento del cadavere nella chiesa, dopo 17 anni. Allora tutti hanno riconosciuto il ruolo di “Chi l’ha visto?”. E poi Saman, la ragazza pakistana: abbiamo denunciato noi la scomparsa, siamo arrivati all’audio del fidanzato in cui lei diceva “so che mi uccideranno”. È diventato un caso nazionale».

La polizia vi contatta spesso?
«In realtà ognuno fa il proprio mestiere, però capita che a chi fa una denuncia dicano: rivolgetevi a “Chi l’ha visto?”. Oppure dicono: non fatelo… Però noi siamo rispettosi del lavoro degli inquirenti e non teniamo certo informazioni importanti, invitiamo sempre ad andare in procura, molte testimonianze da noi sono diventate oggetto di inchieste».

Una vera tv di servizio?
«Come è giusto che sia la Rai».

Classica domanda: il caso che le è rimasto impresso?
«Non so mai come rispondere. Quando sono coinvolti bambini, li hai a cuore, io poi ho un figlio… L’altro giorno ho sentito Piera Maggio (mamma di Denise Pipitone), ogni tanto anche i famigliari si sfogano con me che ormai capisco certe dinamiche. Ripensandoci, al Tg3 ero con Ilaria Alpi e quando poi ho cominciato “Chi l’ha visto?” mi sono domandata: cosa ho fatto per Ilaria? A una collega che sapeva il somalo, Chiara Cazzaniga, chiesi di cercare quel Gelle. Si era detto che Ilaria era stata uccisa da un certo Hashi, ma la famiglia mi disse che era un capro espiatorio. Trovammo Gelle, lui scagionò Hashi dopo 17 anni in carcere da innocente. Fu una grande soddisfazione quando al processo di revisione fu scarcerato: per una volta avevo fatto uscire qualcuno invece di mandarlo in galera! Però poi il caso è rimasto senza colpevoli».

Che cosa accomuna i casi della sua trasmissione?

«Noi siamo un osservatorio. Quando c’è crisi economica, scompaiono gli uomini. Con la mia collega diciamo sempre: speriamo non sia un suicidio, poi si scopre che è così perché il poveretto non aveva soldi per fare i regali a Natale. Ora è stato terribile l’appello del papà della giovane Diana a Napoli, come tanti studenti che non danno esami e mentono ai genitori, fino alla festa di laurea… Noi abbiamo mandato l’appello del padre… “non importa la laurea, torna casa”. Ma mercoledì la ragazza si era tolta la vita… Una scomparsa ha sempre motivazioni che si ripetono. Come la delusione per gli esami non dati. Ma la vita è un’altra cosa. Poi ci sono le donne che scompaiono, ma che sono state ammazzate dai mariti. Una mamma non lascia i propri figli».

Perché in Italia tanti misteri rimangono insoluti?

«Alcuni semplicemente perché le indagini sono partite male. Ora è stato riaperto il caso Golinucci e mamma Marisa mi fa tanta tenerezza, dal ’92 che attende notizie, non si regge in piedi, arriva e si siede al nostro tavolo per far riaprire l’inchiesta. Anche della Orlandi dissero che era andata a mangiare una pizza con il ragazzo… Quando parte male, l’indagine è già in salita».

Chiudiamo con il territorio, conosce il Cuneese?

«E il vostro bollito? Si sappia che la Sciarelli è disponibile per un invito a cena con il bollito che adoro, con la mostarda…».