Il Consiglio dei Ministri, giovedì scorso, ha dato il secondo via libera, all’unanimità, al disegno di legge per l’attuazione dell’autonomia differenziata. Il provvedimento, che ha già avuto l’ok della “Stato-Regioni”, passa ora al Parlamento che dovrà esaminarlo e poi votarlo. La premier Meloni l’ha definita come «una svolta necessaria». Parole di soddisfazione anche da parte di Alberto Cirio, presidente della Regione Piemonte: «Finalmente – ha detto il Governatore – si dà attuazione a un percorso previsto dalla nostra Costituzione da più di 20 anni, dato che la riforma del titolo V è del 2001. Il fatto che sia proprio la nostra Carta costituzionale a prevedere l’autonomia differenziata credo sia la migliore prova e garanzia della sua utilità». E ha aggiunto: «Autonomia significa risorse usate in modo più efficace e con meno sprechi. Significa responsabilizzare gli amministratori pubblici, mettendoli nella condizione di fare bene, ma anche di fronte alle proprie responsabilità quando le cose non vengono fatte». Per approfondire il tema abbiamo colloquiato con il promotore del disegno di legge: il ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, Roberto Calderoli.
Ministro, perché la proposta di legge che lei e la Lega state portando avanti è così importante per il Paese?
«Perché va a colmare una grave lacuna. E lo fa stabilendo i livelli essenziali delle prestazioni su diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Nel momento in cui una determinata funzione viene affidata alle Regioni, devono esserci dei parametri di riferimento certi in modo tale che lo Stato possa assicurarsi che quei diritti previsti costituzionalmente siano effettivamente garantiti».
Un esempio concreto?
«Prendiamo il caso del rilascio del documento d’identità, una funzione statale che viene delegata alle anagrafi comunali. In alcuni comuni accade che il rilascio avvenga nel giro di poche ore o pochi giorni. In altri casi, invece, occorrono addirittura mesi. E questo non va bene. Quello che ho fatto è solo un piccolo e semplice esempio, ma è utile per fare capire l’attuale contesto in cui ci troviamo a operare. Servono delle regole per certi versi simili a quelle della sanità, dove i livelli essenziali di assistenza sono definiti. Il cittadino italiano deve poter sapere che tipo di servizi ha il diritto di ricevere a fronte del pagamento di tasse e tributi. Ecco, la nostra proposta di legge intende proprio definire criteri precisi nell’ambito di 23 materie».
Dalle sue parole emergono perplessità sul contesto attuale…
«Trovo incredibile l’aspetto che citavo prima, ossia che lo Stato dica sostanzialmente ai cittadini “posso prendere” senza tuttavia essere obbligato a spiegare “cosa do e come lo do”. In un quadro così incerto, diventa peraltro complicato stabilire le responsabilità e misurare le capacità di enti e amministratori».
Dopo il nuovo via libera del Consiglio dei Ministri, quali tempistiche attendersi?
«Ora la proposta di legge inizierà il suo percorso in Parlamento. In parallelo proseguirà il lavoro della cabina di regia incaricata di definire i livelli essenziali dei singoli servizi e le questioni finanziarie legate alle autonomie. Ragionevolmente credo che questa attività possa concludersi entro la fine del 2023».
Come ha ritrovato l’ambiente “ministeriale” dopo i due dicasteri guidati in passato?
«Nelle mie precedenti esperienze da ministro, avevo fatto il possibile per snellire la burocrazia ed eliminare tanti “ostacoli” che purtroppo contraddistinguono il nostro Paese. In particolare, ero riuscito a far cancellare molte leggi inutili perché addirittura si contraddicevano tra loro o, comunque, erano ormai superate. Tuttavia, con le sole deleghe che avevo in carico non era stato possibile intervenire sul capitolo delle leggi di bilancio, che ormai sono divenute delle normative “omnibus”, e su quello della previdenza e del lavoro. Per cui ci sarebbero ancora grossi margini di intervento».
Anche le contese tra Stato e Regioni costituiscono dei grossi impedimenti alla macchina pubblica…
«Assolutamente, sono tantissimi i contenziosi che si creano relativamente a provvedimenti assunti dalle Regioni e poi dichiarati incostituzionali. Ma pure su questo fronte, il nostro Governo è attento e attivo: in questi primi mesi, abbiamo fortemente abbattuto la percentuale di tali pratiche che gravano pesantemente sulla Corte costituzionale. Anche qui una efficace legge di autonomia differenziata darebbe un contributo, con benefici per la macchina statale ma soprattutto per i cittadini e le imprese».
A proposito di imprese, come vanno le cose nella sua azienda di nocciole, a Cereseto, nell’Alessandrino?
«Il mondo corilicolo è in continua crescita e le opportunità sono certamente numerose. Ma ci sono anche parecchi problemi, a partire dagli effetti del cambiamento climatico, come ad esempio la siccità. Pensi che il laghetto che rifornisce l’impianto di irrigazione dei nostri noccioleti un tempo, durante l’inverno, tracimava, mentre oggi, nello stesso periodo dell’anno, fatica a raggiungere la metà…».
Che fare?
«Si lavora a un decreto legge specifico e all’istituzione di un commissario straordinario: è una situazione che rischia di mettere in ginocchio l’agricoltura».
Ma lei frequenta i noccioleti?
«Certo. Uso anche il trattore. È rigenerante lavorare la campagna, immersi nella natura».
Lo fa spesso?
«Purtroppo, da quando sono di nuovo ministro, no. Vorrei poter tornare più spesso a Cereseto, ma anche a Narzole (il paese di sua moglie, l’europarlamentare Gianna Gancia, nda) e nella mia Bergamo. In questi luoghi ci sono tanti modelli virtuosi da esportare».