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«Il cinema non si ferma Ne vedremo delle belle»

Alberto Barbera, torinese, è direttore del Festival di Venezia: «Piattaforme e sale possono coesistere. Tanti spunti dai nuovi mercati nel mondo»

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Quello di Alberto Barbera è un no­me conosciuto negli ambienti del cinema e sul territorio, per i trascorsi torinesi tra Museo del Cinema e Film Festival e oggi per la direzione della Mostra del cinema di Venezia. Ospite di Fondazione Mirafiore, sabato racconterà dove sta andando il cinema contemporaneo. «Siamo in una situazione – anticipa a IDEA – estremamente fluida, per usare un termine molto di moda. Le cose cambiano con una rapidità impressionante, la pandemia aveva già modificato gli scenari e credevamo di aver trovato un nuovo panorama con la riapertura delle sale. Invece abbiamo cambi di rotta continui e fare un punto della situazione è difficile. Il cinema in poco più di cento anni ha superato numerose trasformazioni, ma continua a essere al centro dei nostri interessi e si è arricchito di nuovi soggetti e player. È di questo che parlerò sabato».

Perché il titolo “La finestra sul cortile” come il bellissimo film di Alfred Hitchcock?
«Nel senso di una realtà che è sotto gli occhi di tutti. Il cinema è una metafora nella metafora, una finestra privilegiata sul mondo. Noi siamo affacciati a questa finestra e non solo guardiamo a cosa succede nel mondo, ma osserviamo anche cosa capita al cinema, al mezzo stesso, dialogando con la contemporaneità e con universi culturali e geografici anche molto lontani».

Quali sono i cambiamenti più importanti?
«Faccio solo un esempio. La pandemia sembrava aver ribaltato i rapporti di forza fra il tradizionale sistema distributivo delle sale, a tutto vantaggio degli streamers che esistevano già, ma con posizione minoritaria. Eravamo convinti che questo avrebbe messo in un angolo il sistema tradizionale. Qualcuno aveva scritto che sarebbe stata la fine del cinema nelle sale. Invece poi succede che chi aveva puntato sulle piattaforme online, ha fatto marcia indietro. Perché? Si sono resi conto che i costi di gestone sono elevati e le perdite risultano ingentissime, per svariati miliardi di dollari. Allora si torna a valorizzare il cir­cuito delle sale, si capisce che una coesistenza pacifica tra i due sistemi è possibile, che uno non comporta la fine dell’altro. Restano realtà distanti».

Ma è cambiato intanto il linguaggio del cinema?
«Che ci si sia stato un grande cambiamento anche in termini di contenuti, è evidente, però anche in questo caso non tutto è così definito. Per fortuna la diffusione di un’estetica e di un linguaggio legati allo streaming (l’indispensabile semplificazione che i film online pretendono) non ha significato la morte del cinema d’autore e indipendente. Magari è più difficile trovare spazi distributivi, però stiamo assistendo a una reazione forte anche sui mercati più lanciati, come quello africano, dove si sta moltiplicando il numero delle produzioni. Tutto questo è molto interessante perché non ci fa dire che il futuro del cinema sia segnato, anzi, la lotta è aperta. Quando si affermano nuovi standard, assistiamo a periodi di grande interesse che generano opportunità che vanno colte. Io non sono per nulla pessimista, al contrario. Non è mai stato prodotto tanto cinema come adesso e non è vero che accada a danno della qualità. Resistono aree di eccellenza assoluta e i grandi autori oggi hanno lo stesso valore dei grandi autori del passato. Credo che ne vedremo delle belle».

Com’è lo stato di salute del festival di Venezia?
«Venezia sta benissimo, perché il ruolo dei festival che sembravano condannati da queste trasformazioni online, si sta consolidando. Succede che mai come oggi i film di qualità, d’autore, le eccellenze anche delle piattaforme, hanno bisogno più di ieri dei festival, strumento efficace e meno costoso per la promozione. Netflix, per citare chi produce più film, ha bisogno di valorizzare i prodotti affidati ai grandi registi. Valorizzarli attraverso i grandi festival con la speranza di vincere i premi diventa un’esigenza irrinunciabile. Quindi questi eventi assumono un ruolo sempre più strategico nel mercato dei circuiti promozionali. Oggi non si vedono più le locandine dei film sui giornali o sui muri delle città. Il passaparola generato dai festival, la diffusione delle fotografie, dei reportage sui grandi eventi, sono gli strumenti più efficaci».

Cosa risponde a Giancarlo Giannini che ha accusato Venezia di esterofilia?
«Che basta scorrere l’elenco dei premi alla carriera negli anni per vedere che gli italiani l’hanno fatta da padroni. Giannini si lamenta tanto senza essere troppo simpatico e nemmeno signorile. I premi non sono assegnati a richiesta, un consiglio culturale fa le sue valutazioni e decide chi merita».

Come vede, da fuori, il cinema a Torino?
«Non ci abito più, ho informazioni leggendo i giornali. Ma credo ancora che abbia potenzialità enormi. Ho l’impressione che negli ultimi anni non siano state valorizzate e sfruttate al meglio. C’è da augurarsi che la città sappia ritrovare quel moto d’orgoglio che già le ha permesso di superare la trasformazione del modello sociale e del tessuto cittadino, ma come negli anni Novanta serve un piano strategico e di sviluppo della città. No, fare film non basta, occorre una visione che mi sembra, per ora, non ci sia».

Alba invece sarebbe un ottimo scenario per un film.
«Sono tanti anni che si dice questa cosa, che si spera arrivi un regista a valorizzare un territorio che certamente si presta moltissimo. Ci vorrebbe l’idea giusta, poi il regista e le risorse che non è facile mettere insieme in concreto».

Qual è rapporto del nuovo governo con l’industria del cinema?
«Per ora non è cambiato nulla, l’impressione è che si lavori in continuità con quanto fatto in passato per raddrizzare certe storture che ci sono. Non si può dire che il cinema italiano sia in un momento difficile, anzi, mai tanti soldi sono stati investiti come negli ultimissimi anni, passando da 120mila film all’anno a oltre 300mila in due o tre anni, quelli tra l’altro legati alla pandemia. Vuol dire che c’è fame di contenuti e che l’industria italiana è in grado di soddisfarla, produce tantissimo. Ma attenti che la quantità non vada a danno della qualità e lo scorso anno questo rischio è emerso in modo forte. I produttori siano consapevoli che per non dare vita a una bolla destinata a esplodere, bisogna lavorare sulla qualità. L’unica via che garantisce solidità al settore: questo deve essere l’obiettivo da condividere».

Sabato ospite a Serralunga d’Alba per l’incontro
“La finestra sul cortile. Il cinema oggi e domani”

Dopo il successo registrato dalle tre lezioni di filosofia tenute dal professor Matteo Saudino e dopo l’evento speciale dedicato al vino, ripartono gli appuntamenti del Laboratorio di Resistenza permanente. Sabato 25 marzo alle ore 18.30, il teatro della Fondazione Mirafiore ospiterà Alberto Barbera, direttore della mostra del cinema di Venezia, che terrà una lezione dal titolo: “La finestra sul cortile. Il cinema oggi e domani”.
Si ricorda che la partecipazione agli eventi della Fondazione è gratuita, ma per garantire il rispetto delle norme di sicurezza è obbligatoria la prenotazione tramite il sito www.fondazionemirafiore.it. Gli incontri si possono anche seguire in diretta streaming sempre dal sito della Fondazione Mirafiore.