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Un altro vino è possibile

Vanina Carta è presidente del Consorzio Colline Saluzzesi: «Montagna, acidità e profumi sono le nostre carte vincenti. qui le aziende giovani portano modernità»

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Chatus, Pelaverga, Quaglia­no, Neretta cuneese, Chas­selas, Gouait Blanc e poi Barbera, l’unico vitigno che ha qualche attinenza con il resto della provincia di Cuneo vitivinicola. Già, perché a snocciolarmi con orgoglio questo elenco è Vanina Carta, presidente del Consorzio delle Colline Saluzzesi dal 2019 che da anni crede fermamente nelle potenzialità di un territorio che vanta da secoli vigne miste con vecchi ceppi che arrivano fino a 1.200 metri sul livello del mare, una manna dal cielo in questi tempi di cambiamenti climatici, ma che sono ancora troppo pochi a conoscere perché si sa, il vino in provincia di Cuneo si fa solo nell’Albese.
Vanina entra nel mondo del vino nel 2002 quando, grazie a una laurea in tedesco viene assunta da Rocche Costamagna, una delle più antiche aziende produttrici di Barolo di La Morra. Si appassiona così tanto da entrare in contatto con molti personaggi. Uno su tutti, Matteo Correggia che le insegna a guardare con altri occhi le colline ai piedi del Monviso da cui proviene, così che Vanina dopo pochi anni inizia a produrre i primi vini per divertimento fino a quando nel 2009 insieme al marito Michele Fino fonda la propria azienda, Cascina Melognis. «Montagna, acidità e profumi sono le nostre carte vincenti – commenta la presidente Carta -. Le Colline Saluzzesi vantano una storia ampelografica importante che abbiamo il dovere di riscoprire anche utilizzando strumenti moderni come il marketing territoriale, rivolgendo lo sguardo verso il futuro, ma sempre ben coscienti della storia importante che abbiamo alle spalle».
In effetti a Costigliole Saluzzo, in pieno territorio delle Colline Saluzzesi, alcuni anni fa sono state ritrovate le vestigia di una villa dell’epoca romana che attestano la presenza di locali atti alla vinificazione, senza contare che tante sono le testimonianze scritte vecchie di centinaia di anni che parlano di vitigni autoctoni come il Quagliano e il Pelaverga. «Nonostante ciò, il passo più difficile da compiere è ritrovare la nostra identità: da tanto tempo chi produce i vini sul nostro territorio è legato anche al mondo della frutta e il vino molto spesso rappresenta una piccola parte di aziende a vocazione frutticola. Il primo dovere di ognuno di noi è credere in noi stessi e in questi vini che hanno così tanto da esprimere».
Negli ultimi anni sono stati organizzati eventi, si sono cercate situazioni per riuscire a raccontare questo meraviglioso territorio e nonostante la pandemia abbia messo un freno al movimento che si stava creando le colline Saluzzesi stanno raccogliendo ottimi frutti.
«Primi tra tutti – racconta la presidente Carta con orgoglio – la nascita di aziende giovani che si sono avvicinate al nostro territorio e ai suoi vitigni sperimentando con una modernità che raramente si riscontra nei territori ritenuti più nobili. Grazie a loro stanno nascendo vini giovani che fanno ben sperare in un futuro luminoso per le nostre terre alte».

Articolo a cura di Paola Gula